Attualità

Venerdì profano #4 – Caffè e Brexit, per favore

Giovedì scorso gli inglesi (non) sono (ancora) usciti dall’Europa e, non so voi, io dopo una settimana non ho ancora capito che vestito devo mettermi per l’occasione.

Se, tuttavia, rabdomanti di verità assolute, cerchiobottisti di pro e contro ed esperti dell’ovvio hanno levato, tra certezze salviniane e lepeniane, tra fluttuazioni economiche, cori tra loro unanimi (ed opposti) sul futuro inglese ed europeo, capirci qualcosa – ancor prima di prevedere cosa succederà – è impresa non tanto difficile, quanto impossibile. Forse inutile.

Per lo meno per chi voglia restare serio.

È come cercare di comprendere «la differenza tra un corvo e una scrivania»: tutti conoscono la risposta, pur non esistentendone una, pur essendo il mondo (di Alice ed il nostro) parecchio pazzo.

Ma, se valutare gli effetti-Brexit di lungo periodo è pressoché impossibile, qualcosa, sotto i nostri occhi, è già successo.

 

“GLI ELETTORI SI SONO SBAGLIATI”

“Pochi”. “Disinformati”. “Anziani”. “Confusi”. Aggiungiamo che probabilmente nemmeno avevano prestato attenzione a Studio Aperto, che ben ricorda di non uscire nelle ore calde e di bere molta acqua d’estate. Insomma, sono stati veramente monelli questi inglesi, eh?

Se, com’è vero, i referendum devono esprimere la volontà popolare e non confermare un’altrui volontà, non esistono esiti giusti o sbagliati: ci si può lamentare se una foto viene sbiadita, non del soggetto che s’è deciso di fotografare.

La raccolta, nelle ore successive, di più di due milioni di firme (alcune, per altro, falsificate da un gruppo di hacker) per un contro referendum, ha multiforme natura: da una parte, dimostra il forte attaccamento quantomeno all’idea di Europa di una parte (seppur, risultati alla mano, definibile minoritaria) dell’opinione pubblica; dall’altra, denota l’enorme strumentalizzazione che si è fatta dello strumento referendario.

David Cameron guadagnò il consenso elettorale promettendo che sull’Europa avrebbe chiesto il parere del popolo, avesse vinto il “remain”, nessun politico europeo (europeista convinto) gli avrebbe rimproverato nulla: il Premier ha sbagliato perché si sono sbagliati gli elettori.  Per altro, per l’ennesima volta in materia di Europa.

Dunque, i casi sono due: o in ambito europeo disinformazione e strumentalizzazione sono più forti delle ragioni di dibattito (e quest’ultimo credo paia ormai palesemente necessario a tutti); oppure i cittadini europei sono in grado di esprimersi per quel che han vissuto e vivono, al di là di quanto le proprie élite politiche, nazionali e non, auspicherebbero.

O magari, appunto, più semplicemente, si sono sbagliati: il che succede con l’età.

 

LA BORSA È LA VITA

Oltre agli elettori, poi, si sono sbagliati anche i mercati.

Uno dei giorni più neri per la sterlina ha infatti coinciso con la netta miglior prestazione della borsa inglese rispetto alle altre piazze europee.

(Piazza Affari ha ulteriormente rimarcato, sempre ce ne fosse bisogno, la famosa solidità del sistema economico-bancario italiano, chiudendo con la peggior giornata nella propria storia).

Questo perché «in un mondo dove le banche centrali cercano di deprezzare la propria valuta con ogni mezzo, nel tentativo di ottenere modesti vantaggi comparati nella “guerra” del mercato internazionale, un crollo della sterlina, se porterà ad un rilancio dell’economia inglese, è esattamente quello che la Banca d’Inghilterra vorrebbe» (Tyler Durden, zerohedge.com).

Si può dunque dire che la Brexit ha avuto un effetto positivo sull’economia inglese? Non venerdì, sicuramente, tanto che i quindici cittadini inglesi più ricchi hanno perso 5 miliardi di sterline in ventiquattr’ore. Fenomeno che non ha riguardato soltanto i sudditi della regina dai buffi cappelli: i quattrocento uomini (e donne) più ricchi del mondo, ha calcolato Bloomberg, hanno infatti visto bruciare 127,4 dei loro miliardi. Ma tranquilli: innanzi tutto è, in media, solo il 3,2% del loro patrimonio stimato; secondariamente, ci sono ancora gli effetti di lungo periodo da scontare, che già sappiamo, anche senza Bloomberg, anche senza conoscerli, su chi ricadranno.

 

“VOGLIO L’INGHILTERRA LIBERA VIA DALL’EUROPA PER IL GUSTO DI CHIAMARVI EXTRACOMUNITARI”

Anche nel caso della Brexit, però, come nelle restanti controversie europee, la questione non è tanto economica, ma sociale.

 Le forze di polizia inglesi, infatti, nel corso dell’ultima settimana hanno condotto numerosi meeting antiviolenza: aggressioni, intimidazioni, lanci di oggetti, addirittura di bombe carta, insulti, urla e provocazioni hanno, infatti, scandito le richieste di molti – «Non siete inglesi: tornatevene a casa vostra!».

Da Londra, a Manchester, passando per Walsall. Ma non solo.

Sayeeda Hussain Warsi, la prima deputata inglese musulmana, ha dichiarato: «Ho speso la maggior parte del weekend parlando con persone, organizzazioni e attivisti che lavorano nell’area dei crimini d’odio, in particolare quelli di natura razziale. Queste associazioni, che li monitorano, hanno osservato alcuni risultati preoccupanti: addirittura alcune persone sono state fermate per strada e gli è stato detto «abbiamo votato “leave”: è ora che tu te ne vada».

Nulla di nuovo sotto il sole inglese: nel solo ultimo anno, infatti, mostra un report della Tell Mama, si è assistito negli UK a un aumento del 326% dei crimini d’odio; e nei quattro giorni successivi alla Brexit, questi sono aumentati del 57%.

Ciò, come a ricordarci le ragioni che portarono alla fondazione dell’Europa; a chiederci perché un referendum sull’Unione Europea sia stato spiegato parlando primariamente (quando non esclusivamente) di immigrazione; e a farci riflettere sul fatto che, come diceva Winston Churchill, la democrazia è il peggiore dei sistemi, tranne tutti gli altri.

 

Sono davvero vecchi questi elettori inglesi: fino a ieri erano europei.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *