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Tremilatrecentottantasei – Si parte!

Sara e Andrea sono due studenti fuorisede, entrambi trapiantati a Pavia da ormai quasi tre anni. Frequentano insieme il terzo anno di CIM, ma non solo questo li accomuna: tutti e due amano scrivere e osservare la realtà che li circonda. A settembre entrambi hanno fatto le valigie e sono partiti per trascorrere sei mesi in un Paese straniero, una in Belgio a Leuven, l’altro a Istanbul. Due luoghi molto diversi, un solo progetto: l’Erasmus. È nata così l’idea di una rubrica: “Tremilatrecentottantasei” (provate a capire il significato del titolo, ve lo sveleremo solo alla fine. Ma ce la potete fare, non è difficile). In questo spazio loro vi parleranno di impressioni, attimi, avventure, università, cibo, ma anche semplicemente abitudini e tradizioni di due Paesi tanto diversi quanto poco conosciuti. Il tutto con un unico obiettivo: non perdere mai di vista le persone.
In questa prima puntata Sara ci parla del suo arrivo nella nuova città.

THE HURR: primi passi in Belgio di una ligure-pavese
di Sara Ferrari

La mia avventura inizia l’8 settembre 2013 alle 4 e mezza circa del mattino, quando vengo sbattuta giù dal letto da mia mamma. Le valigie sono pronte, il caffè anche – io un po’ meno. Sono confusa, ansiosa, eccitata, curiosa al massimo.
Carichiamo in macchina tutto e ci avviamo verso Bergamo Orio al Serio. Il viaggio procede alla grande, non fosse per un incidente sulla tangenziale di Milano che ci obbliga a uscire dall’autostrada e immetterci più avanti in un paesino sconosciuto, creando ansia generale tra noi e la paura di perdere l’aereo. Arriviamo a Orio trafelati ma riusciamo a registrare i bagagli da stiva, dopo varie  scenette comiche che vedono me e i miei tentare di entrare nel gate con tutti i bagagli invece che solo con quelli a mano. Nel frattempo intravedo Monica, la mia compagna di corso e mia futura compagna di viaggio. Riusciamo tra i vari inconvenienti e ritardi a salire sull’aereo Ryanair e partire. Crollo in un sonno profondissimo, intervallato solo da qualche avviso inutile delle hostess.

Riapro gli occhi e sbirciando dal finestrino colgo lui: il Belgio. In un batter d’occhio siamo a Charleroi, dopodiché ci informiamo per trovare un mezzo che ci porti a destinazione. Penso di non aver preso un pullman più lento in vita mia, infatti ci mettiamo un’eternità per arrivare a Leuven.
Giunti nella capitale belga ci fiondiamo alle macchinette, faccio i biglietti per la fantomatica cittadina e mi avvio al binario seguita dai miei un po’ spaesati e confusi. Vedo sullo schermo “ LEUVEN” e mi lancio in una corsa epocale verso la capotreno che mi guarda un po’ storto e mi fa salire. Non appena apro la porta del vagone per passare all’altra carrozza sento mia mamma che dice: «No Sara, frena, c’è qualcosa che non va». Mi giro e vedo la capotreno che scrolla la testa e borbotta qualcosa in francese. Avevamo sbagliato qualcosa con le macchinette o forse quelle non erano le macchinette adatte, fatto sta che ci tocca sborsare altri 5 euro. Ancora qualcosa?
Ci sistemiamo con i vari valigioni stile “viaggio della speranza” e attendiamo di arrivare nella mia nuova città. Dopo una mezz’oretta abbondante siamo arrivati. Scendiamo dal treno e l’aria ci sembra già più familiare. Percorriamo il sottopassaggio della stazione avvolti da una miriade di profumi di ogni tipo: brioches, wafels, torte, ciambelle, pane, cappuccino e kebab. Wow!  Ne approfittiamo subito per un giro in centro. Appena arrivati nella piazza principale “Grote Markt” rimaniamo sconvolti dalla bellezza artistica di questo posto, sia per la cattedrale sia per il municipio. Quest’ultimo è qualcosa di indescrivibile, in stile gotico, con guglie che si stagliano nel cielo, presenta più di 2000 statue una diversa dall’altra, intervallate da vasi di gerani curati alla perfezione.

In realtà tutta la città è tenuta molto bene: è pulita e ordinata, viva senza essere caotica. A ogni angolo e nelle vie principali si possono trovare pub tipici, ristoranti etnici di ogni tipo, pasticcerie e bakery paradisiache,  negozi di souvenir ma anche catene di abbigliamento famose e negozietti più particolari che è più difficile trovare in Italia. Per esempio io e Momo ci siamo innamorate di “T2”, un negozio di abiti vintage di seconda mano davvero geniale: i capi sono ricercati e puoi trovare davvero qualsiasi cosa, dai maglioni alle borse, dai cappotti ai gioielli a un prezzo davvero stracciato.
Dopo un breve lunch facciamo ancora un  giro di perlustrazione per il centro e le viuzze pittoresche che catturano il nostro sguardo, per poi tornare in albergo per un sonnellino. Usciamo solo per mettere qualcosa nello stomaco e ci imbattiamo in un ristorante davvero interessante nel quale saremmo poi tornati anche due volte nei giorni successivi (ormai è solo un lontano ricordo, visto che dobbiamo fare i conti con i budget da studente Erasmus). Qui le portate vengono sempre accompagnate da patatine fritte (un must qui in Belgio), un po’ di insalatine e tante, tante, tante salse, di ogni tipo. OVUNQUE. In ogni caso se non si desiderano basta comunicarlo al cameriere, che quasi sicuramente rimarrà sconvolto da tanta blasfemia: «No sauces, really?!». Sul fritto invece bisognerebbe scrivere un capitolo a parte: qui è quasi una divinità. In ogni piazzetta e in ogni angolo si trovano banchetti “Frituur” che vendono patatine o altri stuzzichini impanati e fritti, lumache e ovviamente wafels che vengono poi serviti in un cartoncino arrotolato. La cosa che più mi sconvolge è che la gente del posto ne fa un uso smodato, a tutte le ore, e NON INGRASSA. Questo è un mistero, ma indagherò. Saranno sportivi, bruceranno a causa del freddo? Boh! Ad ogni modo voglio riservare uno spazio più avanti per parlarvi dell’aspetto gastronomico di questo posto.

Il secondo giorno ci siamo subito messe all’opera per cercare un posto dove alloggiare. Avevo percepito dai gruppi facebook dell’Erasmus che trovare un kot o uno studio a settembre sarebbe stato difficile, ma nessuno si sarebbe mai aspettato una roba così ardua, soprattutto per due persone. Quasi tutti i numeri che contattavamo davano la loro disponibilità per contratti solamente annuali e per una persona. Dopo aver fatto km a piedi, e soprattutto sotto la pioggia, le speranze cominciano a svanire, soprattutto per i nostri genitori convinti di poter trovare casa il primo giorno. Dopo due giorni estenuanti di ricerche, intervallate da tutte le condizioni atmosferiche possibili e immaginabili, ricevo una telefonata. Era uno dei tanti Landlords ai quali avevamo lasciato uno degli innumerevoli messaggi di segreteria telefonica. Si rende disponibile per una camera DOPPIA per SEI mesi.
MIRACOLO!
Mi dà appuntamento alle 14 in Tiensestraat. Alle 14.20 avevamo già firmato il contratto. Camera doppia con bagno privato (grazie al cielo) e cucina in condivisione con altri innumerevoli studenti. Wow!

La nostra avventura Erasmus nel piovoso (in realtà non così tanto) Belgio era ufficialmente cominciata.

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