Attualità

Referendum o strategia politica?

Come è ormai noto, durante la giornata di oggi, domenica 22 ottobre, in tutti i comuni veneti e lombardi si è tenuta una consultazione referendaria circa la richiesta di una maggiore autonomia regionale, la quale è prevista nei termini della Costituzione Italiana. In particolare, sono gli articoli 116 e 117, della parte V riguardante l’ordinamento dello Stato e il rapporto con le Regioni a disciplinare la questione. In effetti, si rimane all’interno dei confini di unità nazionale, come ha più volte ribadito il governatore Zaia: è per questo motivo che non può considerarsi illegittimo, o anticostituzionale, differentemente da quello catalano.

Le regioni Lombardia e Veneto aspirano ad uno statuto non inedito nel panorama italiano: sono cinque le regioni che godono di parziale autonomia (del precedentemente detto “statuto speciale”), in materia d’istruzione, di ricerca, di salute, d’ambiente e anche per ciò che riguarda il coordinamento della finanza pubblica e dei rapporti internazionali. Un punto fondamentale riguarda il cosiddetto residuo fiscale, ovvero la differenza tra le tasse pagate allo Stato e quanto lo Stato restituisce sul territorio.

In fin dei conti, è chiaro che tra le ragioni del sì abbia maggior peso la questione fiscale (che i più maliziosi potrebbero ricondurre al mai defunto cavallo di battaglia della Lega: il federalismo fiscale, propugnato con decisione specialmente nei primi anni del 2000). Quell’autonomia fiscale che, in termini simili, è stata concessa dalla Spagna ai Paesi Baschi, e forse sarebbe stata auspicabile anche nel caso catalano.

È importante sottolineare, inoltre, che la Carta Costituzionale non menziona in alcun modo il referendum, che dunque non è necessario all’interno dell’iter per la richiesta di autonomia. Assume valore unicamente politico e consultivo (la consultazione prevede il raggiungimento di un quorum per quanto riguarda il Veneto, ma non per la Lombardia) non vincolante, utile forse al tavolo delle trattative future in materia. In caso di una vittoria del NO, nessuna possibilità di negozio verrebbe preclusa; l’Emilia-Romagna,per esempio, ha già avviato la procedura saltando a piè pari lo step del referendum. Viene perciò spontaneo chiedersi l’utilità di quella che a tutti gli effetti appare come una messa in scena, un’operazione politica, considerati anche gli appetiti autonomisti, se non addirittura indipendentisti, della Lega Nord,  la quale governa, guarda caso, in entrambe le regioni interessate. Una messa in scena orchestrata, come al solito, all’insegna del campanilismo-regionalismo, accompagnato da spot in dialetto Lombardo abbastanza rivedibili in un’ottica di unità nazionale.

Ma soprattutto una messa in scena, che oltre a risultare inutile, appare, sempre ai più maliziosi, come una strategica propaganda in vista delle elezioni politiche che si terranno la prossima primavera.

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