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ITALIANE (EUROPEE) NELL’EUROPA DEI QUARTI

Eppur si muove. Stanco, emaciato, distrutto e irrimediabilmente (o no?) compromesso. Il caro vecchio calcio italiano, sorretto dalla prima arte nazionale, quella di arrangiarsi, naviga a vele spiegate. Si muove veloce, non senza ostacoli, verso l’Europa, quella che conta.
Da cinque a due (ma si sapeva) in Europa League, una sola (la solita, abituata in patria, molto meno all’estero) in Champions. Napoli, Fiorentina e Juventus: il nostro calcio è di nuovo al vertice? Oppure no?
Cerchiamo di capirci qualcosa su questi quarti di finale, sia di Europa League che di Champions League.

Wolfsburg – NAPOLI

«Chi l’avrebbe mai detto?»
Domanda alquanto provocatoria, forse (anzi, a mio avviso sicuramente) non esente a critiche.
Quel pacioccone spagnolo, da noi tanto (troppo) sottovalutato, ce l’ha fatta: il Napoli di Benitez è ai quarti di Europa League. La squadra “gira” a partite alterne, perde molti punti con le “piccole”, ma rimane un ostacolo per qualsiasi avversario di livello in una serie al meglio delle due.
rafa-benitez[0]A inizio stagione si parlava di esonero per l’ex allenatore di Valencia, Liverpool, Inter e Chelsea: a parere di molti la squadra non era abbastanza competitiva (qualcuno poi, se ha voglia e pazienza, mi spieghi, di grazia, perché dovrebbe essere sempre e comunque colpa dell’allenatore?!). Lasciando preda della damnatio memoriae tutti i successi di Rafa: una Champions, una Coppa UEFA, un’Europa League e una Coppa del mondo per club; nonché l’inaspettata compattezza europea dimostrata dal Napoli (qualcuno ricorda che l’anno scorso il Napoli uscì per differenza reti ai gironi, arrivando a pari merito con Arsenal e la finalista Borussia?).
Niente male.
Dunque, fa forse paura il Wolfsburg? Eccome. E giustamente. I tedeschi si candidano come assoluto pretendente (se non favorito) alla vittoria finale. Eliminata l’Inter, però, la squadra di Villas-Boas ha di fronte un avversario (a parer mio) più affiatato a livello europeo, con una maggiore coesione e identità (per usare un eufemismo, l’Inter, a differenza di Napoli e Wolfsburg, deve ancora decidere cosa vuol fare da grande).
«Cuore vs cervello», «passione vs rigidità», «Italia vs Germania»: nessuno di questi titoli sembra adatto. Wolfsburg-Napoli è solo una partita, senza dietrologie o significati: due squadre, in attesa (chi più chi meno, chi da più tempo chi da meno) del passo successivo (non certo esplicabile con una sola partita o due). Chi vincerà, e dove arriverà, lo scopriremo solo vivendo.

Dinamo Kiev – FIORENTINA

Fortuna che il colore viola dovrebbe portare sfortuna, quantomeno nelle apparizioni televisive. Ogni volta che la fiorentina va in campo, Italia o Europa poco importa, ultimamente (e non solo) lo spettacolo è assicurato.
«La fortuna è per i perdenti», Montella è un vincente. Gestione del gruppo e bel gioco: cosa si potrebbe chiedere di più?
Si può pretendere da una squadra da “piccola Europa” qualcosa di più, considerando il doppio impegno e gli infortuni? Certo che no.curvaviola
Ma questo ci porta a chiederci se sia giusto che un club debba fondare la propria identità solo su di alcuni giocatori. Mi spiego meglio: può certamente dirsi che Cuadrado, Pepito Rossi e Mario Gomez fossero o siano (a seconda dei casi) i principali fari della squadra dal momento che il primo è stato venduto e i secondi sono rimasti (per sfortuna dell’allenatore e degli amanti del bel calcio) quasi tutto il tempo a osservare dalla tribuna. Eppure la Fiorentina galoppa. E anche se non scatta forte ai blocchi di partenza, o recupera, o sembra non essere mai in debito di ossigeno nella lunga corsa di una stagione. Tutto questo, appunto, anche senza i principali interpreti. Il motivo: certamente contribuisce il fatto che Montella faccia affidamento non tanto sui giocatori (che rimangono comunque fondamentali, come in ogni contesto), ma sul sistema.
Saper adattare il proprio gioco alla rosa che si ha a disposizione è capacità che appartiene a pochi (quella di inveire in conferenza stampa, reclamando per la mancanza dei principali interpreti, appartiene a ben molti di più). La Fiorentina non ha più soldi degli altri, forse nemmeno una rosa migliore; eppure rimane credibile, che si tratti indifferentemente di Italia o Europa.
Una bella storia, tutta da leggere e da scoprire, senza pensare al finale, ma godendosi le emozioni che trasmettono le varie pagine. Il futuro è un libro aperto.

JUVENTUS – Monaco

Non me ne vogliano i tifosi della Juventus, ma se avessi scommesso due penny, li avrei messi sul Borussia.
Non che la Juventus non sia una squadra competitiva. Tutt’altro. Eppure, anche dopo una prestazione maiuscola nella serie, soprattutto nella gara di ritorno (in trasferta), fatico ancora a collocare la squadra di Torino tra le grandi d’Europa. Sia per quanto riguarda l’esperienza, che per la qualità di alcuni reparti e dell’allenatore.
Players of Juventus celebrate after their Champions League round of 16 second leg soccer match against Borussia Dortmund in DortmundForse proprio per questo, in buona compagnia, non credevo che la Juventus avrebbe compiuto un così grande passo in avanti in Europa, perché, e c’è da ammetterlo, il miglioramento dei bianconeri è stato lampante. Sicurezza nei propri mezzi e qualità, una squadra solida e compatta, in grado di ovviare alle difficoltà pre e post match (avere Pirlo indisponibile e perdere in corso d’opera Pogba può, generalmente, causare più di qualche affanno; e invece…).
Il prossimo avversario europeo della Juve è il Monaco. E già si sentono le grida di gioia di tifosi e giornalisti. Deve, dunque, ritenersi soddisfatta la Juventus?
Ovviamente sì, considerando che le altre squadre in lizza sono Real Madrid (the reigning defending champion), Barcellona, Atletico Madrid (contro cui la Juventus nel girone non riuscì né a vincere né a segnare), Bayern Monaco, Psg e Porto. Ma non è mai bene sottovalutare l’avversario.
È vero che la squadra francese non arrivava ai quarti dalla stagione 2003/2004 (anno della sconfitta in finale contro il Porto di Mourinho), che Falcao e James Rodriguez sono stato ceduti a inizio stagione e che la Juve ha dimostrato un buon adattamento al livello di gioco europeo. Ma è comunque bene ricordarsi che la squadra di Jardim ha eliminato l’Arsenal, anche grazie a un’ottima rosa:
la difesa – Fabinho, Wallace, Abdennour, Kurzawa; a quattro davanti al portiere Subasic – in champions ha subito solo 4 gol (di cui tre segnati dall’Arsenal; uno solo subito ai gironi, miglior difesa) e in campionato (attualmente scrivendo, 21 marzo 2015, ndr) ha subito solo 20 gol in 28 match, risultando ancora, proprio come ai gironi di CL, la miglior difesa;
il centrocampo, vera perla della squadra (esattamente come la Juve, sarà un caso?) – formato da Moutinho, Toulalan e Kondogbia – assicura corsa, sostanza e qualità, per novanta, anzi, centottanta minuti;
in attacco il punto di riferimento (per ruolo ed esperienza) è Berbatov, coadiuvato in fascia da Martiar (giovane di enorme talento, esattamente come Kondogbia, da tenere d’occhio anche – e soprattutto – in prospettiva futura) e Dirar.
Un’ottima squadra, senza nulla togliere alla Juventus. Ma come sempre più spesso il calcio ci insegna, quando si va avanti nel tabellone (e non solo), ogni partita, minuto e secondo, ogni attimo, azione e occasione diventano fondamentali. Per la squadra di Allegri è il momento della verità, la serie di partite della definitiva maturazione; riuscirà il sogno a non trasformarsi in una triste e fredda realtà?

“Da dove veniamo? Che siamo? Dove andiamo?” non è solo uno splendido olio su tela del 1897 di Gauguin, ma anche alcune delle domande cui noi, le nostre squadre e il nostro calcio risponderanno.
Di una sola cosa siamo sicuri, per adesso, provenienza: Italia.

Per le altre risposte, si prega di rimanere su queste reti.

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