Cultura

Ricordi Linguistici

di Chiara Franzosi

Fra i ricordi d’infanzia che le nostre nonne spesso raccontano, c’è la confusione che si creava a scuola ogni volta in cui gli alunni non riuscivano a capire le parole della maestra perché erano pronunciate “in un’altra lingua”. Stupore, incredulità: quando venivano spiegate le lettere dell’alfabeto, i bambini si meravigliavano nel sentir nominare gli oggetti con le parole dell’italiano. Un alunno indiscreto osava contestare la maestra di fronte ai nuovi nomi che suonavano assai diversi rispetto alle parole del dialetto, le sole usate quotidianamente in famiglia.
A casa, la realtà si chiamava in un modo. A scuola, in tutt’altro. La scuola era proprio il luogo di incontro – o forse il campo di scontro – tra dialetto e lingua italiana. Questa cercava di affermarsi, facendo arretrare i tanti dialetti che in tutta Italia creavano grandi differenze regionali e comunali. Al tempo in cui i nostri nonni frequentavano le elementari, si era ormai lontani da quella spinta all’istruzione che era stata intrapresa dalla Legge Casati del 1859 e dalla Legge Coppino del 1877, che avevano reso la scuola pubblica e obbligatoria. Di fatto, l’alto tasso di analfabetismo (78% della popolazione nel 1861) era sceso al 40% nel 1911. Eppure, persistevano queste situazioni di incomprensione ed estraneità nei confronti dell’italiano. Perciò, si sentiva la necessità di dare alla giovanissima Italia una lingua nazionale, un vocabolario in cui potersi identificare senza sospetti né perplessità. In questa impresa, la scuola ebbe un ruolo fondamentale. In classe, i bambini del primo Novecento si imbattevano in una lingua poco familiare che, però, sarebbe cresciuta con loro, anche grazie alla tenacia dei maestri che li punivano con castighi tutte le volte in cui li sorprendevano a usare il dialetto.
Presto la lingua sarebbe diventata più sicura, materna, utile per un orientamento tanto nella vita quotidiana quanto nelle sfide che sarebbero sopraggiunte nel corso del secolo: la guerra, l’emigrazione, i viaggi, la politica e il lavoro.

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