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La Musa Eretica – lo strano colloquio tra i greci e Pasolini

di Francesca Lacqua

Secondo incontro di Pasolini: La Musa Eretica, ciclo di conferenze presso il collegio Ghislieri, dal titolo Dalla rappresentazione del mito alla personificazione tragica: lo strano colloquio tra i greci e Pasolini. Giovedì 28 marzo è intervenuto Gerardo Guccini, professore di Drammaturgia al DAMS di Bologna e autore, tra le numerose pubblicazioni, del recente Pasolini e il teatro, redatto insieme ad Angela Felice e Stefano Casi. Complici la pioggia e le vacanze pasquali, la sala Goldoniana non è particolarmente gremita. Guccini arriva, si siede, sorride, ringrazia per la presentazione biografica e inizia a parlare dentro il microfono. Per quaranta minuti precisi mi sono sentita presa dalle parole del docente che risuonavano profonde e appassionate nella sala, immersa completamente tra il 1966 e il 1969 davanti a quel teatro pasoliniano che conoscevo soltanto di sfuggita.

Da cosa nasce il legame tra Pasolini e la tragedia greca? Dal conflitto che caratterizza l’azione dell’artista. Conflitto tra la passione, il teatrico (per dirla con una definizione di Squarzina a cui si fa riferimento), l’istintuale stesso proprio dell’uomo che si relaziona attraverso il teatro e l’elaborazione tecnica, l’insieme degli artifici, i formalismi. Atti necessari ma retaggio di tradizioni. Queste ci permettono infatti di capire la passione di Pasolini e il rigetto verso la tecnica e il mestiere: egli “è artista che si riferisce ad una forma nata oggettiva che nel vivificarla, le imprime la più essenziale dell’identità dell’artista, consapevole della sua stessa posizione.” Pasolini è profanatore della materia morale che si riscatta nella direzione del tragico: il contrasto si manifesta attraverso una volontà espressiva che riconosce il trauma della distanza rispetto al modello. Infatti è Eschilo il preferito da Pasolini: proprio perché in Eschilo non c’è niente che parli di Eschilo. L’autore di Eleusi viene marcatamente ripreso nella tragedia pasoliniana Pilade – il terzo attore in veste di oracolo delle Coefore – in cui il protagonista è proiezione autobiografica di Pasolini stesso che vive il conflitto tra ragione e tradizione, intesa come travestimento dell’inconscio collettivo. La tragedia si fa nella costruzione teatrica dell’autore che si confronta con una conflittualità a tutto campo.
La scelta di comporre tragedie da parte di Pasolini va tuttavia inserita in un contesto più ampio, per due motivi: il primo è l’ulcera che lo costringe ad una pausa forzata, l’altro è la visita di New York dove viene a contatto con la cultura hippie e soprattutto con una folla della quale avrebbe voluto far parte. Questo incontro lo spinge ad allontanarsi da quel cinema inteso come “arte di massa” a favore del teatro inteso come “manifestazione all’interno della folla, percezione ed esperienza della stessa”. Le tragedie sono dunque arte in pubblico, in movimento.

La tragedia pasoliniana, ha al centro un viaggio nelle pulsioni corporee che si compie attraverso la parola stessa: veicolo di un atto fisico, carica di estrema materialità. Lo scandalo è parte di una dinamica necessaria che si realizza nel sacrificio dell’artista. Questo è lo strumento che riporta la tragedia alla sua natura rituale sacrificale, ha come punto di riferimento il teatrico con la consapevolezza che l’artista sia un manipolatore dei generi che può sviluppare. Ecco dunque un breve assaggio di come si configura “lo strano colloquio tra i greci e Pasolini”: in conflitto, in azione, in politica.
Guccini, quasi all’improvviso, smette di parlare, un naturalissimo applauso riempie la sala. Uno di quegli applausi che seguono i drammi, appunto: come se al respiro tirato dal professore corrispondesse un sipario, calato.

Il prossimo appuntamento del ciclo – dal titolo Il corpo, il sacro, il potere: la scrittura testamento dell’ultimo Pasolini – si terrà il 9 maggio con il professor Pasquale Vorza dell’Università di Bari. Lo stesso giorno alle ore 17.30, in aula Goldoniana, verrà proiettato Teorema.
È bene ricordare inoltre che il 17 aprile, alle ore 18.30 nel salone S.Pio del collegio Ghislieri, sarà inaugurata una mostra-omaggio all’artista di Casarsa. In quest’occasione, in cui sarà presente anche il principale curatore della mostra, il presidente dell’associazione culturale “l’isola che non c’è”, verranno letti alcuni suoi componimenti, prevalentemente poetici. La mostra si compone di circa cinquanta pannelli raffiguranti fotografie scelte dall’associazione attraverso un concorso, redatte da citazioni pasoliniane. Sarà visitabile dal 15 al 26 aprile, tutti i giorni dalle 9 alle 13.

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