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Recensione – Benvenuto Presidente!

Basta! Il nuovo Presidente della Repubblica Italiana deve essere eletto, il clima è teso e il malcontento palpabile. Un messaggio forte deve essere mandato: un messaggio che scuota gli animi e le menti, un messaggio imponente, vestito di protesta e provocazione. Inizia così Benvenuto Presidente!, l’ultima pellicola del regista italiano Riccardo Milani.
Ci troviamo a Roma, dove destra, sinistra e centro discutono animatamente su chi debba essere eletto Capo dello Stato. Nessuno sembra essere all’altezza, ma alla fine – protesta e provocazione sia – l’importante decisione viene presa: il nuovo Presidente della Repubblica sarà il grande (defunto) patriota Giuseppe Garibaldi. Tra lo scompiglio e lo stupore generale, però, si scopre che in Italia esistono ben quattro Giuseppe Garibaldi, uno dei quali perfettamente idoneo a ricoprire la carica di Presidente. Si tratta di Peppino Garibaldi (Claudio Bisio), umile ed onesto lavoratore precario che ama la vita all’aria aperta, la pesca e le biblioteche. Peppino, sconcertato e stordito, viene prelevato dal piccolo paese in cui vive e condotto a Roma, dove viene esortato – tra proposte indecenti e vari ed articolati tentativi di corruzione – a rinunciare alla carica. Dopo un primo attimo di smarrimento, scoperta l’anima marcia e meschina del parlamento italiano, Peppino decide di non rinunciare al ruolo di Presidente e di fare qualcosa per aiutare il proprio, amato Paese.
Il film di Milani si presenta e comincia bene, perdendo però di sostanza nel corso della trama e al giungere del termine. I presupposti sono buoni, così come le interpretazioni: oltre a Bisio partecipano anche Kasia Smutniak, Beppe Fiorello, Cesare Bocci, Massimo Popolizio e Remo Girone. Tuttavia di tanto in tanto si ha la sensazione che i temi vengano trattati con eccessiva leggerezza, più che con sana semplicità. Le gag, pure spesso azzeccate e divertenti, risultano in un paio di occasioni fuori luogo e sminuiscono il personaggio di Bisio, che da Presidente improbabile ma pieno di buoni propositi passa a diventare una figura prettamente comica e quasi ridicola.

Ancora una volta, dietro alla buffa maschera della presa in giro, il cinema cerca di mandare un messaggio importante: questa Italia non va e bisogna fare qualcosa per cambiarla. Come riuscirci sembra restare un mistero, mentre tra dibattiti ed incertezze riaffiorano inevitabilmente le parole di Giorgio Gaber, che nel 2002, poco prima di morire, cantava: «Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo lo sono». Sarebbe bello se, per una volta, chi non si è mai sentito parte di questa nazione cambiasse idea e il popolo potesse sentirsi fiero di essere italiano, così da dare un senso alle ultime parole del cantautore milanese: «Io non mi sento italiano, ma per fortuna o purtroppo, per fortuna o purtroppo, per fortuna… Per fortuna lo sono».

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