Cultura

Grandi poteri in mano a piccoli uomini

“Fascista”,”Nazista”, “Antisemita”: queste parole non sono nuove per nessuno, a volte lo sono invece le crudeltà strettamente legate ad esse. Crimini contro la pace, crimini di guerra e, per la prima volta nella storia, crimini contro l’umanità: ecco a cosa dovettero rispondere i più spietati gerarchi nazisti il 20 novembre del 1945, nel corso del processo più importante e famoso della storia: il processo di Norimberga. La città, sede della promulgazione delle leggi razziali contro gli ebrei, tra macerie e desolazione, mostrava i segni della recente seconda guerra mondiale e segnava la fine del potere nazista e del suo Führer. Hitler, l’ideatore di una politica basata sulla discriminazione, l’odio e la paura, che avrebbe costituito la testimonianza più rilevante, sfuggì agli Alleati, uccidendosi nel suo bunker insieme all’amante. A rispondere delle sue azioni c’era però un altro uomo, il secondo più potente dopo Hitler: Hermann Wilhelm Göring. 

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Nato il 12 gennaio a Rosenheim, in Baviera, fu comandante capo della Luftwaffe, ministro dell’Aria, primo ministro di Prussia e maresciallo del Reich. Durante il processo verrà definito come “uno dei più accaniti persecutori degli ebrei” e “dopo Hitler, il motore principale del nazismo”. Nonostante l’importanza di questa figura la si ricorderà più ironicamente per come dipinta nel celebre film Il grande dittatore di Charlie Chaplin, appesantito dalle medaglie e schernito anche dalla sua stenografa. Rideranno di lui anche i giornalisti e gli stessi giudici nel corso del processo di Norimberga, quando il suo collega Schacht racconterà che nella sua residenza si presentava “in una specie di toga romana e sandali guarniti di pietre preziose, la faccia dipinta e le labbra rosse”. Proprio lì, nella sua Carinhall, l’enorme villa costruita in ricordo della prima moglie, la bellissima e affascinante Carin Fock von Kantzow, conduceva un’esistenza principesca: cacciava nella sua riserva, circondato da daini, bufali, alci e cavalli selvaggi, si allenava con le armi nella sua palestra sotterranea e giocava con il suo trenino elettrico, costruito in modo da poter essere manovrato dalla poltrona. Treni veri, invece, deportarono milioni di ebrei e “nemici” dello stato tedesco nei campi di concentramento, i Konzentrationslager, ideati dallo stesso Göring. La sua apparente sicurezza durante il processo vacillerà nell’esatto momento in cui nell’aula di Norimberga sarà ricostruita la notte dei lunghi coltelli, ossia la “purga di sangue” scatenata da Hitler il 30 giugno 1934 contro i capi delle SA (Sturmabteilung), ovvero il primo gruppo paramilitare del Partito Nazista. Di quella notte si ricordano scene orribili: uomini venivano strappati dalle loro case o dalle strade e portati a forza nell’abitazione di Göring, dove aspettavano silenziosi e spaventati il giudizio del gerarca nazista. “Sparategli, sparategli!”. E con queste due parole ogni persona lì presente fu uccisa dai cadetti della Landespolizei.

Carinhall, 50. Geburtstag Hermann GöringLa sua disinvoltura crollerà definitivamente quando Jackson, che a Norimberga sostenne l’accusa, affronterà il tema più rilevante, il punto focale del processo, il motivo della morte di più di sei milioni di persone: lo sterminio degli ebrei. La corte, venuta in possesso di un verbale del Consiglio dei ministri del Reich, rinfaccerà a Göring una frase in particolare: “[parlando di gioielli spariti nella notte dei cristalli] Avrei preferito che aveste tolto di mezzo duecento ebrei piuttosto che distruggere valori di quel genere”. Da quel momento, nell’Aula 600 del tribunale, la tensione travolse anche Göring. Ormai persa la sua superbia, non poté far altro che asciugarsi il sudore e borbottare qualche frase. “Non lo pensavo seriamente. Era soltanto un momento di rabbia”.
Il sicuro e sfacciato Göring, il primo ottobre del 1946, poche ore prima della sentenza, ingoiò una capsula di cianuro. Così, quello che fu il secondo uomo più influente del Reich scampò alla sorte dei suoi compagni: l’impiccagione.
Questa è solo una delle 24 terribili storie raccontante nel corso del processo, una fra le centinaia di testimonianze nei processi contro i i crimini di guerra nazisti e solo uno fra i migliaia e migliaia di esempi della crudeltà e della mostruosità di cui era ed è ancora capace un uomo. Dimenticare e ignorare è ciò che alimenta il continuo ripetersi della storia nel nostro presente: in effetti, nulla è più attuale della piccolezza degli uomini al potere.

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