Attualità

Goodbye EXPO

Siamo alla fine del primo mese d’autunno; l’arrivo dell’ora legale, la nebbia ed il freddo iniziano ad imporsi nelle nostre giornate e, ahimè, è arrivata anche la tanto attesa chiusura di Expo. L’evento mondiale, infatti, ha le ore contate; sabato 31 Ottobre chiuderà “baracca e burattini” e dopo lo spettacolo di chiusura alle ore 18:00, con la partecipazione del presidente della Repubblica Mattarella, come si dice dalle mie parti, “tanti saluti e arrivederci”. A partire dalle ore 10:00 del 31 ottobre, infatti, gli ultimi visitatori invaderanno il grande “viale” multiculturale per osservare, visitare, assaporare tutto ciò che Expo ha ancora da offrire.

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Ogni Paese ha trascinato all’interno del Padiglione il necessario per spiccare tra gli altri 145 Paesi partecipanti e, soprattutto, per cercare di mostrare il proprio punto di vista riguardo il tema di quest’anno: “nutrire il pianeta, energia per la vita”. C’è chi hi ha puntato molto sull’impatto visivo , come ad esempio il Padiglione dell’Austria che offre , tra gli oltre 110 ettari di cemento, un’atmosfera alquanto “verdeggiante” in cui, tra alberi e scritte Led ciascuno di noi scopre una nuova qualità e un nuovo modo di produrre ossigeno, ovviamente eco sostenibile. Altri hanno puntato molto sull’intrattenimento all’interno del padiglione, per esempio quello del Brasile, molto apprezzato per la sua rete interattiva che collega le tre diverse aree della struttura, in cui ognuno di noi riscopre il bambino che porta in sé. Altri ancora per le strutture maestose tra cui è facile ricordare i colori variopinti delle pareti dell’Ecuador, o delle alte mura imponenti ed ondulate degli Emirati Arabi. Insomma ce n’è per tutti i gusti e per tutte le età. Il palcoscenico di Expo è il luogo ideale per favorire la circolazione di nuovi progetti a prova di pianeta o semplicemente è un ottimo strumento per far conoscere le usanze e le peculiarità degli Stati che, presenti nella nostra classifica nascosta nel cassetto “Places to go” rimangono irraggiungibili a causa della frenetica (sebbene monotona) quotidianità o,semplicemente, sono troppo pesanti per il nostro portafoglio.In un epoca particolarmente affezionata alle leggi immutate del capitalismo, “Pesce grande mangia pesce piccolo”, il tema è molto importante, dato l’alto tasso di povertà presente in diverse zone del globo. Per questo si è voluto sensibilizzare ed indirizzare, grandi e piccini, verso una conoscenza più approfondita riguardo questo tema…. o almeno ci hanno provato. Indubbiamente il tema del cibo è ben presente all’interno dell’evento; in ogni metro quadrato c’è minimo una postazione che offre prodotti tipici o semplicemente streetfood ma nonostante ciò non si riesce ancora a capire quanto i visitatori, una volta usciti da Expo, recepiscano il vero significato che questo evento porta con sé. Si è parlato tanto, forse anche troppo, dei prezzi vertiginosi contro cui ogni comune mortale deve imbattersi se vuole mangiare all’interno dell’evento ma, a parer mio, in pochi hanno saputo cogliere l’importanza di “nutrire il pianeta”: pianeta inteso come qualcosa da salvaguardare, pianeta inteso come agglomerato di esseri viventi, gli uni diversi dagli altri,in cui gli interessi dei “Potenti” vanno a discapito di tutte quelle popolazioni meno fortunate e, sopratutto, impotenti che si battono quotidianamente per la sopravvivenza a causa delle poche risorse in loro possesso.Tornando un po’ a ritroso nel tempo, Expo è classificato come l’evento degli eventi; una delle strutture più belle, affascinanti e famose della Francia del nord, nonché meta tipica delle coppiette allegramente innamorate, è il simbolo rappresentativo dell’esposizione mondiale tenutasi nel 1889 che ha, con il passare degli anni, favorito molto il turismo francese. Insomma, già dall’inizio del XX secolo i francesi hanno saputo trarre vantaggio dall’eredità che Expo gli ha lasciato.Il nostro Expo,invece, è decisamente più recente e ha alle spalle una storia (già dalle sue origini) un po’ più complessa e, sopratutto, un futuro altrettanto oscuro ;lavori in ritardo, problemi di sicurezza, cifre mastodontiche e nessuna scommessa da parte di qualche benefattore o grande azienda per riutilizzare l’area ad evento terminato. Insomma,l’esposizione universale targata IT porta con sé una serie di variabili e incognite che vanno di pari passo alle sue dimensioni strutturali. La riutilizzazione di questa grande esposizione è il mistero più grande; i numeri e le somme che da mesi circolano tra giornali, telegiornali, social proiettano un avvenire alquanto difficile da immaginare e la paura che questo stabile rimanga un peso e una scommessa persa per lo stato è tutto ciò che abbiamo di sicuro. Gli ingressi per ora registrati sono molti, ma non tanti quanti quelli aspettati, 29 milioni; si parla comunque di numeri a sei zeri che hanno favorito il circolare di “danaro” nella nostra economia.. Una settimana e assisteremo ad uno dei passaggio più importanti per la storia del nostro paese e sopratutto saremo testimoni di ciò che l’Italia sarà (o non sarà) in grado di fare per mantenere alto o meglio rivendicare il nome della nostra terra, culla delle più grandi culture del passato e mezzo in evoluzione (si spera) per nuove possibilità. Expo infatti offre (avrebbe dovuto offrire, almeno) la possibilità di superare, a passo d’uomo, qualsiasi tipo di confine, sia geografico che ideologico. Il giro del mondo in 80 giorni? Possibile (ovviamente per coloro che ne hanno le possibilità). Il giro del mondo di expo in 14 ore? Irrealizzabile. Già, perché solo per visitare un padiglione (molto noto quello del Giappone o quello del Brasile) le ore di attesa sono quasi quanto il tempo che impiegheremmo per raggiungerlo in aereo; il prezzo che si paga sicuramente è inferiore ma siamo sicuri che le ore di attesa, in relazione a ciò che troviamo dentro al padiglione, valgano la pena? Pareri contrastanti riecheggiano tra le masse e per questo, a solo una settimana dalla chiusura, l’identità e il messaggio realmente trasmesso non è del tutto qualificabile.

Insomma, EXPO è agli sgoccioli e le incertezze intrinseche al progetto tanto erano presenti alla partenza quanto al punto di arrivo. La deadline non ci permette né una continuità né una fine decisiva; Matteo Renzi citava ad inizio progetto “Ce la faremo”. I padiglioni, in tempi record sono terminati, congratulazioni… ora la tesi è: “ce la faremo a dare una finalità a questa struttura? Ce la faremo a non fare la figura, tipica italiana, di quelli che “chi tutto vuole nulla stringe?” Ce la faremo a prendere la palla al balzo e rendere EXPO come motivo di orgoglio invece che ulteriore impoverimento (soprattutto economico) per lo stato? Ormai il dado è tratto, chi vivrà vedrà.

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(questo articolo è stato realizzato prima della chiusura di EXPO)

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