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Recensione/Teoria del pirata

Inchiostro torna a occuparsi del poeta Riccardo Raimondo, del quale ha già recensito Il potere dei giocattoli. Nato nel 1987 a Siracusa, l’autore è laureato in Lettere Moderne e vive a Parigi. È accademico corrispondente presso l’Accademia degli Incolti di Roma. Collabora con riviste e siti nel campo della critica d’arte, letteraria e di costume. Teoria del pirata (Collana Scilla, Samuele Editore, 2013) è la sua terza silloge. Come sottolinea Giorgio Bàrberi Squarotti nella prefazione, vi baluginano risonanze rimbaudiane e leopardiane. La copertina invece riporta una futuristica metropoli (Last New York, di Davide Bramante, 2010).

Il poeta-pirata non si pone confini pregressi di tempo o spazio, così come non ne pone tra le varie arti (letteratura, video, fumetti, teatro, musica, fotografia, scultura). “Teoria”, la prima sezione, allude al carattere “contemplativo” della poesia, che «vive […] della soglia valicata, del guado varcato,//ma senza valicare, senza varcare,/senza essere più» (p. 17). Il “pirata” del titolo rinuncia a tracciare la rotta del viaggio, dettata dalla Parola che lo possiede impetuosamente. Il mare è l’oblio e la meta non ha nome. La “navigazione” del poeta non approda mai a un porto definitivo: perfino una tazzina di caffè può diventare un «pozzo nero» (p. 20) che rapisce l’uomo in una nuova meditazione.
Le “Geografie” dipingono un «Fuori aperto e praticabile» (Peter Sloterdijk, cit. a p. 21) senza alcun sentiero diritto. Dagli «Spiriti invisibili» (p. 23) di un paesaggio desertico si passa agli odori di strada in una città siciliana, amabile per i suoi silenzi bagnati dalla Luna. Il cicaleccio di «Corso Italia» (p. 28) sciorina le «innocentissime porcate» (p. 31) dell’esistenza, mentre «Villa Bellini» (p. 32) permette di rivivere con ironia gli idilli leopardiani. Idilli sono anche quelli di R. Raimondo, che dipinge angoli d’Italia, così come capitali europee e città americane quasi ridottesi a fantasmi. Niente monumenti, esotismo oppure oleografiche memorie; piuttosto una malinconica e acuta genuinità («Parigi è un imbroglio…», p. 43). Quella del “pirata” è quasi una ribellione alla «sostanza astratta, codicale» (p. 45) di cui sembra essere fatta la vita, nell’era dei mass media. R. Raimondo rifiuta gli stereotipi, per buttarsi a capofitto in un “Bestiario” che ricorda gli animali di Eugenio Montale e il Cantico delle creature. Come nei bestiari medievali, appunto, ogni essere vivente è simbolo o allegoria morale: «…mi fu mastra la iena,/di cui tutta la giungla ha paura,/ perché è folle e caina e sincera» (p. 51).
L’ultima sezione (“L’amore, il viaggio e la rapina”) riecheggia le parole di Mario Luzi che aprivano “Teoria”. Qui trova posto la passione romantica, quel «Pensiero dominante» riconosciuto da G. Leopardi come divino, fra le tante illusioni umane. Sicuramente, è capace di far rimandare tutte le preoccupazioni del domani: «Oggi, il mio cuore è un farabutto,/lo prende una strana euforia…» (p. 70). Quello di R. Raimondi è un carpe diem pieno, quello «di chi si gode la vita/ma anche ne è consumato» (Paolo Ruffilli, cit. a p. 3). Fra le “tempeste” del viaggio rapinoso che è l’esistenza, la metafora è fortezza e la rima è naturale frutto dell’ebbrezza.

Sito di Riccardo Raimondo: www.riccardoraimondo.com
In illustrazione: Last New York, Davide Bramante © 2010.

@EricaGazzoldi

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