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Il Medio Oriente: una nuova lettura

Sarebbe possibile fare una bella presentazione culturale sul Medio Oriente, vista la sua ricchezza storica in tutti gli ambiti, ma questa rubrica andrà ad affrontare gli eventi accaduti a livello politico in quella regione, in particolare a partire dell’inizio del XX secolo, per arrivare a certi fenomeni attuali, nel più breve possibile, provando a portare tutti gli elementi necessari per fornire un quadro completo. Partiremo con un’introduzione geopolitica della regione, con lo scopo di presentare gli strumenti essenziali e gli attori interni così come quelli esterni che vi si fanno portatori di interessi sotto diverse forme.

Il Medio Oriente si estende per circa 1600 chilometri, da Ovest a Est, dal Mar Mediterraneo alle montagne dell’Iran [1]; da Nord a Sud partendo dal Mar Nero arrivando alle coste del Mare Arabico, cioè al Golfo Persiano, detto anche Golfo Arabo ultimamente (questa denominazione storica del Golfo è stata presa come un motivo per creare un entusiasmo aggiuntivo da parte degli Stati del Golfo nei confronti del loro vicino, l’Iran).[2]

La porta mediterranea del Medio Oriente è la Siria, conosciuta storicamente con il nome di Bilad al-Sham che includeva Libano, Siria, Giordania, Palestina. Ma prima di tutto cerchiamo di chiarire, a Oriente di dove? Il nome stesso della regione si basa su una visione europea del mondo, ed è stata esattamente una visione europea della regione a conferirle la sua forma attuale. Gli europei usavano l’inchiostro per tracciare le linee di confine sulle mappe; erano linee che in realtà non esistevano perché la maggior parte degli abitanti della regione viveva nelle zone periferiche e con legami familiari che superavano le limitazioni geografiche. Detto in parole povere, si può trovare lo stesso cognome della stessa famiglia in diversi paesi: ad esempio il nome di famiglia “Hijazi”, si può trovare frequentemente in Libano, Siria, Iraq, e in tutti i paesi del Golfo.

Sazonov-Sykes-Picot

Questo è il primo nome dell’accordo politico più famoso nella storia della regione: Sazonov è il nome dell’allora Ministro degli Esteri dell’Impero russo, Sergey Sazonov; il secondo è il nome del Ministro degli Esteri dell’Inghilterra, Mark Sykes, e il terzo quello del suo omologo francese, François George Picot. Il nome del diplomatico russo venne eliminato dall’accordo dopo che la Russia rinunciò a una “condizione cruciale”.

Non fu però solo il nome di Sazonov a “cadere”, ma più in generale il sogno del controllo imperiale della Russia su vaste aree della Turchia, compresi gli stretti del Bosforo e dei Dardanelli, la città di Costantinopoli (Istanbul), Trabzon, così come le città curde e iraniane, e parti dell’Armenia.

La Russia, non attuando la condizione di base si ritirò dalla guerra per volontà dei leader della rivoluzione (bolscevica), che scoppiò nel 1917 questa sotto la guida di Vladimir Lenin. Ciò significa che senza la rivoluzione bolscevica tutte queste regioni sarebbero state annesse all’Impero russo.
Con il progetto Sykes-Picot la regione è stata divisa in due sfere d’influenza: la parte a nord della linea sarebbe finita sotto il controllo francese (Siria e Libano), mentre la parte sud sarebbe stata assoggettata all’egemonia britannica, creando nella zona di sua competenza dei nuovi Stati, l’Iraq e la Transgiordania (cioè la Giordania odierna) con dei confini molto artificiosi [3]. La lingua dell’istruzione scolastica e universitaria in 22 paesi nella regione era l’arabo prima del progetto Sykes-Picot, il quale impose poi il divieto dell’insegnamento dell’arabo e l’obbligo dell’utilizzo delle lingue dei paesi coloniali che amministravano il paese. Bisogna ricordare però che la lingua araba oltre ad essere la lingua di comunicazione delle popolazioni della regione, è anche la lingua della fede.

 

Il Nazionalismo

Una parziale legittimazione alle aspirazioni indipendentiste dei paesi soggetti al dominio europeo era venuta, in fondo, dalle stesse potenze coloniali che, nel corso della Guerra mondiale non avevano esitato ad appoggiare queste aspirazioni ogniqualvolta ciò potesse tornar loro utile per danneggiare gli avversari.

Gli inglesi in particolare avevano giocato spregiudicatamente contro i turchi la carta del nazionalismo arabo, che in quegli anni era ancora un movimento in embrione, legato più al prestigio dei capi tribali che alla spinta delle popolazioni. Nel 1915-16 l’alto commissario britannico per l’Egitto, Mac Mahon, si accordò con uno di questi capi, lo Sceriffo (Sharif) della Mecca Hussein [4], promettendo, in cambio di una collaborazione militare contro l’Impero ottomano, l’appoggio del suo governo alla creazione di un grande regno arabo indipendente comprendente l’Arabia, la Mesopotamia e la Siria. Nel 1916 Hussein lanciò le sue truppe beduine in una guerra chiamata “santa” come le guerre combattute dall’Impero Ottomano, due guerre sante dove in realtà, nelle intenzioni delle parti non vi era alcun motivo religioso puro e vero. Lo Sc. Hussein si affiancò alla campagna dell’esercito inglese, infatti il suo consigliere era un agente inglese, il colonnello Thomas Edward Lawrence, (il leggendario, Lawrence d’Arabia), ma le vere intenzioni della Gran Bretagna sul futuro dei territori arabi sottratti all’Impero ottomano erano diverse [5].

L’egemonia britannica sul Medio Oriente era nei suoi ultimi anni di brillo, e piano piano stava ritirando il suo peso militare dopo guerra, trasferendo automaticamente l’impegno imperiale ad un’altra potenza in ascesa, con la quale aveva una sorta di eredità parentale, cioè gli Stati Uniti d’America del Nord, che sostituirà con il tempo una gran parte dell’influenza europea nella regione.

I confini

Si può notare negli anni recenti la prova di ridisegnare questi confini in particolare, con lo sfruttamento del caos. Questo diviene perché quando scade un progetto non ci sarà mai un vuoto. In particolare dopo 101 anni il progetto di Sykes-Picot può essere considerato di già scaduto. Uno dei video più diffusi in Medio Oriente nel 2014, tra le immagini terrificanti di esplosioni e decapitazioni, era un video propagandistico di Daesh, che mostrava un bulldozer che rimuoveva il confine tra Iraq e Siria. Il confine non era altro che un muretto di sabbia che bastava spostare perché fisicamente il confine non esistesse più [6].

Alcuni spazi all’interno della regione erano suddivisi in modo generico e governati in base agli assetti geografici, all’etnia e alla religione, con le famiglie feudali e grandi tribù, ma non esisteva un vero e proprio progetto di uno Stato Nazionale che raggruppasse tutti quanti, tranne il progetto religioso che non guardava le differenze geografiche o etniche: la religione dominante nel Medio Oriente è l’Islam con una maggioranza in tutti gli Stati, e una presenza cristiana significativa in alcuni paesi.

Non bisogna tuttavia pensare che solo gli interessi degli europei o degli americani siano stati applicati in questa regione. La realtà è che ogni attore ha il suo progetto e prova a realizzarlo, utilizzando diversi strumenti di alleanze e altro, quali il progetto sionista, iraniano, saudita, neo-turco, il Grande Kurdistan, il panarabismo, il progetto nazionalista socialista e tanti altri: tutti questi progetti sono raggruppati e pensati su quel preciso luogo del mondo, e il fattore chiave in ogni tipo di alleanza o blocco, sta nell’intersezione degli interessi fra le parti.

Il Potere Religioso

La religione è sacra e nobile, ma questo fa sì che possa essere indirizzata malamente da parte dell’essere umano per affari personali. Il potere religioso è il motore di tanti progetti a livello statale o di certi gruppi, e non è standard per tutte le popolazioni della regione. È giusto dire che non è uguale per tutti gli Stati che hanno il potere religioso effettivo: in alcuni si verifica quel fenomeno in modo diretto, come in Iran, Arabia Saudita, Egitto, mentre in altri in modo indiretto, come in Turchia, Iraq e Tunisia. Il potere religioso non si limita al livello statale bensì tocca il livello individuale, facendo dei capi di gruppi religiosi guide spirituali con obiettivi anche politici. L’elemento essenziale in tanti casi di questi gruppi, è il sostenimento finanziario e morale da un paese dominante nel campo religioso, come nel caso dell’Afghanistan (Wahhabismo, Arabia Saudita), il Libano (Iran, Arabia Saudita), lo Yemen (Iran, Arabia Saudita, scuola locale), il Bahrain (Arabia Saudita con intervento militare), l’Egitto (Autorità locale, Arabia Saudita) e l’Iraq (Autorità locale, Arabia Saudita, Iran).

Per quanto riguarda la teoria dello scontro delle civiltà sollevato da Huntington (secondo cui al mondo esisterebbero otto civiltà tra cui le due principali quella Occidentale e quella Islamica), la regione del Medio Oriente costituisce un lato di quello scontro, ma si tratta di una visione troppo banale e semplificata per poter capire i veri fatti e analizzarli.
Insieme ad arabi e persiani, i turchi sono stati l’etnia che ha maggiormente giocato un ruolo nella storia dell’Islam classico, con lo spostamento del cosiddetto califfato verso Oriente, avvenuto sotto la dinastia degli abbasidi.

Nella neonata Repubblica, che peraltro continuava nel solco centralista e militarista dell’impero cui era succeduta, si produssero riforme di grande significato simbolico, tuttavia lo stato non poté disinteressarsi completamente all’Islam: una direzione degli affari religiosi si occupava di nominare il personale ai più vari livelli e di sorvegliarne l’operato, controllava la pubblicazione e la diffusione del Corano e di manuali e catechismi. Dalla Seconda Guerra Mondiale pur con alterne vicende, le aperture verso la religione si sono fatte costanti e decise; le confraternite e i gruppi dissidenti sono numerosi, ma spesso è lo spirito nazionalista e tradizionalista ad assumere le vesti dell’islamismo radicale, certamente solo fino a che lo stato decide che sia così [9].

L’altra parziale ipotesi sulla sovranità nei territori ex ottomani era stata intanto posta in Palestina. Ma questo, sarà l’argomento della prossima puntata.

 

Note bibliografiche e di approfondimento

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