Attualità

Editoriale/ Sulle tracce di uno spirito europeo

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

L’Europa esiste. L’Europa ci “chiede”, ci “sanziona”, ci “impone”, ci “regola”. I sorrisi condivisi dai leader europei, il diktat di Sarkozy alla Gran Bretagna di non intervenire nelle vicende dell’Euro, la lettera di Berlusconi con la promessa di riforme, affermazioni contro l’Euro: tutto ciò che in questa settimana è accaduto nella lontana Europa pone un interrogativo fondamentale. Esiste uno spirito europeo? Esiste una comunanza di intenti che sappia andare oltre il regionalismo nazionale, che si tratti di economia, di legge o di cultura?

 

Un parlamento per legiferare, una moneta per scambiare, nessuna dogana a rendere l’Europa come una sola grande nazione. In principio, era la CEE. Era il sogno di un’Europa che nel secondo dopoguerra era determinata a trovare una comunione di resposabilità e di frutti. Era un fervore continentale, che ha saputo eccitare ed unire una Italia alla ricerca di una identità nazionale capitolata insieme al regime.
Uno spirito europeo è certo esistito. Quando Maastricht ’92 spogliò la Comunità Europea dell’aggettivo che era testimonianza della sua stessa origine (“Economica”) , era l’alba di una nuova spinta identitaria coronata da nuovi successi.
Un sogno non è la realtà. Vent’anni dopo la creazione di una vera identità europea è un processo che si è arrestato, un meccanismo i cui ingranaggi scricchiolano, un mercato di speranze e influenze.
La crescita europea degli ultimi anni è stato un assolo di una Germania dominante che ha saputo innestare sul piano europeo un circolo vizioso – certo anche meritorio – tra il proprio peso politico ed il proprio potere economico. Alcune nazioni hanno saputo continuare uno sviluppo nazionale ed europeo indipendentemente dalle altre, in un processo che – al contrario – ha visto molti altri stati piegarsi alle gravose situazioni di difficoltà vissute sul piano interno che, riverberatesi anche in campo europeo, ne hanno ridimensionato i mercati, le mire e l’influenza.
Ognuno ha però condotto le sue battaglie, e ancora le conduce. Siano esse per accrescere la propria competitività in campo comunitario, o che siano per spostare sull’Euro le responsabilità di una recessione, ognuno le combatte da solo e nel proprio unico interesse.
Così oggi la Comunità Europea, senza più “Economica” nel nome, appare al contrario sempre meno spirituale e sempre più solo legata all’economia. L’ascesa dello spirito unitario europeo si è fermato, e con esso anche la coordinata ed unitaria ascesa degli Stati Uniti d’Europa.
Che sia il punto d’arrivo?

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