Attualità

Italia: una storia scandalosa

di Matteo Miglietta

 

Per raccontare la storia del nostro paese non si può prescindere dagli scandali che l’hanno scandita, segnata e mutata. Perché i casi mediatici sono la cartina tornasole di una società che spesso, durante i suoi 150 anni di vita, ha preferito ignorare i problemi e nasconderli sotto il tappeto, per poi essere costretta a prendere provvedimenti quando ormai era troppo tardi.

Cominciamo allora dal ’93, annus horribilis della politica italiana, che ha visto scoppiare uno scandalo in grado di coinvolgere potere, banche e giornali, in un enorme giro di denaro che ha addirittura costretto alle dimissioni un primo ministro.
Per tutti coloro che subito hanno pensato a Tangentopoli occorre precisare una cosa: l’anno in questione è il 1893! E il premier coinvolto è nientemeno che Giovanni Giolitti. Ma andiamo per ordine: il cinquantenne Giolitti era riuscito da un anno a diventare per la prima volta capo di un governo, quando scoppiò quello che passò alla storia come “lo scandalo della Banca Romana”. La Banca Romana era uno dei più importanti istituti di credito italiani, e aveva investito enormi somme di denaro nell’edilizia durante gli anni in cui Roma era in fortissima espansione. Nel momento in cui, a fine anni ’80, una forte crisi investì il mercato del mattone, la banca si trovò in difficoltà e per sopravvivere finanziò giornalisti e deputati, così da ottenere trattamenti di favore e influenzare le campagne elettorali. Quando tutto questo intreccio venne a galla, Giolitti fu subito accusato di collusione da Crispi (che in realtà era ancora più coinvolto di lui) e costretto alle dimissioni. Erano passati appena 30 anni dall’unità…

Il XX secolo si presentò subito turbolento quando il 29 luglio 1900 l’anarchico Gaetano Bresci uccise il re Umberto I, riuscendo là dove altri due “colleghi” anarchici avevano fallito negli anni precedenti. Sarebbe troppo lungo elencare tutte le colpe e i contatti con la malavita che furono attribuiti a Giolitti in questi decenni, mentre durante il primo conflitto mondiale e il periodo immediatamente successivo l’Italia fu impegnata in questioni ben più importanti per farsi distrarre dalla malasocietà.

Da esperto comunicatore qual’era, Mussolini capì subito che uno dei modi per manipolare il pensiero delle masse era controllare i mezzi di comunicazione esistenti. Così, in poco tempo, tutti i giornali vennero parzialmente o totalmente fascistizzati, e una delle direttive che arrivò con sempre maggiore insistenza da Roma fu quella di ridurre al minimo la cronaca nera. Bisognava dare l’immagine di una società perfetta: scandali, omicidi e rapine non erano contemplati.

Appena la seconda guerra mondiale terminò, gli scandali all’italiana non aspettarono molto per tornare alla ribalta, e quale modo migliore per farlo di un bell’intreccio fra politica e forze dell’ordine, uniti dai festini a luci rosse romani? Tutto questo fu il “caso Wilma Montesi”, capace di soddisfare la morbosità della gente che per troppi anni era stata forzatamente assopita dal Regime. Wilma venne trovata ammazzata sulla spiaggia di Torvaianica la vigilia di Pasqua del 1953 e le indagini portarono presto al coinvolgimento di Piero Piccioni, figlio di uno dei principali dirigenti DC, il questore di Roma e il marchese Ugo Montagna. Tutti e tre alla fine vennero assolti ma fu il primo episodio di cronaca nera a diventare un vero e proprio caso nazionale, grazie all’interessamento di tutti i principali quotidiani dell’epoca.

Lo scandalo della Banca Romana del 1893 restava però il politicamente più devastante fino a quel momento, o meglio, fino al momento in cui non si venne a sapere dei loschi affari condotti dalla Lockeed Corporation, un’azienda aeronautica statunitense che, a quanto pare, avrebbe pagato tangenti a uomini politici di tutto il mondo per far si che questi ne adottassero gli aerei nei loro eserciti. In Italia lo scandalo scoppiò nel 1972 e coinvolse, fra gli altri, i due ex ministri degli esteri Gui e Tanassi, e i due ex premier Mariano Rumor e Giovanni Leone, che in quell’anno era Presidente della Repubblica. Il clamore fu tale che, anche a seguito di un libro-inchiesta proprio su di lui, Leone decise, primo nella storia italiana, di dimettersi dalla più alta carica dello stato, un mese dopo l’uccisione di Aldo Moro, nel 1978.

Siamo nel pieno degli anni di piombo, “la notte della repubblica” italiana, che per non farsi mancare nulla, tre anni dopo la tragica uccisione dell’ex capo del governo, si trovò immischiata in un pantano di cui ancora oggi molti lati sono del tutto oscuri: lo scandalo P2. La lista degli iscritti arrivò al premier Arnaldo Forlani già alcuni giorni prima della sua decisione di renderla pubblica, ma l’evidente gravità della cosa e la volontà di non interferire con il referendum che si sarebbe dovuto tenere il 17 maggio, lo convinsero della necessità di aspettare qualche giorno prima di farla conoscere al mondo. Furono fatti i nomi di 932 persone, fra cui 44 parlamentari, 3 ministri in carica, 12 generali dei Carabinieri e 22 dell’Esercito, solo per citare alcune categorie coinvolte, per non parlare degli astri nascenti dell’imprenditoria italiana, fra cui l’attuale premier Silvio Berlusconi.

Chiudiamo allora questa sintetica storia dell’Italia scandalistica con l’altro ’93, quello del XX secolo, quello di Tangentopoli e del pool di Mani Pulite, quello che ormai da tutti è riconosciuto come la tappa finale della Prima Repubblica dominata dai partiti storici del dopoguerra, anche se, a ben vedere, né la costituzione né i parlamentari sono cambiati.

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