Recensione – “The Iron Lady”: sotto l’armatura
«Essere potenti è come essere una signora. Se hai bisogno di dirlo significa che non lo sei.»
Margaret Thatcher, la «Lady di ferro», si è spenta a Londra l’8 di questo mese. Ex primo ministro del Regno Unito ed unica donna ad aver ricoperto tale carica nella storia, la Thatcher è stata una figura controversa della politica nazionale ed internazionale tra il 1979 e il 1990.
Impassibile, decisa e ambiziosa, nel 2011 Margaret Thatcher ispira la regista inglese Phyllida Lloyd, che decide di mettere su pellicola la storia della donna politica regalando al cinema “The Iron Lady. Il film si guadagna il consenso del pubblico ma solo in parte quello della critica, la quale pare non apprezzare troppo la regia ma che si inchina dinanzi alla straordinaria interpretazione di Meryl Streep – vincitrice di tre premi Oscar, l’ultimo dei quali conquistato proprio grazie alla sua incredibile performance in questo film.
Ci troviamo nella Londra odierna, dove l’ottantenne Margaret Thatcher conduce le sue giornate avvolta in una demenza senile che le regala apparizioni e chiacchierate con il marito Denis, ormai defunto. Notti e giorni trascorrono in un continuo, lento dondolarsi tra passato e presente, in un susseguirsi di ricordi che partono dalla drogheria nella quale Margaret lavorava da giovane, sino a giungere ai corridoi del Parlamento inglese. Passo dopo passo si rincorrono lotte, sconfitte e successi di una donna che ha dovuto combattere con tutte le proprie forze per offuscare la vista delle gonne e dei tacchi a spillo ed essere riconosciuta solo e unicamente come un leader. Ma non appena i ricordi sbiadiscono, l’adrenalina cala precipitosamente e l’anziana donna davanti allo specchio non si riconosce più: dov’è finita tutta la sua forza? Perché la sua figura, una volta retta ed austera, adesso è curva e barcollante? Perché la sua voce, una volta tonante e autoritaria, adesso è così tremula e fioca? Il suo viso è pallido e gli occhi sono stanchi. Il leader non c’è più: al suo posto, l’anziana signora continua a fissarsi allo specchio con aria abbattuta, mentre gli occhi si inumidiscono appena.
Nonostante gli sforzi di Phyllida Lloyd per rendere omaggio alla determinazione e alla forza di Margaret Thatcher, ciò che appare sullo schermo è solo uno sbiadito ricordo della “Lady di ferro”, mentre a torcere lo stomaco e ad annebbiare la vista è la figura fragile e malinconica di una donna anziana, che tenta in ogni modo di combattere lo scorrere del tempo ma finisce con l’esserne travolta. Contro ogni aspettativa, guardando il film si finisce per provare tenerezza, a volte persino pena. Ma forse l’obiettivo era proprio questo: far uscire allo scoperto il lato umano di una donna che ha passato la vita a proporre sé stessa sotto ad un’armatura di ferro e che, ancora oggi, viene ricordata come “the Iron Lady”.