Scienza

Pensiamo all’ambiente

di Daniele Pane Mantione e Valentina Montagna

 

Arrivati alla cassa lo facciamo quasi sempre: acquistiamo un sacchetto di plastica. Escludendo le famiglie che pianificano la spedizione al supermercato e si muniscono del classico “sacchetto di sacchetti” o le signore nella cui borsa esiste sempre un’altra borsa, ci tocca comprare una shopper. Ora il suo futuro è quello di essere usata per contenere della spazzatura o direttamente cestinata poiché bucata e ormai sono rari i casi dove i più pazienti si mettono a fare il “triangolino”, piegando più volte la borsa per farle occupare meno spazio. Tutto questo ha portato in Italia a un utilizzo di 300 sacchetti a testa l’anno e un grave danno per l’ambiente: ogni sacchetto di plastica impiega circa un millennio per dissolversi nell’ambiente. I “vecchi” sacchetti di plastica, infatti, sono fatti in polietilene, un composto che si estrae dal petrolio e che, dopo successive lavorazioni, viene modellato per realizzare borse di plastica ma anche tubi e flaconi ed è utilizzato persino per la costruzione di elementi anti urto da utilizzare sulle strade, ossia quei separatori bianchi e rossi che vediamo durante i lavori in corso.
La fabbricazione di questi sacchetti ha portato solo in Italia all’utilizzo di 200 mila tonnellate di petrolio con rispettive emissioni di anidride carbonica; ma la cosa più grave è che il riciclo costa cento volte di più che la fabbricazione e quindi non c’è da stupirsi se è sempre stato considerato “usa e getta”.
Questi sono i motivi per cui a fronte di un consumo che non risente della crisi, dal 2010 è stato posto il divieto di produrre sacchetti in polietilene. L’alternativa a questi materiali sono le sempre più richieste sostanze biocompatibili: tra le più importanti possiamo citare l’amido di mais e di grano, oltre ad altri materiali che, esposti per un periodo di circa due mesi a compostaggio – come se fossero in discarica, si dissolvono per il 90% della loro massa.
La caratteristica dell’amido che lo rende adatto alla produzione dei sacchetti è la totale biocompatibilità, essendo formato da catene di zuccheri (lo stesso zucchero che utilizziamo tutti i giorni) molto lunghe e resistenti.
Nelle borse, però, è affiancato ancora da un 10 % di materiali di supporto per la maggior parte di origine sintetica, sul quale il mondo della ricerca si sta ancora battendo, poiché questo materiale sembra sia necessario per dare consistenza e rigidità alla borsa, che però, come abbiamo visto sperimentalmente tutti quando andiamo a fare la spesa, ha bisogno di qualche miglioramento. Alternative ai sacchetti biodegradabili sono quei sacchetti utilizzabili più volte, come i sacchetti in PET, lo stesso materiale delle bottiglie e delle borse di cotone: in questi ultimi due casi, tuttavia, dobbiamo d’obbligo ricordare di portarli sempre con noi altrimenti saremo ancora una volta costretti a comprare il sacchetto alla cassa.

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