Musica

Le regole e la forma del Free Jazz: “Lonely Woman” di Ornette Coleman – parte I

Immaginate di trovarvi a New York nel 1959 a sentire un concerto al Five Spot di Joe Termini, uno dei palchi più calcati dai jazzisti di quegli anni. Come molti altri, siete stati catturati da delle voci di corridoio che affermano come in quel locale si stia per esibire un quartetto con uno stile completamente nuovo rispetto a quello in voga. Guardandovi attorno notate un sacco di critici, giornalisti, oltre ad alcuni dei più importanti musicisti della grande mela, tra cui Miles Davis, John Lewis e John Coltrane, addirittura Leonard Bernstein è presente. È evidente come tutti siano in fervente attesa e molto incuriositi. Salgono sul palco quattro figuri con i loro strumenti, subito balza all’occhio un sassofono di plastica e una tromba piccola e compatta, sembrano degli strumenti giocattolo. Quasi tutti pensarono fosse uno scherzo, ma è dopo il primo brano che tra il pubblico si creò lo spartiacque d’opinioni più grande che la scena jazz abbia mai visto.

Il brano è Lonely Woman scritto dal sassofonista Ornette Coleman, registrato assieme al suo quartetto composto da Don Cherry con la sua Pocket Trumpet (una tromba di dimensioni ridotte), Charlie Haden al contrabbasso e Billy Higgins alla batteria.

La storia di Ornette Coleman è quella di un musicista che ha dovuto lottare con le unghie e con i denti tra difficoltà economiche e ambientali per affermarsi nel panorama jazzistico. Nasce a Fort Worth in Texas nel 1930, città in cui comincia a suonare il sassofono prendendo lezioni dal cugino. La famiglia e gli amici avevano visto del genio mescolato a della tenacia nel giovane Coleman, imparava tutto ad orecchio, rieseguendo le melodie e gli assoli che sentiva con facilità. Aveva appena quattordic’anni quando iniziò a fare qualche soldo suonando il sax contralto in alcuni locali poco raccomandabili dove il rythm and blues andava forte. In quei posti spesso avvenivano risse o nei casi peggiori sparatorie. Questi eventi erano come uno spettro sulle spalle del giovane sassofonista, credendo addirittura come la sua musica fosse, in un certo senso, la forza generatrice di quella violenza. A sedic’anni si avvicinò al bebop per la prima volta, unendosi alla band del giovane sassofonista Red Connors, suo conterraneo, da cui imparò i principi di teoria musicale e a leggere le note correttamente. La febbre per Charlie Parker travolse, come quasi tutti i sassofonisti dell’epoca, anche Coleman, passando al sassofono tenore per seguirne lo stile. L’r&b era un genere molto in voga e che permetteva di guadagnare bene, ma offriva pochi spunti creativi per una mente fervida come quella di Ornette, infatti venne cacciato più volte dalle orchestre in cui ha suonato a causa di alcuni guizzi melodici giudicati come stonati e disarmonici. Nel 1949 si unì a una band itinerante, la Silas Green di New Orleans, abbandonandola lo stesso anno, dopo un brutto incidente a Baton Rouge in Louisiana. Quella sera uno degli slanci di Coleman rovinò la festa, i ballerini rimasero congelati e a molti non andava a genio. Finita la serata venne chiamato sul retro del locale da alcuni tizi che lo picchiarono e distrussero il suo sassofono. L’unica colpa che aveva era quella di aver suonato della musica troppo strana per le orecchie di qualcuno. Da allora non toccò mai più il sassofono tenore, riprese in mano il contralto.

L’anno successivo partì alla volta di Los Angeles con la band del chitarrista e cantante r&b Pee Wee Crayton. Rimase per nove anni in quella città, alla ricerca dell’opportunità per sfondare come musicista, sostenendosi economicamente con lavori manuali. L’avventura musicale fu un disastro dietro l’altro, cercò di inserirsi nel circolo dei jazzisti suonando nelle jam session, risultando però antipatico e criticato da quasi tutti. Dal ’57 decise di addentrarsi in un isolamento creativo insieme ad alcuni musicisti che aveva conosciuto, tra cui lo stesso Don Cherry. In quell’occasione il contrabbassista Red Mitchell ebbe modo di ascoltare un brano originale scritto da Coleman, consigliandoli di farlo sentire a Lester Koenig, produttore per l’etichetta Contemporary Music. Koenig rimase piacevolmente colpito dall’artista e dal brano.

Copertina dell’album Something Else!!!! The Music of Ornette Coleman (1958)

Era sul punto di arrendersi e tornare a casa, ma aveva tra le mani il suo primo album “Something Else!!!!“, registrato tra il 10 e il 22 febbraio del 1958 con Don Cherry alla cornetta, Walter Norris al pianoforte, Don Payne al contrabbasso e Billy Higgins alla batteria. In quel album Coleman incise per la prima volta il frutto degli anni di studio e sperimentazioni di quel sound unico che di lì a breve lo avrebbe reso noto e copiato da molti. La critica era scettica di fronte a questo nuovo stile e il disco non ebbe grande successo, ma al posto del solito colpo di grazia, ad aspettarlo c’era la spinta per volare finalmente in alto. Percy Heath, contrabbassista, rimase colpito dall’album, sentì qualcosa che in molti non avevano ancora percepito. Heath decise di chiamarlo a suonare per una seduta di registrazione a San Francisco. Dopo aver partecipato ad un seminario estivo della School of Jazz di Lexton, lo stile bizzarro di Coleman, venne visto di buon occhio. Il critico musicale Martin Williams profetizzò in lui il motore dell’evoluzione del jazz. A seguito del grande scalpore che suscitò l’Ornette Coleman Quartet a Lexton, Williams cercò di scritturarli al Five Spot per due settimane. La profezia di Williams in seguito si avverò, e la cosiddetta new thing di Coleman divenne diffusa tra molti musicisti jazz e non.

Cosa avreste pensato quella sera alla fine del concerto? Che era tutto un bluff e quei quattro sarebbero presto affondati o che quella potesse essere la forma che il jazz avrebbe assunto negli anni a venire?

(Link alla seconda parte dell’articolo: https://inchiostro.unipv.it/2019/05/11/le-regole-e-la-forma-del-free-jazz-lonely-woman-di-ornette-coleman-parte-ii/)

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