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Goliardi e collegiali faccia a faccia

di Erica Gazzoldi

Pavia non è nuova alla disputa su cosa sia Goliardia (spirito universitario ereditato dal filosofo Pietro Abelardo, 1079-1142) e cosa invece sia “goliardia” (semplici manifestazioni di esuberanza/usanze semiserie interne a una ristretta collettività di studenti). La questione si pone soprattutto in relazione ai collegi che hanno invero gerarchie interne, riti d’iniziazione e occasionali manifestazioni pubbliche (travestimenti per le strade, cori contro istituti rivali, questua). La cittadinanza pavese e gli studenti faticano a distinguere tutto ciò dalle attività degli Ordini goliardici.
Il 28 novembre 2013 ha avuto luogo un episodio significativo in questo senso: il Collegio Cairoli si è rivolto agli Ordini cittadini per aver sostegno in una controversia riguardante il “gioco goliardico”. In questo caso si trattava della sottrazione, da parte di un allievo del Collegio Fraccaro, di una feluca (berretto universitario) appartenente a un alunno del Cairoli. Abitualmente questa pratica viene detta “uccellagione” per la somiglianza con un gioco tipico dei goliardi: sottrarre a un altro “fratello” una res goliardica (feluca, mantello, placca, papiro, codicillo, sigillo etc.) con destrezza e/o approfittando d’una distrazione di quest’ultimo. La restituzione avviene dopo confronto dialettico e/o modesto riscatto (vino, sigarette…).

Secondo i “cairolini” le condizioni di cui sopra non sarebbero state rispettate: il berretto sarebbe stato scippato e, per riaverlo, il legittimo proprietario avrebbe dovuto presentarsi vestito da prostituta davanti al Collegio Fraccaro – ciò hanno raccontato agli Ordini i compagni del derubato. Dal canto loro gli Ordini, pur non avendo nulla a che fare coi collegi, hanno accettato di spalleggiare il Cairoli, in difesa della natura arguta (non prevaricatoria) del gioco goliardico. Il Gran Bastone del Cairoli, coi rappresentanti dell’Ordo Clavis Universalis e del Venerabilis Ordo Damae Loggiae (il Sacer Ordo Augustus Regnum Langobardorum non aveva potuto presenziare), ha firmato un papiro recante la definizione di Goliardia:

«Goliardia è cultura e intelligenza. È amore per la libertà e coscienza delle proprie responsabilità sociali davanti alla scuola di oggi e alla professione di domani. È culto dello spirito che genera un particolare modo di intendere la vita alla luce di un’assoluta libertà di critica, senza alcun pregiudizio di fronte ad uomini ed istituti. È infine culto delle antiche tradizioni che portano nel mondo il nome delle nostre libere università di scholari». (Venezia, 6-8 aprile 1946, Primo Convegno dei Principi della Goliardia Italiana).

Il papiro è stato letto ad alta voce davanti al Collegio Fraccaro, attorno alle ore 13:00 del giorno suddetto. La lettura è stata preceduta da cori e frecciate verbali indirizzate ai “fraccarotti”: i ragazzi del Cairoli, al grido di «Diamo loro quel che vogliono!», hanno gettato nel cortile interno dei rivali alcune feluche di carta; gli alunni del Fraccaro hanno risposto portando detto “regalo” davanti all’ingresso del proprio istituto e dando fuoco ai finti berretti. Dopodiché sul falò improvvisato è stata bruciata anche la feluca sottratta al “cairolino”, per sfida. Giova ricordare che tale particolare copricapo rappresenta un universitario in quanto tale e che i goliardi veri e propri considerano la feluca “anima” d’uno studente, nonché propria “bandiera”. Mentre i goliardi e i ragazzi del Cairoli si allontanavano, sono stati bersagliati da uova e secchiate d’acqua, mentre dalle finestre del collegio è stato lanciato anche un cestino di plastica, che è atterrato su un’auto.

L’episodio sicuramente non gioverà all’immagine dei collegi pavesi né a quella degli Ordini locali. Tuttavia ci si augura che a una cosa sia servito: a dare, una buona volta, dimostrazione di cosa non sia Goliardia.
Sarebbe forse ingenuo sperare che ciò basterà a chiarire sempiterni equivoci. Ma, come si suol dire, la speranza è l’ultima a morire.

@EricaGazzoldi

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