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Recensione/Il numero di Dio

di Erica Gazzoldi

La sequenza di Fibonacci, il Vaticano, i Vangeli apocrifi, loschi figuri sanguinari e complottanti, la sezione aurea: ci sono tutte le carte in regola per considerarla una sfida a Dan Brown. Vincenzo Di Pietro l’ha lanciata e, a nostro modesto parere, l’ha vinta. Non sul piano delle vendite – almeno per ora – ma su quello dell’impegno intellettuale, dato che lo scrittore si è cimentato con la filosofia, il monachesimo tibetano, la neurologia, la storia, la matematica, la religione, la fisica. Ha lasciato perdere i pentacoli, i tarocchi, il Graal e le “nozze sacre”. Il tutto senza perdere il suo tipico stile “pop”, ironico e crudo allo stesso tempo. Continua, con Il numero di Dio (2013), il sodalizio fra V. Di Pietro e Leone Editore. Per i suoi tipi, il romanziere ha già pubblicato Senza te (2011) e Baraonda! (2012).

Il numero di Dio si allontana (in parte) dall’amatissima scena pescarese, per abbracciare continenti ed epoche distanti fra loro. Comincia tra realtà e leggenda: S. Giorgio combatte contro il “drago” della peste. Poi, un pastore egiziano scopre casualmente antichi testi copti a Nag Hammadi (1945). Il prologo prosegue così, per quadri staccati, che sono altrettante versioni romanzate di episodi reali. È menzionata anche la morte misteriosa di due preti in Città del Vaticano (1999), nonché l’esperimento dell’Istituto di Fisica Nucleare di Roma, che ha scoperto la “particella di Dio” (2008). In seguito, sono presentati i protagonisti fittizi: Loredana Toscano (omaggio dichiarato dell’autore alla moglie) è una ricercatrice esperta in geometria frattale, all’Università Gabriele d’Annunzio di Pescara; Piero Zannini è il responsabile della sezione di chirurgia toracica presso la fondazione San Cetteo di Bergamo. Dusum Khyenpa è l’abate del monastero di Likir, nel Tibet indiano; Don Luigi Maniscalchi ha appena scritto una tesi di laurea in araldica pontificia, e Il dott. Marco Sepi compie ricerche in neuroscienze presso l’Università degli Studi di Siena. Le loro vite si ignorano reciprocamente e sembrano non aver punti in comune. Poi, una trama sanguinaria le unisce. Loredana, Piero, don Luigi e Marco si trasformano in un team di cervelli alla ricerca dell’ultimo frammento del Vangelo di Tommaso: quello che rivelerebbe come sconfiggere malattia e morte.
Il nemico è Francesco Staudacher: ufficialmente, ambizioso azionista del San Cetteo. Ma Staudacher è “solo” un uomo? O è una creatura immane, uscita dalle leggende e dalla filosofia platonica?

Il thriller promette una rivelazione straordinaria, La quale forse è proprio questa: non esiste un “sapere inutile”. Né hanno senso le barriere settoriali fra le discipline, o la trita contrapposizione tra “scienza” e “fede”. I saperi possono e devono collaborare, al di là di epoche e luoghi, per migliorare le condizioni esistenziali dell’uomo. Il potere più grande sta proprio nella vocazione umana alla ricerca della conoscenza in tutte le sue forme. Questo potere è al bivio fra il delirio d’onnipotenza e la missione generosa. V. Di Pietro riesce a dirlo divertendo e appassionando. In sottofondo alle sue pagine, mormora la voce di un Dio che non può essere cercato, ma in cui –al modo dei matematici- ci si imbatte involontariamente.

Vincenzo Di Pietro, Il numero di Dio, (“Mistéria”), Milano, 2013, Leone Editore

@EricaGazzoldi

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