Sport

THE NBA IS BACK:Tutto è cambiato perché nulla cambi. Spettacolo assicurato anche quest’anno

di Niki Figus

SAN ANTONIO SOUNDS POP. Sono sempre loro la Heat (pardon, heat) più ascoltata: San Antonio Spurs campioni. Ancora: Gregg Popovich e Tim Duncan, Parker e Ginobili, con il neo MVP delle finali (terzo più giovane di sempre, meglio solo Magic e, proprio, Duncan) Kawhi Leonard, nuova stella nel firmamento Spurs. Diaw pesa, non solo (e non tanto) sulla bilancia, ma in campo, con tutta la squadra, compreso il primo italiano a vincere il trofeo più ambito: Marco Belinelli. Nel gruppo due new entry: Kyle Anderson, trentesima scelta dell’ultimo Draft, e Ettore Messina. L’italiano si sederà alla destra di Pop, in attesa (si dice) che questi lo investa del ruolo di luogotenente. Because the Spurs empire will continue.
THE DECISION, AGAIN. “Lights will guide you home“. 2010, maglie di The King bruciate. 2014, il ritorno del Re ai Cavaliers, che intravedono la luce del primo titolo nella loro storia. LeBron James torna a Cleveland, accolto da Kyrie Irving (prima scelta nel 2011) e portando con se Kevin Love (numeri alla mano, tra i primi cinque della pista), in un supportig cast d’eccezione. Ma riuscirà il neo head coach David Blatt a far funzionare il suo sistema offensivo, il Princeton offence? E a dar ripetizioni alla sua difesa in modo tale che possa almeno raggiungere la sufficienza? And I will try to fix you“.
THUNDER AND SPOTLIGHT. Kevin Durant è un direttore d’orchestra in grado di riprodurre il suono cestistico delle alte volte celesti. MVP della regular season la scorsa stagione; eppure non basta mai: Mozart deve comporsi le ninnananne e far ballare i giovani nella notte. Se solo Westbrook fosse in grado di tradurre i propri lampi di genio (e sregolatezza) in un suono uniforme, gli Oklahoma City Thunder entrerebbero nel grande concerto delle pretendenti al titolo. In questo show ci sono i Clippers? La squadra di Paul e Griffin, dopo essersi presa le luci dei riflettori a Los Angeles, ora tenterà (almeno) di prendersi la Western Conference. Il passo è grande, ma il talento pure.
SE È ROSE, FIORIRANNO. Ci sono: un catalano, un francese e un Chicago Made. Che bella favola sarebbe se Derrick Rose riuscisse a tornare la Ferrari di un tempo, nonostante gli ultimi due anni ai box. Mentre nella Wind City spira un nuovo vento: Pau Gasol e Joakim Noah sono un’accoppiata più travolgente della Bora. Sarà in grado il generale Tom Thibodeau di far uscire i suoi Bulls vincitori dalla corrida a trenta squadre? Sweet home Chicago se lo augura.
AND MANY MORE… Gallinari al rientro in quel di Denver. Così Kobe e Rondo: in un’ennesima stagione di transizione per Boston e Lakers, sono pronti, come sempre, a dare spettacolo. A New York si è insediato Fisher, che con il suo maestro (zen) Phil Jackson, proverà a importare il “triangolo” (side line triangle) alla corte di Carmelo Anthony e Andrea Bargnani. Indiana può deragliare, mentre la stazione James a Miami non c’è più: in Florida ci sono Bosh (e i soldi del nuovo contratto), Wade e Deng.
Another brick in the Wall, John è un mago ai Wizards; mentre a New Orleans puoi solo meravigliarti: ogni volta che Davis si muove devi alzare il sopracciglio dall’incredulità. Texas: anche quest’anno il fenicottero Nowitzki spiccherà il volo da Dallas, mentre da Huston Harden e Howard non hanno problemi a raggiungere altri pianeti. Rubio e Lillard fenomeni in alta definizione, da gustare come i cocktails del barman di Golden State, Steph Curry: he could make all the shots. Inebriante. Come tutta la lega del resto. NBA, where amazing happens. Now.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *