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Recensione – Diaz – Don’t clean up this blood

 

di Stefano Sfondrini

 

Genova, sabato 21 luglio 2001. Alle 22 circa il VI reparto mobile della Polizia di Stato fa irruzione nella scuola Diaz di via Cesare Battisti al civico 6, centro del coordinamento del Genoa Social Forum, in un numero imprecisato di agenti stimato sulle 300 unità circa. L’obiettivo è quello di sgomberare l’edificio dai “black bloc” giunti da diverse parti d’Europa che nei giorni precedenti hanno messo a ferro e fuoco la città in occasione del G8. Due ore dopo, ai lampeggianti blu delle volanti si aggiungono quelli delle ambulanze, ci furono 93 attivisti fermati e furono portati in ospedale 61 feriti, dei quali 3 in prognosi riservata e uno in coma.
La pellicola, diretta da Daniele Vicari e prodotta da Domenico Procacci, ruota attorno al roteare di una bottiglia lanciata da un manifestante contro un’auto della polizia, bottiglia che torna in più momenti del film facendo da trait d’union fra le diverse storie che si intrecciano nei fatti avvenuti la notte del giorno dopo l’uccisione del manifestante violento Carlo Giuliani, del quale omicidio se ne hanno echi anche se l’episodio non viene affrontato direttamente. La narrazione ci mette subito davanti al clima rovente di quei giorni, non soltanto per il mese di luglio, quanto per la devastazione creata dai gruppi antagonisti, il numero elevatissimo di manifestanti, lo stress e l’impotenza delle Forze dell’ordine costrette dai superiori a mantenere la calma sotto il lancio di oggetti e pietre da parte dei violenti. E mentre la maggior parte della folla sciama verso le proprie case, con il vertice internazionale ormai finito, qualcuno si ferma ancora una notte per ripartire l’indomani, senza poter lontanamente immaginare ciò che sarebbe accaduto di lì a poche ore.
La riuscita colonna sonora di Teho Teardo si fonde con la fotografia fredda e dalle immagini cupe di Gherardo Gossi, in un lungometraggio che fonde, con la narrazione, filmati amatoriali di chi visse quei giorni, quella notte, quelle ore; scopo del regista, dichiarato in più interviste, non è tuttavia raccontare ma mostrare, nudo e crudo, ciò che avvenne in uno dei momenti più bui delle Forze dell’ordine e dello Stato Italiano in generale. Non ci sono intenti politici, solo quello di mostrare “la più grave sospensione dei diritti democratici in un Paese occidentale dopo la Seconda Guerra Mondiale”, come ha affermato Amnesty International, solo quello di mostrare a che abissi può sprofondare la natura umana, ancora oggi, in un Paese “progredito”. Così la narrazione prosegue poi mostrando ciò che avvenne ai detenuti nel carcere di Bolzaneto, quasi un “secondo tempo” di violenze come se non fossero bastate nell’istituto scolastico.
Vicari si è basato su documenti, deposizioni e riprese amatoriali, per mostrare ciò che avvenne in realtà. Quello che ci si augura è che chi entra in sala non soltanto veda, ma osservi con attenzione le azioni che si svolgono davanti ai propri occhi, e sia incentivato a documentarsi a sua volta su ciò che accadde, con l’occhio critico di vuole conoscere e non con quello pigro di chi sa già e quindi giudica per partito preso, sia esso un estremo o quello opposto.
Nelle sale dallo scorso 13 aprile, premio del pubblico all’ultimo Festival di Berlino, “Diaz – Don’t clean up this blood” ha potuto esser girato solo in parte in Italia, con un minimo ma presente aiuto del Ministero dello spettacolo, e – come previsto dallo stesso Procacci – l’uscita non pareggerà le spese di produzione, come spessissimo avviene per pellicole di questo tipo; certamente, però, non è per una questione economica che il film è stato girato.
Su una cosa dovrebbero tutti essere d’accordo, indipendentemente dagli schieramenti politici o cinematografici: che quanto accaduto a Genova durante il G8 del 2001, e in particolare alla scuola Diaz e nella caserma di Bolzaneto, rappresenta ancora un ingombrante e vergognoso rimosso nella coscienza collettiva del nostro paese. Vicari ci aiuta a non dimenticare, anche se sperare che fatti simili non accadano di nuovo è un’utopia troppo grande.

15 pensieri riguardo “Recensione – Diaz – Don’t clean up this blood

  • Giovanni Cervi Ciboldi

    Il fatto che l’analisi seria venga dai “giovani comunisti Pavia” non mi fa dubitare circa l’obiettività della ricostruzione.

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  • Ciboldino, nemmeno tu puoi difendere quest’articolo dai. Non si può nemmeno dire che sia in italiano.

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  • Francesco

    Effettivamente, per quanto ne so, la Diaz non era sede in cui erano riuniti i black bloc, ma vi stavano dei manifestanti pacifici che certamente non meritavano ciò che hanno subito.

    Peraltro, è innegabile che un individuo col passamontagna in testa e che sta cercando di aggredire un carabiniere con un estintore assuma un comportamento violento, almeno in quel preciso (e disgraziato) frangente.
    Poi sul fatto che il carabiniere si sia scordato dell’addestramento e abbia avuto troppa frenesia nel premere il grilletto posso essere d’accordo, ma ciò non cancella il comportamento violento dell’aggressore.

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  • Io propongo la lettura del libro di Agnoletto, all’epoca portavoce del Genoa Social Forum. Il libro si chiama “L’eclisse della democrazia”. Faccio anche un’altra proposta. Dato che vi proponete come giornalisti e dunque il vostro scopo è quello di veicolare informazioni si spera vere, propongo che una volta accertati i vostri errori dati dalla vostra disinformazione cancelliate questo pessimo articolo. Non credo abbiate problemi ad accettare questa cosa, no? Se andate avanti così le firme per il vostro giornale ve le scordate. La mia l’avete già persa da un pezzo!

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  • marcisim

    Ed ecco che ricomincia la travisazione su quanto è successo in piazza Alimonda.
    Perchè al posto di dire che Giuliani era un violento perchè stava difendendo sè e i suoi compagni dalla polizia fascista, non si dice che il corteo di cui faceva parte era lo spezzone pacifico? Perchè non si dice che questo fu attaccato dai carabinieri a cui i superiori avevano detto di recarsi da un altra parte? Nei corpi di polizia e carabinieri se si disobbedisce a un ordine è perchè un superiore di grado ancora maggiore ne ha dato uno diverso, quindi: non fu un errore attaccare lo spezzone pacifico di Giuliani, ma un atto voluto; così come non fu un errore fare l’irruzione nella scuola Diaz credendo che vi fossero i Black Block, ma un preciso atto di repressione fascista. Basterebbe leggere gli atti del processo o almeno le testimonianze nei vari documenti citati dal, per fortuna di parte, articolo dei Giovani Comunisti.

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    • Francesco

      Assolutamente d’accordo sull’azione gravissima e ingiustificabile che le forze dell’ordine assunsero in qui giorni.
      Però ci si potrebbe chiedere perchè uno per andare a manifestare pacificamente debba portarsi un passamontagna, in piena estate tra l’altro…

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      • Francesco

        Vorrei chiarito questo dubbio, ecco. Tutto qui.

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        • marcisim

          Perchè se ti tirano un fumogeno lo imbevi d’acqua e te lo metti. In questo modo eviti di vomitare. Anche io mi porto un foulard per precauzione.

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          • Francesco

            Ok. Ti ringrazio per il chiarimento

      • Non ho mai manifestato travisato e sono politicamente contrario alle iniziative individuali durante le manifestazioni.

        Tuttavia, spero che sia possibile fare un ragionamento leggermente più elaborato di “passamontagna = violento” su quanto avvenuto in piazza Alimonda.

        Il corteo delle “tute bianche” (a cui quel giorno decisi di non partecipare perché lo ritenevo mal organizzato e poco chiaro nei contenuti) era un corteo autorizzato a cui parteciparono migliaia di giovani, che avevano indossato scudi di gommapiuma e paragomiti di cartone sperando di salvarsi così dalla minacciata violenza poliziesca. Non immaginavano che la polizia avrebbe attaccato in modo così sistematico da rendere queste difese inutile.

        La carica contro questo corteo autorizzato in via Tolemaide, come mostrano i video e il materiale processuale, non aveva alcuna giustificazione logica ed è stata una chiara provocazione da parte delle forze dell’ordine. In seguito a questa carica violentissima migliaia di persone sono scappate, alcune centinaia hanno cercato di difendersi o di mettersi al sicuro. Tra questi ultimi, un gruppo particolarmente “combattivo” ha deciso di rifugiarsi in piazza Alimonda, barricandosi.

        Si tratta di una piccola piazza di fianco a via Tolemaide, dove non c’era nulla; i carabinieri potevano benissimo lasciare tutti lì in pace. Come si vede dai video, vennero invece mandati all’attacco, con lacrimogeni, sassate (sì, anche i carabinieri a Genova lanciavano i sassi) e vetture blindate lanciate a tutta velocità contro i ragazzi.

        In questo contesto di doppia aggressione da parte della polizia (prima la carica contro il corteo, poi l’attacco alle barricate difensive di piazza Alimonda), una delle camionette lanciate a massima velocità contro i manifestanti si incastra in un angolo. Davvero è così stupefacente che chi aveva appena rischiato la pelle per questa aggressione abbia reagito attaccando la camionetta?

        Carlo Giuliani aveva sollevato un estintore, con cui forse avrebbe potuto al massimo ammaccare la jeep dove si trovava Placanica (se pensate che si possa uccidere qualcuno dentro un defender blindato tirando un estintore da molti metri di distanza, vi manca qualche nozione di fisica). Il carabiniere che ha sparato (che forse era Mario Placanica, forse no) invece di sparare al massimo in aria come va fatto in questi casi, ha mirato alla faccia e ha sparato.

        In seguito la jeep dei carabinieri è passata due volte sul corpo (probabilmente ancora vivo), che poi è stato circondato. Mentre il corpo era circondato, come ha stabilito il processo, “qualcuno” ha infierito con un sasso sul cranio di Carlo Giuliani. Pochi minuti dopo, con la collaborazione di una troupe di un giornale di destra, i carabinieri hanno tentato un depistaggio accusando un manifestante che era lì vicino di aver ucciso lui Giuliani tirando un sasso!

        (Tanto per aggiungere un particolare, forse rivelatore, sul “povero Placanica”, “vittima delle circostanze”, costui, che era andato come volontario a Genova, alcuni anni dopo l’omicidio per cui è stato scandalosamente assolto con motivazioni risibili, è stato messo nuovamente sotto processo per violenza sessuale ai danni di una undicenne.)

        Forse le cose sono andate un po’ diversamente da come credi…

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  • Vorrei anche aggiungere una cosa, il violento Carlo Giuliani, non stava per uccidere nessuno, con il suo estintore, visto che si trovava ad almeno 5 metri di distanza dalla camionetta della polizia come dimostrano le immagini non “schiacciate” dai teleobbiettivi come questa:
    http://www.parolibero.it/userfiles/image/products/2166/alimonda.jpg
    Il carabiniere ha mirato e sparato in faccia al ragazzo.

    Facciamo che la prossima volta vi informate prima di scrivere cazzate oppure cercate una cosa diversa da fare per passare il tempo…

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  • AlbertoS

    Sfo per fortuna che volevi fare una critica cinematografica…che Vi avevo detto??!!??
    Credo sia necessario un chiarimento ufficiale del Giornale…
    il mio commento sul film e` che non si puo` a 10 anni di distanza presentare ancora e SOLO i fatti…in dieci anni Vicari non e` riuscito a riflettere nemmeno un attimo per mettere insieme qualcosa di piu` sensato che un documentario con odioso effetto retrospettiva affidato alla bottiglia di vetro?? In ogni caso bene anche i soli fatti, ignobili e indecenti i gesti della Polizia ma soprattutto perche` non viene chiarito che il Ministro degli Interni era Gianfranco Fini?? E poi da cittadino mi chiedo come faccio a fidarmi ancora della Polizia? Soprattutto perche` non sono stati presi efficaci e radicali provvedimenti interni al corpo per migliorare le cose….??! E io ci spero ancora che cose cosi` non capitino MAI PIU` in questo Paese…

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  • Giovanni Cervi Ciboldi

    Sbagli, il ministro degli interni era Scajola.

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