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Venerdì profano #14 – Milano, Sala d’attesa

Deve sentirsi come quello che ha sbagliato posata all’antipasto, Giuseppe Sala, mentre affianco a lui l’altro commensale è appena salito sul tavolo, sbronzo, un piede nel tacchino, l’altro nel ponch, al grido “perché è un bravo ragazzo, perché è un bravo ragazzo…”, senza ricordarsi di come va a finire la strofa.

Sono passati due mesi dalle elezioni amministrative e l’attenzione (specialmente in queste ultime settimane) è stata rivolta (quasi?) esclusivamente all’operato del Movimento Cinque Stelle tra le mura romane; ma nel capoluogo, pardon, nella città metropolitana lombarda, cosa sta accadendo?

Giuseppe Sala, sindaco di Milano, è indagato per omessa dichiarazione.

Nell’autocertificazione obbligatoria per chi lavora nella pubblica amministrazione, firmata il 19 febbraio 2015, infatti, l’ex numero uno di Expo aveva dimenticato di dichiarare, oltre a due motocicli, una casa in Svizzera, un’immobiliare in Romania, le sue quote della società Kenergy e una villa – costruita su un terreno dichiarato – a Zoagli, in provincia di Genova.

Ancora prima di essere nominato primo cittadino, Sala era già riuscito a mentire ai cittadini milanesi.

Pare che l’imputazione sarà archiviata, come chiesto dalla Procura, in quanto si tratterebbe di «mera incompletezza di informazioni» e non di false dichiarazioni; tuttavia spetta solo al GIP Laura Marchiondelli la decisione finale. In caso di condanna, la pena massima prevista è di due anni; altrimenti il procedimento sarà archiviato e gli atti saranno trasmessi al prefetto di Milano, l’unico competente nel comminargli una eventuale sanzione amministrativa.

Un brutto inizio, dopo che il primo cittadino era stato indagato (e poi archiviato) per abuso d’ufficio, in relazione a un appalto concesso (senza gara) nella ristorazione Expo a Oscar Farinetti.

Ma i guai del comune di Milano non finisco qui.

Già, perché all’assessorato al Bilancio, con tanto di delega al Demanio, Sala ha nominato Roberto Tasca, professore universitario e presidente della vigilanza del Fondo Strategico Italiano, ma anche socio in affari del sindaco, proprio nella Kenergy, la società di cui Sala si era dimenticato (non si era però, a quanto pare, scordato di chi ci lavorava); ma, tranquilli, «non c’è alcun conflitto d’interesse» ha dichiarato il primo cittadino.

Un’altra nomina che (non) ha destato scalpore – tanto che è stata revocata dopo nemmeno cinque giorni – è stata quella di Antonella Petrocelli a segretario generale del Comune, in quanto imputata per reati contro la Pubblica amministrazione.

Senza contare quella di Mario Vanni: avvocato, tesoriere del PD milanese, impegnato nella campagna elettorale di Sala, nominato Capo di Gabinetto direttamente, senza gara, con stipendio da manager. Purtroppo la legge Madia lo impedisce, così il primo cittadino milanese rimane con due Capi di Gabinetto: Vanni e il vecchio Capo di Gabinetto di Giuliano Pisapia. Uno legge, l’altro firma. Ma siccome ad ascoltarla sembrava una barzelletta il tutto è stato poi sanato con una gara, con bando a scadenza in undici giorni; e indovinate chi ha vinto? Vanni. Who else?

Niente gara, ma «selezione con procedura comparativa per professionisti esterni all’amministrazione», quella che ha portato Roberto Arditti e Marco Pogliani a diventare consulenti del Comune. Così come Stefano Gallizzi e Valentina Morelli, portavoce del sindaco. Dall’esposizione, alla campagna elettorale, al comune: nessuna gara, niente graduatoria, solo l’elenco dei vincitori.

Senza contare un’altra questione su cui vige l’obbligo di silenzio – e che coinvolge direttamente il primo cittadino milanese: i bilanci Expo.

I verbali completi del CDA di Arexpo, infatti, nonostante le numerose richieste – compresa quella del Difensore regionale, autorità indipendente prevista dalle norme lombarde per tutelare gli interessi dei cittadini, che invita «a consegnare la documentazione richiesta in formato integrale» -, non sono ancora disponibili. In particolare, pare sia stato calato il segreto (di Stato?) sul verbale del CDA del 17 marzo, giorno nel quale si discuteva dell’entrata del governo nel capitale della società, in modo tale da contribuire ai progetti post-Expo e a ridurre il rosso accumulato durante la gestione del Sindaco Sala, al vertice della Arexpo fino a febbraio.

Ma di ciò, pare importare poco.

Con un paio di riflettori, musiche e un (bel) po’ di confusione si ottiene il circo; con il silenzio, un(a) Sala d’attesa: lo spettacolo sarà anche diverso, ma, alla fine, il conto, in entrambi i casi, lo pagano gli spettatori. Ovvero noi.

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