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Rockets, Lakers e Sixers molto bene. Cavs ancora blackout.

Nei giorni in cui il Re LeBron James entra nel club d’élite dei 30.000 punti in carriera (solo altri 6 nella storia della pallacanestro prima di lui), Kawhi Leonard, oltre ad uscire nuovamente per infortunio, sembra aver tagliato di molto i contatti con la dirigenza degli Spurs. Per ora tutto quello che sappiamo è che in casa Popovich il clima tra lo staff ed il n.2 in casacca grigio-nero è decisamente teso, ma potremmo saperne di più nelle settimane a venire. Passiamo ora a un riassunto dei fatti salienti della settimana in cui i due capitani delle fazioni Est e Ovest (rispettivamente LeBron e Curry) hanno ufficializzato il loro quintetto per l’All Star Game.

A Houston, Harden rientra dopo 7 partite di assenza per un infortunio alla caviglia. L’avvio è graduale, ma la settimana prosegue poi in un climax crescente: contro Minnesota, gara di rientro del Barba, ci pensa un Gordon da 30 punti a portare a casa la vittoria. Harden ne mette solo 10. Tastato il terreno, da lì in poi il n.13 dei Rockets ingrana la marcia di crociera e prosegue spedito ai suoi classici ritmi da stella Nba. Prima è la volta degli Warriors: 22 punti suoi oltre ai 33 di Chris Paul e Golden State rimandata a casa. Poi tocca a Miami. Contro gli Heat senza Dragic, Harden ne insacca 28 per la vittoria. Tocca infine al derby texano contro i Mavericks. 25 punti e 1 assist per il Barba e anche il match contro Dallas mostra a referto una bella W per i Rockets.

Anche i Lakers hanno un’ottima settimana, soprattutto grazie ai due giovanissimi Kuzma e Clarkson. Contro Indiana tocca proprio a Clarkson salvare per il rotto della cuffia i Losangelini  dalla bancarotta con 33 punti, ma da lì è un escalation di talento che sprizza da ogni poro: contro i Knicks la vittoria arriva sempre dalle mani di Clarkson e dai suoi 29 punti conditi con 10 ottimi assist.

Mettono i piedi in testa persino ai Celtics, questa volta grazie al talento di Kuzma e dei suoi 28 punti (14 solamente nell’ultimo quarto, per portare a casa la partita).

Altra franchigia che procede a passo spedito è sicuramente Philadelphia che, escluso lo scivolone contro i Grizzlies, intasca tre vittorie negli ultimi 7. Contro i Celtics ci pensa Embiid che ne infila 26 e 16 rimbalzi. Ed è lo stesso Embiid a insaccare 29 punti contro i Bucks portando i suoi 76ers al record di 7 vittorie nelle ultime 8 partite giocate. Contro i Bulls è una vera e propria guerra punica che termina dopo due overtime. Embiid ne mette 22, ma il vero leader di Philly è il rookie Simmons che sale in cattedra come solo lui sa fare: 21 punti, 17 rimbalzi, 14 assist. Se per il campo passa un pallone, è quasi sicuro che di mezzo ci siano le mani di Ben Simmons.

Continuano a non convincere invece i Cavaliers di LeBron. Contro Orlando portano a casa il match per un pelo, grazie ai liberi di Thomas nel finale di partita, ma come sempre la difesa fa acqua da tutte le parti e quando non c’è difesa, contro una squadra come Orlando puoi ancora cavartela, ma contro gli Spurs non hai scampo. Ed è così. Contro San Antonio Cleveland si perde, non sembra neanche in campo. Gli Spurs passano dappertutto, tirano da oltre l’arco, segnano in penetrazione e da pick-&-roll.

È così che i Cavs cadono inesorabilmente sul fondo della classifica che elenca le migliori difese della lega (efficienza difensiva calcolata in base ai punti concessi agli avversari in media su 100 possesso di gioco). Su 30 squadre di Nba, soltanto Sacramento, dati alla mano, fa peggio in difesa.

Ed è questo il motivo principale che spinge Tyron Lue a cambiare il centro del quintetto titolare, spostando in panchina Crowder e mettendo nello starting five Thompson. Ottimo difensore, intimidatorio vista la stazza, ma soprattutto vista la grande abilità di stoppatore. Con questo importante cambio Cleveland spera di allargare di più il campo, concedendo più movimento a giocatori che finora sono stati piuttosto statici, come Kevin Love. Soltanto nelle prossime settimane sapremo se l’investimento è stato a buon rendere.

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