Pavia

La figura femminile ieri e oggi, tra realtà e mitologia

Fin dall’antichità il genere umano è stato cosciente del fascino che avvolge la figura della donna e le ha reso omaggio ad esempio attraverso l’arte figurativa, la letteratura. Basti pensare alla mitologia elaborata e tramandata da popoli antichi come i Greci che hanno fatto della donna un simbolo carico di significati e valori. Nel trascorrere dei secoli il mito femminile ha conosciuto molteplici evoluzioni: da oggetto di venerazione a educatrice della prole; da angelo del focolare a eroina romantica; da moglie sottomessa a lavoratrice emancipata.

L’ uomo del passato temeva che una moglie particolarmente acculturata potesse puntare ad altri obiettivi che la distogliessero dalla sua “mansione” principale: la cura della famiglia e della casa. Non era ancora consapevole di un aspetto insito nella figura femminile e studiato, successivamente, da filosofi e psicologi: l’istinto materno. In altre parole una donna può ambire a qualsiasi obiettivo, ma nulla le permetterà di ridurre l’istinto di dedicarsi al prossimo, sia esso diretto alla prole, o a un legame più distante. L’istinto materno è, infatti, riconosciuto come un fattore rappresentativo della donna stessa. Basta osservare come una qualsiasi bambina si prende cura delle proprie bambole: è una prima forma di dedizione verso il prossimo, in quanto, se da una parte è vero che la bambola è un giocattolo e non una vita umana, dall’altra è facile ricondurre questo comportamento all’imitazione del rapporto concreto tra madre e figli. 

Proprio alla tematica dell’identità femminile è stato dedicato l’incontro svoltosi lo scorso sabato 11 novembre, nel Chiostro della chiesa di San Salvatore, a Pavia,dove  il gruppo parrocchiale guidato da Catia Saronni, ha inaugurato il primo di una serie ricca di eventi, tra cui incontri di riflessione a carattere culturale. Protagonista della giornata è stata Barbarah Guglielmana, poetessa pavese, che ha colto l’occasione per presentare una raccolta di poesie incentrate proprio sul tema dell’istinto materno.

23667468_146401179448756_1562646041_nIl momento di riflessione, mediato dalla professoressa Luciana Girometta, è stato dedicato al confronto tra gli archetipi delle dee greche e le naturali indoli dell’universo femminile dei giorni nostri. Una nota di approfondimento è stata spesa per quanto riguarda le scene cruciali dei racconti legati al rapporto tra la dea Demetra e la figlia Persefone, spiegando il tema, quindi, a partire da radici lontane. Analizzare le differenti sfumature della donna greca raccontate nei miti significa andare a indagare su una personalità ancora “spoglia” dalle influenze che ha acquisito, superando secoli di vicende. Nell’approfondire il concetto di istinto materno, non è sufficiente limitarsi alla definizione cui siamo soliti pensare, vale a dire del forte desiderio che porta una donna di dare alla luce un bambino e successivamente prendersene cura con affetto e dedizione. In realtà, è considerato istinto materno anche quel bisogno di proteggere dal mondo esterno la propria famiglia offrendo così il proprio tempo senza attendere un riscontro economico. Un esempio chiaro e lampante di questo atteggiamento è certamente quello di santa Madre Teresa di Calcutta, la quale è stata definita “nutrice dall’intera comunità mondiale” per la dedizione con cui aiutava il prossimo. “La povertà – come lei stessa afferma in una delle sue frasi più celebri – è non avere amore da offrire”.  Durante la lettura delle poesie, aventi come comune denominatore l’universo femminile e il mito di Demetra e della figlia, si ritrovano tutte le sfaccettature che hanno caratterizzato le diverse fasi della vita della dea: da quella espansiva, in cui è madre prima ancora di Dea, e riversa quel suo profondo affetto sulla figlia e sul mondo intero, a quella regressiva, in cui il dolore acuto nel temere di averla persa per sempre la porta a inasprirsi sempre di più verso la realtà che la circonda, diventando generatrice di male.

L’incontro è giunto quindi alla conclusione con il ricordo della celebre poetessa Alda Merini, la quale amava guardarsi nell’anima, si derideva con sottile ironia, affermando di indagare da anni sul “caso Merini”. Parole aspre, ma che infondono una tenerezza infinita.

L’invito finale rivolto al pubblico prende spunto dall’omonimo imperativo del filosofo illuminista Kant: “Sàpere Aude”, tradotto in “Osa sapere”, non aver timore di scavare dentro di te. Nonostante siano trascorsi tre secoli è lecito prendere in prestito questo suggerimento, specialmente quando si parla della sfera femminile ancora troppo discriminata. L’intensa riflessione è diventata così un’occasione di confronto e autoanalisi tanto del pubblico femminile quanto di quello maschile presente.

Un valore aggiunto all’incontro è stato dato dalla presenza di un gruppo di volonterosi studenti dell’ Istituto professionale Clerici, che hanno preparato per i presenti un gustoso rinfresco a base di prodotti locali, sfruttando le tecniche professionali acquisite durante le lezioni. Il risultato è stata l’unione di tante realtà e generazioni che ha regalato una nuova identità al meraviglioso spazio architettonico il quale, una volta restaurato, potrà inoltre tornare a essere una preziosa meta turistica di epoca longobarda proprio nell’anno in cui a Pavia è stata inaugurata una meravigliosa mostra dedicata a questa parentesi storica del passato della città .

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