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INDIE #20: Fuocoammare

La proposta iniziale dell’Istituto Luce fu di realizzare un cortometraggio. Per fortuna, Gianfranco Rosi, ha cambiato idea e ha realizzato questo splendido documentario. Ci è voluto più di anno di riprese a Lampedusa per riuscire a riprendere con efficacia l’emergenza migranti con cui è alle prese, non solo l’isola, ma l’Italia e soprattutto l’Europa. Eccola qui, l’ultima fatica di questo regista giramondo, nato in Eritrea e trasferitosi negli Stati Uniti dove ha iniziato la sua carriera. A distanza di tre anni, torna a dirigere un altro documentario in terra italiana. Lo aveva già fatto nel 2012 con Sacro GRA, trattando il tema delle periferie romane e vincendo, sempre in Italia, il Leone d’oro per il miglior film al Festival di Venezia. Questa volta l’opera è girata in Italia, ma il suo sguardo va oltre, puntando a questa Europa miope di fronte ad un grande problema. Al Festival di Berlino questo gli viene riconosciuto e gli vale l’Orso d’oro per il miglior film.

Il documentario è incentrato sul ruolo che il mare svolge nelle nostre vite. Durante la premiazione al Festival, Gianfranco Rosi afferma: «Lampedusa è un popolo di pescatori e i pescatori accolgono tutto quello che viene dal mare. Dobbiamo imparare ad essere più pescatori anche noi». Parole molto importanti per la lettura del film. Fuocoammare è quindi un’opera visiva e metaforica dove lo spettatore può avere diverse chiavi di lettura senza dimenticare il fulcro del problema. Rosi è un maestro nel rappresentare il viaggio della speranza dei migranti, affiancando storie di vita quotidiana degli abitanti dell’isola; ma è ancor più bravo nell’identificare tutti noi, popolo europeo, negli occhi del piccolo Samuele, un ragazzino che soffre di “mal di mare“ e che ama giocare con la sua fionda. Questo piccolo protagonista soffre della malattia dell’occhio pigro e, per migliorare la sua vista, deve sforzarsi di utilizzare l’occhio malato, facendo riposare quello buono. Questo cambiamento farà maturare in Samuele sensazioni che non aveva provato prima, facendogli mettere da parte la sua foga guerrigliera.

Il momento di maggiore potenza del film è, sicuramente, quando a prendere la parola è il medico Pietro Bartolo, che racconta la sua esperienza e lancia un messaggio di umanità a tutti noi. Le immagini sono molto forti e la commozione è evidentissima. Il film ha il pregio di non cadere in banali sentimentalismi ma lascia che siano le immagini e le testimonianze a parlare, facendo in modo che ogni spettatore possa trarre le proprie conclusioni, ricordandoci però che il fuoco in mare, nel corso della storia, è stato sempre portato dagli esseri umani.

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