HealthMedicinaScienza

TP53: l’eroe che non ci meritiamo, ma di cui abbiamo bisogno

La definizione di supereroe parla chiaro: “[…]personaggio dotato di poteri eccezionali, dei quali si serve per salvare gli esseri umani in pericolo”. Eppure se venisse chiesto ad una persona qual è il suo supereroe preferito, questa risponderebbe con i soliti nomi Marvel o DC, magari qualcuno nominerebbe anche le forze armate o i pompieri, o magari il proprio padre se lo si chiede ad un bimbo, ma perché nessuno risponderebbe con fierezza che il suo supereroe preferito è TP53? Semplice, perché nessuno lo conosce.

Questa massa informe è una proteina, viene codificata dal gene TP53 e ha una storia molto particolare: viene scoperto nel 1984 e gli viene subito attribuito il ruolo di “antagonista”. Perché? Perché le prime copie di questo gene vennero estratte da cellule tumorali e contenevano mutazioni, quindi se due più due fa quattro, questo deve essere sicuramente un cattivone, avranno detto gli scienziati del tempo, ma non è proprio così.
Per scoprire che TP53 in realtà è un fiero supereroe ci sono voluti 5 anni: solo nel 1989 venne effettuato il test delle due hit (colpi), e questo si riferisce al fatto che ogni gene che abbiamo ha di per sé due copie, una su ogni cromosoma. Vediamo di cosa si tratta. I geni coinvolti nei tumori sono di due categorie:
• Oncogeni: un oncogene, facendo una metafora con il funzionamento di una macchina, agisce come un acceleratore. Se si rompe, la macchina prima o poi va a sbattere, alias la cellula prima o poi diventa tumorale.
• Geni onco-soppressori: questi invece funzionano come i freni. Magari si rompono quelli anteriori, ma se quelli posteriori funzionano ancora, la macchina non va a sbattere; nel nostro caso, la cellula non diventa tumorale. Per questi geni, quindi, c’è bisogno che entrambe le copie del gene smettano di funzionare affinché si abbia sviluppo tumorale.

p35-tp53
La proteina P53, codificata dal gene TP53.

TP53 fa parte della seconda categoria, fa parte dei buoni, dei supereroi, e infatti è proprio lui che nel momento in cui subisce delle mutazioni permette la crescita tumorale. Non c’è più nessuno a difendere le nostre povere cellule e le forze del male prevalgono. Il suo modo di agire, nonostante le buone intenzioni ad ogni modo, è certamente discutibile. La sua è una visione coloniale, è pronto a tutto finché a giovarne è la comunità, ed il singolo individuo non ha più importanza. TP53 è certo un supereroe, ma eticamente scorretto.
Non appena una cellula inizia a stare male, non appena mostra qualche segno di cedimento o di stress, TP53 viene espresso determinando la produzione di una proteina, il suo soldato migliore: p53, l’ultimo samurai. P53 quando viene prodotto ha un unico compito, quello di assicurarsi che la cellula malata possa essere curata, e, in caso contrario, giustiziarla in pubblica piazza. Non esiste pietà e non ci sono favoritismi, perché se una cellula malata viene lasciata perdere, questa diventa una cellula tumorale. Ma giusto o sbagliato che sia il suo modus operandi, agisce per il bene comune, ed è grazie a questo meccanismo che TP53 ci permette di vivere una lunga vita senza tumori.

Ma cosa sono i tumori?
Un tumore è una malattia che parte da una singola cellula del nostro corpo che inizia a replicarsi in maniera incontrollata. Una volta formato il tumore primario, questo può anche espandersi e andare a colpire altri distretti cellulari, formando le metastasi, e tutto questo a partire da una singola cellula che magari aveva solo avuto una brutta giornata, perché le mutazioni che può subire una cellula sono molte, fino a un milione nel DNA al giorno, per singola cellula. Moltissime delle mutazioni che le cellule subiscono ogni giorno si formano proprio nel momento in cui la cellula si replica, e le nostre cellule si replicano molto.

peto-paradosso
(immagine via curioussciencewriters.org)

Il paradosso di Peto
Abbiamo stabilito quindi che le cellule una cosa devono fare, ovvero replicarsi, e lo fanno anche male. Ma se noi esseri umani, che abbiamo un numero di cellule insignificante rispetto a una balena o a un elefante, sviluppiamo comunque così tante mutazioni, com’è possibile che questi ultimi non si siano estinti anni fa? È qui che subentra il paradosso di Peto: nonostante la maggiore massa e quindi la maggiore componente cellulare, nei grandi mammiferi i tumori si sviluppano con una probabilità nettamente inferiore rispetto agli esseri umani. Perché? Questi grandi mammiferi, a differenza di noi uomini, hanno dalle 20 alle 40 copie del nostro caro supereroe TP53, mentre noi ne abbiamo solamente una. È come se a Sant’Angelo Lodigiano ci fossero 20 Superman impettiti che girano per le strade con il compito di mantenere l’ordine nel caso degli elefanti, e a Roma ci fosse Aquaman che gira per il Tevere con la sua banda di nutrie con fare minaccioso, nel caso dell’uomo.

Attraverso lo studio dei meccanismi molecolari che ci sono dietro lo sviluppo dei tumori, dunque, è stato possibile capire come essi si sviluppano e soprattutto come essi già vengono intrinsecamente contrastati dal nostro organismo in una maniera molto efficiente, ma che purtroppo non viene quasi mai messa in risalto. Dopotutto è vero, viene più spontaneo lamentarsi di un problema quando insorge piuttosto che apprezzare tutto ciò che ogni giorno ci permette di vivere tranquilli. Ma è anche giusto?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *