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#OSCARS2015 – GRAND BUDAPEST HOTEL

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Gran Budapest Hotel, uscito nelle sale italiane il 10 aprile del 2014 è candidato agli Oscar 2015. Racconta delle vicendeThe-grand-budapest-hotel-poster surreali, ambientate nella fittizia repubblica di Zubrowka (intorno al 1932), di Monsieur Gustave H. concierge del lussuoso hotel e di Zero, neoassunto “lobby boy”, suo malgrado trascinato negli e dagli eventi.

Sono tante le caratteristiche di questo film che colpiscono lo spettatore e, anche se non subito evidenti, se ne intuiscono le particolarità e ci si ritrova incuriositi.

Potrei parlarvi di tutti questi aspetti, certo fondamentali per rendere quest’opera una piccola perla.
Potrei parlarvi dei toni accesi, dal color pastello, sapientemente utilizzati per creare un’atmosfera credibile, vera ma allo stesso tempo fiabesca, reale ma surreale. Perfetta per inscenare situazioni altrimenti troppo violente e altre meravigliosamente comiche.
Potrei parlarvi dei giochi con il formato di proiezione, cangianti per tutta la durata della narrazione ma mai così intrusivi da rovinarla. Fanno la differenza e, ancora una volta, al pubblico tutto ciò è non subito lampante ma i dettagli sono lì, prima o poi si palesano, e si rimane intrigati.


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’è poi l’incredibile cast, non tanto formato da pochi ma famosi attori alle prese con impegnativi ruoli ma, al contrario, costituito da una serie infinita di “comparsate, piccoli siparietti in cui ciascuna celebrità arriva, stupisce interpretando pittoreschi personaggi per poi sparire nel nulla.
Lo spettatore è meravigliato, lo spettatore è felice, lo spettatore è incredulo.
Tutto questo lo porta a desiderare il proseguo della storia, per rivedere il tal attore, il tal GBH_01_Ralph_01personaggio. Ecco invece comparire un nuovo interprete, ecco regalato agli annali un nuovo, splendido, eroe e si ricomincia con la sequenza: si è sorpresi, si sorride.

Ecco dove questo lungometraggio eccelle: canta all’anima.
Ecco perché merita un Oscar: ci ridona qualcosa perduto, costituisce la quintessenza di quella che una volta era la fiaba, è l’arte del racconto omaggiata dal cinema.
Non si può non uscire felici dalla visione di questo film: si è incuriositi dai colori, dalle impossibili vicende, dagli improbabili personaggi ma ciò che davvero colpisce è l’insieme, la fusione di tutti questi elementi in modo mai banale, mai stonato.

La fiaba alla fine si conclude ma l’anima è leggera. Oscar.

P.S.
Se ancora non vi avessi convinto ho ancora due parole per voi: Bill Murray.
Sì, compare anche lui, e adesso non avete più scuse per non vederlo.

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