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Mentre Parigi dorme

Direttamente da Parigi, “Le coin français”: la rubrica, di Carlotta Federica Moretti, sul Cinema francese, classico e contemporaneo, che vi svelerà tutto quello che avreste voluto sapere sul Cinema transalpino, e che non avete mai osato chiedere. #4. Clicca qui per leggere l’articolo precedente.


Parigi: crepuscolare, caotica, mistica. Alla stazione di Barbès – Rochechouart scende Diego, un giovane reduce della guerra (Yves Montand), seguito da un personaggio assai singolare. Il giovane è diretto a casa di un amico conosciuto durante la Resistenza con il triste compito di annunciare alla moglie di quest’ultimo la tragica fine del suo povero marito. Tuttavia, non appena arrivato, trova con grande stupore il suo amico, Lecuyer (Raymond Bussières), vivo e vegeto: egli era infatti riuscito a sfuggire all’esecuzione. Per festeggiare il lieto ed incredibile ritrovamento, la famiglia Lecuyer e Diego decidono di cenare in un ristorante. Durante la cena la stessa figura bizzarra e misteriosa che seguiva da un po’ il protagonista finalmente si presenta: è il Destino. Questo personaggio enigmatico predice a Diego che proprio quella sera incontrerà la donna più bella del mondo. E così sarà: quella stessa notte si imbatterà in Malou (Nathalie Nattier), una giovane ragazza che da poco ha deciso di lasciare suo marito, un uomo d’affari arricchitosi durante la guerra. Si compie dunque la profezia: quella notte Diego e Malou balleranno sulle note della celebre canzone Feuilles mortes, e, danzando, nascerà l’amore. Ma questa storia è nata sotto una cattiva stella; il Destino cerca in ogni modo d’impedire che questa relazione finisca tragicamente: avverte, consiglia, interviene ma nonostante i suoi sforzi, ciò che è scritto nelle stelle non è più forte dell’irremovibile volontà umana, al punto che nemmeno il Destino stesso potrà cambiare le storti di una storia già ineluttabilmente scritta.

Il film Mentre Parigi dorme (Les portes de la nuit; 1946), diretto da Marcel Carné, è l’ultimo film del regista facente parte del Realismo poetico, corrente cinematografica francese, della quale fecero parte Marcel Carné, Jean Vigo, Jean Renoir ed altri registi, che voleva raccontare allo spettatore la quotidianità dell’eroe tragico moderno e allo stesso tempo la soggettività, l’intimità e dunque la poesia dei sentimenti più profondi dell’essere umano. Questo film consacra nel cinema francese il giovane Yves Montand, cantante pupillo ed amante di Édith Piaf, e l’ esordiente Nathalie Nattier. Le premesse per questa pellicola non erano certo delle migliori, soprattutto per via di alcuni problemi economici: inizialmente infatti, per i ruoli principali, erano stati previsti Marlene Dietrich e Jean Gabin, all’epoca realmente fidanzati, che però rifiutarono la proposta in favore di un altro ruolo. Appare evidente, anche ad un occhio poco esperto, che gli attori non siano certo navigati ed esperti, ma forse è proprio la loro spontaneità negli sguardi, nei sorrisi, nei loro movimenti leggeri, che riesce a muovere così l’animo dello spettatore. Dopo una lunga serie di successi, con questa pellicola si conclude l’ultima collaborazione effettiva del duo Prévert – Carné (ve ne sarà un’ultima, La fleur de l’âge, del 1947, che però rimarrà incompiuta).

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Il film prende vita, in un certo qual modo, a partire delle parole di Jacque Prévert. La celebre canzone Feuilles Mortes nasce da una composizione strumentale scritta da Joseph Kosma per il balletto di Roland Petit Le Rendez-vous e da un motivetto, Poème d’octobre, composto da Jules Massenet nel 1876. Il poeta, che collaborò al processo creativo di tale balletto, era convinto che questo soggetto fosse così semplice ma intriso d’amore che, nella sua purezza, poteva essere l’oggetto di una poesia, di una canzone ed infine, di un film. Anche se il film, come spesso accade, non verrà subito apprezzato, Feuilles Mortes diventerà un successo mondiale, tanto da vantare l’interpretazione, ad esempio di Juliette Gréco, Frank Sinatra e Nat King Cole. Una delle particolarità più interessanti di questo film riguarda la metropolitana, luogo centrale di tutti gli eventi: la stazione di Barbès – Rochechouart non è quella originale. Essa infatti fu ricostruita nei minimi dettagli nella zona di Billancourt, proprio per le riprese del film. Questo rifacimento costò una fortuna al registra, da ogni punto di vista, ma il risultato fu ineccepibile ed impercettibile. Anche la scelta di ambientazione del film non è certo casuale: Montmartre ed i suoi dintorni sono spesso, per Carné, luoghi- simbolo, che diventano il centro di tutta la narrazione come ad esempio in Amanti perduti (Les Enfants du Paradis; 1945) ed in Juliette o la chiave dei sogni (Juliette ou La clef des songes; 1950). Il regista infatti mostra una Parigi pittoresca, frenetica ed idealizzata che consacra l’eroe che c’è dietro ogni venditore ambulante, dietro ogni angolo sporco e buio delle ripide e fascinose salite di Montmartre. L’architettura e soprattutto la metropolitana, non si limitano ad essere uno spazio, un decoro, un ambiente predisposto alla scena bensì si rivelano come protagonisti assoluti dell’intera vicenda, raccontando silenziosamente la vita parigina del dopoguerra nelle sue immense difficoltà, dirigendo ogni personaggio, tendendo i fili del tempo. Ci si sente in balia della metropoli, alla mercé della Ville Lumière.

Le parole di Prévert si amalgamano e si diffondono nella quotidianità della vita; entrano dolcemente, in punta di piedi, per rimanere indelebili nell’anima. Feuilles mortes” è la storia di un amore finito ma non esaurito che resta vivo nella mente dell’amato, il quale si strugge al solo pensiero di essere dimenticato dalla propria amata. Le foglie morte cadono, ma la loro leggerezza porta con sé un peso enorme: quello dei ricordi di un amore, la nostalgia ed il dolore di una rottura intessuto nella paura di svanire come scompaiono le foglie dopo l’autunno. La canzone, magistralmente interpretata da Yves Montand, è un presagio di ciò che avverrà e dunque lo spettatore si trova spinto tra le braccia dell’amore che forte si sprigiona ma che, repentinamente, svanisce nella notte che accompagna una Parigi quasi dormiente che ancora sente il peso della guerra.

Un film commovente e poetico. I dialoghi, talvolta lunghi e tediosi, aggiungono allo stesso tempo veridicità alla vicenda. Nell’ imperfezione del film risiede la autenticità dei sentimenti da esso promulgati grazie anche alla presenza di un mélange ed connubio dei sensi, dove ogni odore ed ogni gesto sembra invadere lo schermo. Ed è forse ciò che rende unica questa pellicola: la descrizione della vita che accade, della vita che capita e della vita che si sceglie. Essa è infatti tutto ciò che accade nel bel mezzo di un’affollata metropolitana, dove si incontrano Magia, Destino e Tormento che cominciano lì, in quell’istante casuale, la loro eterna e strenua lotta. Tutto mentre Parigi dorme.


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