Attualità

EXPO 2015 – Promemoria ex post

Wakantognaka è una parola in lingua Lakota per descrivere la “generosità”. Essa esprime la volontà di contribuire al benessere della collettività, attraverso la condivisione e la gratuità: sentimenti quali simpatia, compassione, gentilezza ed empatia, oppure dedicare a qualcun altro il proprio tempo libero. Vere e proprie cerimonie venivano organizzate all’interno delle comunità: gruppi di famiglie accumulavano i propri beni per cederli e donarli a chiunque li volesse; non importavano tribù o nazionalità, l’importante era donare e aiutare qualcuno: meno ci si concentra su se stessi, più si vive in armonia e pace. Un vecchio detto Lakota: «Ciò che si regala lo si continua a possedere, ciò che si continua a possedere senza donarlo lo si finisce per perderlo».

Parlassi in questi termini della mia visione ideale di un evento, quale ad esempio Expo, probabilmente, verrei preso per un folle idealista.

Expo – Milano 2015 si è appena concluso: il che significa che è appena iniziato il “post Expo – Milano 2015”. Non importa il buco da un miliardo e mezzo, un costo pubblico che ammonta a quattordici miliardi, i settecentocinquanta mila metri quadrati di cemento gettato, il non sapere cosa sarà di quell’area di centodieci ettari nella periferia milanese: «Expo è stato un successo». Già, eppure non si conoscono esattamente i numeri – un po’ per il caldo estivo che ha portato all’apertura dei tornelli, un po’ perché nel numero di visitatori sono stati conteggiati anche i dipendenti –: la quota di accessi dovrebbe essere di circa ventuno milioni (ben sotto le stime), ma il totale dei paganti rimane ignoto.

Tuttavia, «Expo è stato un successo», d’altronde: «We, ciula, bastava vedere le code!» – tant’è che notoriamente le Poste Italiane sono famose aree armoniosamente protette in cui vengono allevati in cattività unicorni fatti di canditi.

Quello di cui nessuno ha continuato a parlare, però, è il tema di Expo – Milano 2015; ma, effettivamente, c’erano cose più importanti a cui pensare: le elezioni di Roma. «Nutrire il pianeta, energia per la vita», infatti, ha presto lasciato spazio a ben più incessanti slogan, quali «Milano capitale morale» o «Modello Expo». Almeno a sentire Raffaele Cantone, presidente dell’Autorità anti corruzione, il quale ha detto, facendo riferimento alle attuali vicende capitoline, che Roma «non ha gli anticorpi di cui ha bisogno», a differenza del capoluogo lombardo, «capitale morale del Paese».

Eppure, nutrendo un attimo la nostra memoria, andando all’anno scorso, a Maggio 2014 – dunque ad un anno esatto all’apertura – le cose erano molto diverse.

Cinque giorni di pre-Expo:

Giovedì 8 maggio 2014. Retata tra Milano e Reggio Calabria. Nel capoluogo lombardo sette arresti per appalti truccati e tangenti targate Expo-Milano. Si direbbe una nuova Tangentopoli, invece è quella vecchia: Gianstefano Frigerio (ex Dc con tre volte condanne per un totale di sei anni e quattro mesi per corruzione, concussione, finanziamento illecito ai partiti e ricettazione, quindi deputato Forza Italia), Primo Greganti (soprannominato ai tempi di Mani Pulite “il compagno G”, arrestato e condannato a tre anni e sette mesi per finanziamento illecito al proprio partito, ex PDS poi iscritto al PD), Luigi Grillo (ex Dc, poi Forza Italia, nessuna parentela con il comico ma già noto alle cronache per la scalata alla Banca Antonveneta e non solo) e l’imprenditore vicentino Maltauro (anch’egli già conoscenza di Tangentopoli, sempre quella ”vecchia” ovviamente). Intanto a Reggio Calabria, per non farci mancare nulla, finisce dentro Renato Scajola: a seguito di un’inchiesta nata dall’infiltrazione della ‘ndrangheta nella Lega Nord tramite il tesoriere Belsito, Scajola viene accusato di aver favorito la latitanza di Amedeo Matacena, deputato Forza Italia condannato per mafia e fuggito a Dubai (probabilmente in attesa di raggiungere Dell’Utri, a quell’epoca “esule” in Libano, aspettando (?) la propria sentenza definita per mafia).

Venerdì 9. Estero: il Segretario Generale dell’ONU Ban Ki-moon fa togliere la propria foto dal sito ufficiale di Expo Milano – 2015, mentre dal Vaticano si alza forte la voce contro la corruzione (da quel momento, il Papa non ha più smesso). Italia: sui giornali escono i nomi di noti politici coinvolti nello scandalo che era sulle prime pagine il giorno precedente, mentre la Cassazione condanna Dell’Utri a sette anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa: «Ha consapevolmente e volontariamente fornito un contributo causale determinante […] alla conservazione del sodalizio mafioso e alla realizzazione […] del suo programma criminoso» e vi è stato «un accordo di natura protettiva e collaborativa raggiunto da Berlusconi con la mafia per il tramite di Dell’Utri che, di quella assunzione, è stato l’artefice».

Sabato 10. Renzi annuncia una task force anti-corruzione per vigilare sugli appalti di Expo. Fino a quel momento, infatti, c’erano soltanto ventitré organismi a sorvegliare sugli appalti: ma, si sa, la prudenza non è mai troppa. Anche perché, guardando tra i ventitré organi, ad esempio, se ne poteva trovare uno creato da Formigoni e affidato al generale Mori e al capitano De Donno (due dei corpi dello Stato tutt’ora imputati nel processo per la trattativa Stato-Mafia). Intanto si scopre che dieci giorni prima, il commissario Sala, il presidente Maroni, il sindaco Pisapia e il ministro Alfano avevano deciso di escludere dai controlli antimafia gli appalti di Expo sotto i cento mila euro, ovvero i più gettonati dalle cosche.

Domenica 11. La stampa italiana pubblica le intercettazioni di Gianstefano Frigerio:  «Io sono andato giù a Roma…ho parlato con… e poi ho incontrato anche Gianni Pittella…è il presidente del Consiglio europeo… [lapsus, Pittella in realtà è stato Vicepresidente vicario del Parlamento Europeo dal 14 luglio 2009 al 6 maggio 2014 e dal 2 luglio 2014 è Capogruppo del gruppo “Alleanza Progressista dei Socialisti e dei Democratici” al Parlamento Europeo] Grande… potere enorme… al posto di parlamentare europeo…nel Pd è considerato potente ecco… io l’ho incontrato… sul piano casa abbiamo parlato parecchio…magari strumenti europei perché…», e poco dopo, «In Italia Manpower mi posso impegnare… Pittella sapeva ‘sta cosa… allora io il problema di ‘sta roba del lavoro interinale doveva essere autorizzata con normative ad hoc dal ministero… non potevi permetterti di più…». Frigerio parla poi di una cena: «Io mercoledì sera faccio lavoro di copertura politico-giuridica e mi porto a cena Gigi Grillo col Comandante supremo della Finanza… Capolupo… è un mio amico» – Capolupo è il Comandante generale della Guardia di Finanaza. Ma Frigerio non ha ancora finito: «Ne avevo parlato a Roma con Massolo… anche da un punto di vista dei servizi segreti, gli ho detto voi avete una carta sola… di prendere i 60 padiglioni stranieri e spaccarli in blocchi grossi…metti da 5, 6, 7 milioni…da affidare semplicemente alle 5/6 ditte che avete dentro».

Lunedì 12. Il Pd torinese sospende Primo Greganti, si scopre così che era iscritto al Pd: rappresentava le coop-rosse e addirittura la Cina al tavolo degli appalti Expo, teneva rapporti con sindaci di sinistra e ogni tanto andava a Roma, dice lui, “per parlare con amici” – ogni mercoledì, nella capitale, gli investigatori lo pedinavano fino all’ingresso del Senato, salvo poi doverlo abbandonare sulla soglia una volta entrato (al Senato le guardie non possono entrare: “tana”). Il senatore Felice Casson, dunque, chiede al presidente Grasso di consultare gli accessi al Senato, per sapere dove Greganti andasse una volta entrato, ma proprio in quell’istante va in tilt il sistema informatico del Senato. Quando i computer tornano a funzionare, Greganti non risulta da nessuna parte. “Un abbraccio, Adam”.

Cinque giorni, di un anno fa. Poi tutta la preparazione: i ritardi e i camouflage milionari per nascondere le opere incompiute – notizia uscita lo stesso giorno in cui Renzi, dai cantieri, annunciava il trionfale: «Ce la faremo»; oppure come scordarsi del giorno della cerimonia di inaugurazione, nella quale il Presidente del Consiglio parlò di “nessun incidente”, dimenticandosi del ragazzo che aveva perso la vita nei cantieri? (effettivamente, avrebbe stonato con il «Siam pronti alla vita» dell’inno postumo la riforma renziana) Infine, come non ricordarsi delle dimissioni del Ministro delle Infrastrutture Maurizio Lupi, coinvolto nei numerosi scandali? Anche se, effettivamente, ricordarsi di Lupi sarebbe troppo per tutti. Probabilmente, lo è anche per Lupi stesso.

Ma non c’è più tempo. Non bisogna mai guardarsi indietro, la corsa al Giubileo è appena iniziata – a leggerla bene sembra una minaccia, a guardar meglio suona come l’ennesimo ritardo. L’Italia (con rispetto al Vaticano, s’intende) è davvero un bel posto: hai appena finito di parlare di qualcosa e già ti sei dimenticato cosa sia successo. Il che potrebbe essere un problema, sia per il pianeta, che per noi stessi – la prima tangente per gli appalti del Giubileo, intanto, è già stata consegnata: “Prendete, e mangiatene tutti”.

La nostra memoria è, a volte, un guscio vuoto. Come l’incarto di un regalo che però non c’è: anche volessimo esserlo, “gentili” come i Lakota, sembriamo proprio non riuscirci. Oppure, forse più semplicemente, non ce ne ricordiamo. “Chi controlla il passato, adesso, controlla il futuro. Chi controlla il presente, adesso, controlla il passato”: Expo, Tangentopoli, o Giubileo che sia. Che sarà.

 

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