IntervisteLetteratura

André Aciman nell’era post-Guadagnino

La breve intervista rivolta ad André Aciman, in diretta da New York e condotta da Fabio Geda per il Salone internazionale del libro di Torino, si è concentrata sulle sue opere di maggior successo: Chiamami col tuo nome (2007) – da cui Luca Guadagnino ha tratto l’omonimo film (2017) – e Cercami (2019). Innanzitutto, per introdursi nell’atmosfera torinese, Aciman, dotato di gentilezza e carisma, ha indicato i classici letterari fondamentali per la propria formazione, L’idiota, Il Gattopardo, Memorie di Adriano e l’opera omnia di Proust: pur ammettendo di non amare il romanzo moderno, ha elogiato numerosi romanzieri italiani del Novecento, quali Cassola, Pratolini, Vittorini, di Lampedusa, Moravia, indubbiamente ispiratori di scene e atmosfere dei suoi due successi, di ambientazione proprio italiana. Successivamente, il dialogo con lo scrittore si è sviluppato proprio attorno ai suoi due celebri successi, nell’ottica di presentare al pubblico il più recente.

Chiamami col tuo nome

Aciman spiega come la scrittura sia stata una sua passione sin dall’infanzia e il divenire scrittore un suo obiettivo; l’insegnamento universitario gli ha permesso di poter scrivere, di coltivare l’amata solitudine, che non è l’isolamento, ma quella reclusione necessaria per coltivare un’arte. Dunque ha ideato Chiamami col tuo nome perché, amando l’Italia e non potendo giungervi, avrebbe potuto viverla con la scrittura, costruendola attorno all’immagine di una casa dipinta da Monet.

monet-call-me-by-your-name-cmbynmonet
Il riferimento a Monet, esplicitato dai collage di @cmbynmonet

Aciman non era consapevole di scrivere la storia d’un amore omossessuale; iniziò soltanto con l’idea di una casa in Italia come sfondo. E in principio progettava una qualunque e banale storia d’amore tra ragazzo e ragazza. Ma cercando come soggetti l’inibizione e la difficoltà, credette di indagarle meglio in un rapporto omosessuale, dove solitamente sono più frequenti. L’opera, interrotta e ripresa più volte, presentava il problema di dover raccontare i dettagli del rapporto omoerotico, che inizialmente non volevano essere raccontati, ma come ben sappiamo, finirono per ossessionare e travolgere lo stesso autore e renderlo celebre anche e soprattutto per questi.

Il sequel Cercami

In seguito, la maggior parte dell’intervista dà spazio al sequel Cercami, edito in Italia lo scorso ottobre. Trasportandosi avanti di vent’anni, prosegue le vicende di tre personaggi chiave: Samuel, il padre di Elio, Elio stesso e Oliver.

Aciman racconta come molti, sin dal 2007, lo contattarono chiedendogli di proseguire la vicenda di Chiamami col tuo nome e di come, in effetti, abbia tentato più volte di farlo, senza riuscirvi. Ma un giorno in treno gli si sedette accanto una ragazza di circa trent’anni, con cui iniziò a conversare: nacque l’incipit di Cercami, che alcuni riconosceranno senz’altro. Così, lo scrittore ebbe l’opportunità per sviluppare la figura del padre, alla quale voleva dedicarsi da tempo, dopo averla nobilitata nel libro precedente grazie ad un discorso rivolto ad Elio sull’importanza del dolore formativo. Forse Cercami è stato influenzato dal film di Guadagnino, considerando che il nome del padre, Samuel, presente nel film e non esplicitamente nel primo libro. Aciman ce lo conferma, aggiungendo però di non aver attinto null’altro da Guadagnino, soprattutto non la fisicità dei due attori protagonisti, poiché gli è sempre interessata l’emozione o l’energia d’un personaggio, non il fisico, non il corpo, che non descrive nemmeno. Ma Aciman è davvero sicuro di non descrivere la fisicità, la corporeità e la carnalità?

Dopo aver visto il film, Aciman è certo di ricordarsi le proprie opere o confonde il successo di Guadagnino con il proprio? Avendo aspettato ben dodici anni per scrivere Cercami, è lecito dubitare. Bisogna riconoscere che è solo grazie alla pellicola se è stato reso noto a livello planetario un libro in precedenza semisconosciuto, o quasi di nicchia, esposto nei reparti LGBT delle librerie; probabilmente a torto, considerando le numerose tematiche contenute nell’opera che anche il film (oppure il pubblico) ha deciso di trascurare.

cercami-andré-aciman
La copertina del sequel Cercami

Il titolo originale sarebbe Find me, cioè “Trovami”: allora perché “Cercami”? Aciman risponde riferendosi a una discussione sorta per la traduzione sia francese che italiana, dal momento che in inglese dovrebbe suonare come un: “vieni a cercarmi / vieni a trovarmi”, conterebbe dunque l’invito, il “vieni!”, il “fatti vivo!”. Perciò conclude affermando: “Fatti vivo è il significato vero”. E a quel punto sarebbe stato lecito domandargli perché non intitolarlo Fatti vivo? Ma Find me, nella resa Cercami, riesce a evocare più facilmente un sequel e un’evoluzione dei fatti che vuole accattivare e attrarre: è commercialmente seducente.

Inoltre, il dialogo da cui è tratto il titolo appartiene al capitolo sul padre, tradotto nel testo sempre con molta coerenza “Cercami, trovami”, alludendo alla figura fantasma di Oliver. Per un lettore sorge quindi spontaneo domandarsi perché si decida improvvisamente di riaprire senza motivo in Cercami il rapporto già concluso tra Elio e Oliver in Chiamami col tuo nome, per altro soltanto nelle ultime dieci pagine di Cercami. Per dare ai lettori il finale da loro tanto agognato, un contentino? Infine, l’opera termina ad Alessandria d’Egitto, nella casa del poeta neogreco Kavafis, un luogo comune di cui purtroppo spesso la cultura LGBT abusa. Forse ad Alessandria perché è la città natale dell’autore? Senza crederci troppo, ci piace vederla così.

Altre perplessità

Similmente, nella prima metà di Cercami dedicata a Samuel, questi decide di accompagnare la ragazza conosciuta in treno, di cui si è fulmineamente innamorato, a visitare Villa Albani Torlonia a Roma, non per i più importanti affreschi etruschi conservati dalla Tomba François di Vulci, ma per fotografare un bassorilievo di Antinoo. La riflessione vale sia per Antinoo che per Kavafis: questi due brevi accenni, quasi scontati e ormai prevedibili, per nulla approfonditi e decantati, non calati organicamente nel contesto e nel resto dell’opera, sono dei miseri escamotage commerciali che non fanno altro che alimentare la “cultura-pop” gay, servendosene strumentalmente, sfruttandola per guadagno o successo, checché poi ne dica, al posto di coglierne con sensibilità la potenza e di diffonderne la bellezza, nobilitandola, celebrandola.

affreschi-etruschi-tomba-françois
Affreschi etruschi provenienti dalla Tomba François di Vulci
e conservati presso Villa Albani Torlonia a Roma

Al termine dell’intervista, lo scrittore ci tiene a comunicare come riceva numerosi messaggi in cui i fan gli raccontano, dopo il film di Guadagnino e i suoi libri, di aver iniziato a leggere e ad amare la lettura. Aciman afferma che la lettura ci offre un’altra vita, nuove prospettive, dal momento che “la nostra vita non ci piace”. Lo stesso autore è stato inizialmente presentato dall’intervistatore come creatore di un “modello” giovanile. È proprio vero, ma è drammatico. Infatti, la storia narra il rapporto tra un adolescente e un ventiquattrenne, ma i giovani lettori raccontano ad Aciman che l’amore di Elio non è per loro un amore già vissuto, ma un amore a venire, da vivere ancora, un modello ideale, utopico. Questa è la conferma che la vita non è come la descrive Aciman, e nemmeno le relazioni gay. Aciman, in realtà per merito esclusivamente di Guadagnino, ha fornito concretamente un modello, codificato una mitologia vecchia come il mondo in una fiaba apparentemente nuova, una “Romeo e Giulietta” o una “Cenerentola e il principe azzurro” in versione gay. Al posto di cogliere universalmente una storia di formazione sentimentale e il trauma della fine del primo amore, il pubblico ha decretato il successo di Chiamami col tuo nome, cioè di Guadagnino, uniformandosi e lasciandosi influenzare a macchia d’olio nell’estetica dei profili Instagram, nelle dinamiche e nei ruoli nelle relazioni omoerotiche, nel modo di vestire, nelle soundtrack di molti momenti della vita, in atmosfere, sogni, aspettative e concezioni d’amore.

sufjan-stevens-mystery-of-love-guadagnino
Il disco Call Me by Your Name: Original Motion Picture Soundtrack, colonna sonora del film Chiamami col tuo nome

Le pagine di Aciman rivelano un mondo molto suggestivo, utopico e chimerico, ma un po’ finto, poco verosimile alla realtà dei fatti. Chiamami col tuo nome ha trionfato con una bella favola, irreale, senza che nessuna generazione vi si possa rispecchiare, ma è posta dall’omosessualità come modello agognato. Nelle pagine è come se mancasse sempre qualcosa, forse per l’incoerenza dell’autore, forse per la sua poca chiarezza progettuale: ha confermato più volte di seguire il vento senza aver definito a se stesso sin da subito gli intenti, gli obiettivi comunicativi.

call-me-by-your-name-guadagnino-film-still

La dimostrazione di quanto Chiamami col tuo nome abbia influenzato l’immaginario collettivo si manifesta in alcuni interrogativi posti all’autore: se si possa tornare a essere se stessi dopo essere stati chiamati col nome dell’altro, se si debba soffrire come Elio per percepire come vero un amore, se passione e ossessione confermino un amore e lo rendano vero, se l’amore di Elio e Oliver faccia parte dell’adolescenza o di tutta la vita. Aciman risponde che una volta che si è amato, non si dimentica, non si può tornare indietro ed essere come si era prima; cerchiamo di liberarci dall’ossessione, ma non riusciamo. Bisogna accettare che si può soffrire, e la sofferenza non è da nascondere o rifiutare. Vorremmo evitarla, con un modo o un pretesto per non soffrire troppo. Infine, l’amore si prova a qualsiasi età e allo stesso modo. Il nostro primo amore traccia il modello per tutti i successivi nella vita. L’amore si prova sempre in maniera adolescenziale, l’amore è ossessione travolgente. E, riferendosi a Ovidio, ricorda che se non puoi avere la donna che ami, devi cercare di odiarla. Se non possiamo amare, cerchiamo i difetti, odiamo. Però Samuel invita a non farlo, perché si deve soffrire e imparare a soffrire, poiché ciò ci renderà più ricchi, più sviluppati. Probabilmente Aciman ha citato l’Ovidio dei Remedia amoris, ma forse, dopo quest’intervista e alla luce dei suoi libri, sarebbe stato più coerente evocare qualcosa più “culturalmente popolare”, come suo solito: Odero si potero, si non invitus amabo. Ti odierò se potrò, altrimenti ti amerò mio malgrado[1].

[1] Ovidio, Amores III, 11b, v.3

andré-aciman
André Aciman

Federico Corradi

Federico Corradi è nato a Brescia il 6 gennaio 1999, è cresciuto a Palazzolo sull'Oglio, dove ha conseguito la maturità scientifica. Attualmente studia Lettere Classiche presso l'Università di Pavia.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *