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INDIE #17 – Après mai

di Silvia Piccone

Ha vinto il premio per la miglior sceneggiatura a Venezia ’69 ed è una cartolina parigina vintage, dal gusto retro’, sulla controculutura giovanile firmata Olivier Assayas. Siamo nel 1971, in un periodo che rappresenta il cuore delle proteste generazionali di quegli studenti e operai che nel decennio ’68-’77 hanno animato le università, le strade e le fabbriche – provocando talvolta i feroci scontri con le autorità che ancora oggi creano sdegno e indignazione.
Un incipit “alla Vicari” vede proprio una protesta in strada finire male, con le reazioni violente  della polizia francese (chiaramente mai efferate quanto quelle dello sconvolgente Diaz). Si prosegue poi con carrellate d’amori impossibili, artistici e malinconici tra libertini ed affascinanti personaggi. Il protagonista è Gilles (Clément Métayer) le cui lunghe dita s’affrettano a cogliere su tela oniriche sfumature  sensuali di corpi e donne, belle veneri che abitano la sua vita movimenta, in preda a un bisogno d’affermazione politico ed artistico.
Dal fascino di un’epoca, oggi come non mai considerata mitica, Après mai mutua sicuramente la bella musica (riproposta in una colonna sonora per niente scontata), i temi caldi della droga e dell’aborto, scenografie fedelmente decadenti, colorate e filologicamente ricercate, nonché il topos degli amanti ribelli e romantici alle prese con storie di sesso struggenti – alle quali manca, però, il tormentato affanno degli amori da nouvelle vague a cui, invano, si vorrebbe fare riferimento.

Quasi una mancanza di sentimento, un distacco emotivo aleggiano in tutto il film, soprattutto nelle scene corali (i comizi, le proteste, le feste) spesso immerse in un silenzio irreale quasi straniante, pur essendo sequenze portanti nella struttura narrativa, sicuramente rese anche meno accattivanti dal doppiaggio malriuscito. Una mancanza a cui si cerca di ovviare tramite la pienezza visiva delle belle inquadrature e dei bei ritratti, ricchi di particolari e colori, così da rendere più godibile un film che altrimenti rischierebbe d’esser considerato solo un puro esercizio estetico.
Nel complesso Après mai, pur nella sua ingenuità e nel piglio naif che lo rendono comunque leggiadro e non noioso, è un’appassionante fotografia socio-culturale in cui immergersi con nostalgia accettando anche quei piccoli errori di continuità che lo rendono ancora più vero.
Si parla di verità perchè, da non sottovalutare, il film è un’opera autobiografica in cui il regista stesso ci racconta la sua adolescenza di giovane pittore diviso tra la politica e l’arte in una vita scorrevole e veloce difficile da assecondare, dunque da vivere intensamente.

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