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Venerdì Profano #19 – Milano, la Fiera di Cosa Nostra

Martedì 11 ottobre la sezione Misure di Prevenzione del Tribunale di Milano ha disposto l’amministrazione giudiziaria del ramo di Fiera Milano che si occupa di stand fieristici, legato alla società Nolostand, già commissariata lo scorso giugno dalla Dda milanese per presunte infiltrazioni mafiose.

Il provvedimento è connesso all’inchiesta che lo scorso luglio ha portato in carcere undici persone con l’accusa di associazione a delinquere per favorire Cosa Nostra e al commissariamento della Dominus, controllata da Fiera Milano: sotto la lente d’ingrandimento giudiziaria vi sono presunte infiltrazioni mafiose nei lavori della società, alcuni dei quali legati a Expo. I reati contestati sono quelli di associazione a delinquere finalizzata alla commissione di reati tributari, appropriazione indebita e riciclaggio.

I giudici, presieduti da Fabio Roia, avrebbero potuto accogliere la richiesta degli inquirenti di un commissariamento dell’intera società, ma si sono limitati al solo ramo dell’azienda, per evitare che la misura «assuma un carattere sanzionatorio e repressivo in contrasto con la finalità tipica di prevenzione e di (ri)costruzione di una imprenditoria sana».

Il commissario della Nolostand, dunque, dovrà controfirmare tutti gli atti di spesa di un valore superiore ai dieci mila euro e – come si legge nelle trentanove pagine di provvedimento – «realizzare quei modelli aziendali idonei a prevenire infiltrazioni di illegalità come quelle accertate soprattutto nel settore dell’approvvigionamento». Inoltre, dovrà intervenire per «perfezionare un sistema di controllo dei fornitori e degli appalti francamente deludente in punto di efficacia a meno di non ritenere che i vertici reali del comando gestione siano sostanzialmente indifferenti a vicende come quelle che hanno interessato gli appalti connessi al consorzio Dominos e che, nel privato, la legalità aziendale costituisca soltanto una tematica di forma e non di sostanza».

Fiera Milano S.p.A, tuttavia, – scrivono ancora i giudici – non risulta «a seguito della misura che ha colpito [la Nolostand] avere attivato adeguati ed efficaci strumenti di prevenzione per evitare contaminazioni illegali», né aver eliminato «quei fattori che hanno consentito la patologia imprenditoriale, lo sconfinamento dell’attività colposamente agevolatrice» e la «infiltrazione illecita» di soggetti come i «gestori di fatto delle vicende economiche del consorzio Dominus», ovvero Giuseppe Nastasi e Liborio Pace.

I quali, dopo aver incontrato Corrado Peraboni, amministratore delegato di Fiera Milano dal 2015, in un’intercettazione ambientale si dicono «contentissimi», perché «sicuramente ci proroga il contratto fino al 2022»: «abbiamo fatto bingo» nell’assicurare i rapporti del consorzio Dominus – guidato da Nastasi stesso – con la Nolostand.

Dalle intercettazioni emergono poi i rapporti tra Fiera Milano e Pietro Pilello, quest’ultimo «in contatto con Cosimo Barranca, capo della “locale” di Milano, Giuseppe Neri, capo della “locale” di Pavia, e Chiriaco Carlo Antonio», ex dirigente dell’Asl di Pavia il cui «ruolo di “procacciatore di voti” emerge nella sentenza del Tribunale di Milano datata 6 dicembre 2012 divenuta definitiva» in cui ha ricevuto una condanna a tredici anni.

Pilello, che risulta aver avuto una carica «in una galassia di società», centosei, tra cui Fiera Milano Exhibitions S.p.A, Fiera Milano S.p.A, Fiera Milano Tech e Fiera Food,  secondo i magistrati era «promotore di incontri tra i vertici di Fiera Milano e soggetti legati alla criminalità organizzata». Proprio lui si sarebbe attivato per far incontrare Nastasi e Liborio con Peraboni, un «lupo» secondo i due, ma «noi alla fine gli diamo cinque mila euro al mese, è anche interesse suo tenere là compà» (ovvero non farci uscire da Fiera).

«Dolo o colpa – scrive il tribunale di Milano – quello che emerge è che è difficile negare una condotta di smaccata agevolazione nei confronti di Nastasi e Pace (anche) da parte di Fiera Milano S.p.A. Alla luce di quanto sopra non può non destare meraviglia il fatto che in sede di esecuzione dei contratti con Expo, Fiera e Nolostand si siano “dimenticate” di trasmettere a Expo i dati del consorzio Dominus e di Fair service soc. coop il che avrebbe poi consentito alla prefettura di svolgere i necessari controlli… Da precisare che se queste comunicazioni fossero state tempestive la Prefettura avrebbe certamente messo la misura interdittiva, come esemplificato nella vicenda Fair Srl interdetta con provvedimento prefettizio in data 12 luglio 2016».

Secondo i PM, gli affari fatti dalla Nolostand servivano, inoltre, per finanziare un clan a Pietraperzia (Enna). L’indagine risulta dunque molto importante perché, come rimarcato in conferenza stampa da Ilda Bocassini, «sottolinea» non «le infiltrazioni della ‘Ndrangheta, ma di Cosa Nostra» in territorio lombardo, evidenziando i «legami [di Nastasi] con cosche importanti come gli esponenti della famiglia Accano», nota per la «forte vicinanza» alla famiglia di Messina Denaro.

In attesa di ulteriori e probabili sviluppi sulla vicenda (Nastasi ha raccontato ai PM, dopo l’arresto, di «cesti [omaggio da] cinquecento, seicento [euro] l’uno, [dati] ai dirigenti», per i quali la GdF ha già notificato sei avvisi di garanzia per corruzione) si aspetta con ansia che la classe politica, statale e regionale, riconosca la necessità di intervenire contro l’incursione delle organizzazioni mafiose su suolo lombardo (e non solo). O, per lo meno, che si riconosca la loro presenza sul territorio.

Sempre che, dopo la ‘Ndrangheta e Cosa Nostra, non si voglia spostare la seggiola per far accomodare qualcun’altro: la tavola pare già imbandita.

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