Cultura

3 Voci Libere

Voi che credete di essere potenti grazie al fuoco delle armi, non siete i più forti. Voi che pensate che grazie al terrore potete rendere muto un popolo, vi sbagliate. Esiste una forza in grado di colpire con più efficacia di una pistola, che non sottomette, ma informa. È il potere delle parole.

Il giornalismo è il mezzo grazie al quale i membri di una società, possono attingere alle informazioni riguardo ogni tipo di avvenimento. Ogni giornalista ed ogni redazione, ha il dovere di riportare i fatti in assoluta imparzialità, eclissando il proprio punto di vista e rispettando la realtà degli avvenimenti.  Solo con un utilizzo etico della stampa, la popolazione sarà libera di formulare una propria opinione sulla realtà quotidiana.

L’invenzione della stampa, come ogni grande creazione dell’uomo è  un’arma a doppio taglio. Sono innumerevoli i casi in cui la stampa è stata utilizzata come mezzo persuasivo, col fine di manipolare l’opinione pubblica, conformandola ad un ideale, alterando la verità. In Italia, in epoca fascista la stampa era supervisionata dal Ministero della Cultura Popolare, che forniva alle redazioni le notizie pubblicabili nel rispetto degli ideali fascisti. Tutte le testate che diffondevano contenuti antifascisti furono soppresse e i giornalisti che non rispettavano i criteri imposti dal Ministero radiati dalla professione. Il direttore del “Corriere della Sera” Luigi Albertini, nel 1925, fu costretto ad abbandonare la direzione dopo la pubblicazione di articoli riguardanti l’omicidio di Giacomo Matteotti, il giurista oppositore del regime.

La storia però ci ha fornito tanti esempi di uomini che hanno dedicato la loro vita a scrivere la verità, i loro articoli sono pietre miliari della stampa e le loro firme sono indelebili nel tempo.

Sappi caro lettore, che il mio scopo non è scrivere la storia del giornalismo italiano, per due ragioni fondamentali. Io stesso non la conosco per intero e non credo che tu voglia leggerla in questo articolo. Il mio intento però è far sì che tu conosca chi sono quei grandi redattori che hanno reso nobile questo mestiere, rispettando i criteri d’imparzialità, di correttezza e di devozione verso l’informazione.

 

INDRO MONTANELLI (Fuecchio 22 Aprile 1909, Milano 22 luglio 2001) è stato un giornalista, saggista e commediografo italiano. Si distingueva per il suo stile di scrittura diretto, essenziale, pungente e per la sua determinazione nel praticare con estrema onestà la sua professione. Dopo aver conseguito due lauree, una in Giurisprudenza nel 1930 ed una in Scienze Politiche nel 1932 a Firenze, si trasferì in Francia dove svolse la professione di reporter per la testata “Paris Soir“.

Nel 1935, essendo cresciuto secondo ideali fascisti e favorevole alla politica espansionistica del Duce, si arruolò nel Ventesimo Battaglione Eritreo. L’esperienza in Eritrea fu scritta e pubblicata in un diario, che ottenne ampio consenso dalla critica. Alla fine della guerra, si recò in Spagna come inviato del “Messaggero”, riportando senza peli sulla lingua i lati oscuri del regime fascista. I suoi articoli antifascisti gli costarono l’espulsione dal Partito e il trasferimento forzato a Bottai in Estonia (ex colonia del regime), per dirigere l’Istituto della Cultura Italiana. MontanelliIndro_small

Tornato in Italia, entrò a far parte del “Corriere della Sera”, che divenne per lui una sorta di seconda casa. In concomitanza con lo scoppio della Seconda Guerra mondiale, viaggiò per l’Europa compiendo servizi storici per il giornalismo, tra cui l’intervista ad Adolf Hitler. Nel 1944, fu incarcerato a San Vittone, con l’accusa di antifascismo e venne condannato a morte dai nazisti. Grazie all’aiuto dell’arcivescovo di Milano, riuscì a scampare la morte e ad essere liberato. Tuttavia durante la sua permanenza in carcere scrisse uno dei suoi libri più celebri: Il generale Della Rovere. A causa della conduzione orientata a sinistra del “Corriere della Sera”, Indro si dimise e fondò,  nel 1974, una nuova testata chiamata “Il Giornale nuovo”,  oggi conosciuta come “Il Giornale”.

Durante la stagione delle Brigate Rosse, nel 1977 a Milano, Montanelli fu vittima di un attentato che lo infortunò lievemente alle gambe. Il “Corriere della Sera” si limitò ad un colonna per riportare l’accaduto intitolata: “Gambizzato un giornalista”.

Nel 1979, ” Il Giornale” calò nelle vendite, ma la testata fu rilevata dal politico imprenditore milanese Silvio Berlusconi, che riuscì a salvarne le sorti. Montanelli non condivideva la linea editoriale impostagli da Berlusconi, quindi decise di abbandonare la propria testata per dare vita a “Voce”, espressione di una destra liberale e anticonformista.

Nel 1991, il Presidente della Repubblica Francesco Cossiga gli propose la nomina di Senatore a vita, che Montanelli rifiutò dichiarando che:

« Non è stato un gesto di esibizionismo, ma un modo concreto per dire quello che penso: il giornalista deve tenere il potere a una distanza di sicurezza. Purtroppo, il mio credo è un modello di giornalista assolutamente indipendente che mi impedisce di accettare l’incarico ».

Il direttore del “Corriere della Sera”, Paolo Mieli volle concedergli  il posto di dirigenza, ma Montanelli ormai stanco, all’età di 81 anni  preferì occuparsi della posta dei lettori. Nel 2001 si spense a Milano, ma il mito della sua ostinazione nel perseguire i suoi ideali, rimarrà un esempio per generazioni di giornalisti a venire.

 

ENZO BIAGI(Lizzano 9 Agosto 1920, Milano 6 novembre 2007)

« Ho sempre sognato di fare il giornalista, lo scrissi anche in un tema alle medie: lo immaginavo come un “vendicatore” capace di riparare torti e ingiustizie […] ero convinto che quel mestiere mi avrebbe portato a scoprire il mondo »

Pensando ad Enzo Biagi, non si può non stupirsi della rapidità con cui bruciò le tappe. Da studente liceale determinato nel voler diventare un giornalista, diede vita ad un giornale studentesco chiamato “il Picchio”, di seguito soppresso dal regime fascista. All’età di diciassette anni scrisse il suo primo articolo pubblicato sul quotidiano “Avvenire d’Italia”, per il quale si occupò principalmente di cronaca mondana ed interviste a cantanti lirici. Nel 1940, all’età di 21 anni, venne assunto come professionista, nella testata “Il Resto del Carlino”. ENZO BIAGI: UNA VITA DA GIORNALISTA

Nel 1942 fu chiamato alle armi, ma non partì per il fronte a causa di problemi cardiaci. Tuttavia, essendo oppositore del Fascismo, condivideva i valori del Partito d’Azione per i quali decise di aderire alla Brigata Giustizia e Fedeltà (una delle brigate partigiane). Biagi, ricordò l’esperienza partigiana come uno dei momenti più importanti della sua vita, il suo ruolo era quello di diffondere notizie sul vero andamento della guerra, tramite una testata chiamata “Giornale Partigiano”. Un momento molto significativo fu quando entrò a Bologna con le truppe alleate, annunciando alla radio la notizia della liberazione.

La svolta della sua carriera avvenne nel 1952, quando trasferitosi a Milano, assunse la direzione della rivista settimanale «Epoca», facendola diventare una tra le più vendute d’Italia. Inoltre, nel 1961, iniziò la sua esperienza televisiva alla RAI. Divenne direttore del telegiornale e contemporaneamente conduceva una trasmissione chiamata Dicono di lei, in cui intervistava personaggi famosi, la sua specialità. Oltre a scrivere per le maggiori testate italiane, Enzo Biagi negli anni settanta si dedicò alla scrittura di romanzi di successo, tra cui  Disonora il Padre e realizzando anche dei fumetti come Storie d’Italia a fumetti.

Dal 1991 fino al 2001, Enzo Biagi ha ideato e condotto, una trasmissione all’anno con la RAI, diventando uno tra i più noti volti della televisione italiana. In seguito a controversie con Berlusconi, che lo accusò di non essere equanime, Biagi si allontanò dal piccolo schermo. Ritornò poi nel 2007 con il programma Rotocalco Televisivo.  A causa di problemi cardiaci, Enzo Biagi morì a Milano il 6 Novembre 2007.

Biagi, verrà ricordato per sempre come uno dei più grandi testimoni del ventesimo secolo, avendone intervistato i maggiori protagonisti.

 

Orianna Fallaci (Firenze 29 giugno 1929, Firenze 15 settembre 2006) è stata una giornalista, scrittrice e attivista italiana. Nata in pieno periodo fascista, venne coinvolta dal padre da subito nella Resistenza. All’età di 14 anni, entrò a far parte del movimento resistente clandestino “Giustizia e libertà”, per il quale svolgeva compiti da “staffetta”, trasportando munizioni ai soldati. Nel 1943 ricevette un riconoscimento dall’Esercitò Italiano per il suo attivismo. o-ORIANA-FALLAVCI-facebook

Iniziò poi la Facoltà di medicina, ma la abbandonò presto per dedicarsi interamente al giornalismo, professione che la appassionava da sempre. Cominciò a pubblicare i primi articoli presso il “Mattino dell’Italia centrale”, testata di stampo democristiano.  Successivamente si trasferì a «Epoca», il cui direttore era lo zio Bruno Fallaci, che per non agevolarla le assegnava comunque i compiti più impegnativi.  Nel 1951, partì per Hollywood come inviata dell'”Europeo”,  per il quale si occupò di mondanità e cronaca, riportando i retroscena della vita privata delle celebrità.  Nel 1956 pubblicò il suo primo libro, I sette peccati di Hollywood.

Ritornata dagli Stati Uniti, incontrò Alfredo Pieroni, inviato da Londra per la “Settimana Icom illustrata”. La giovane giornalista s’innamorò e più tardi scoprì di essere incinta, ma abortì spontaneamente rischiando la vita. Quando rincontrò Pieroni a New York, tentò il suicidio, andando in overdose di sonniferi.

Nel 1967, sempre incaricata dall'”Europeo”, partì per il Vietnam per documentare lo svolgersi della guerra. Andò in Indocina dodici volte in sette anni scrivendo degli errori, delle menzogne e dei rari episodi di umanità che caratterizzarono una guerra da lei definita “una sanguinosa follia”.

In seguito a quest’esperienza, nel 1969 pubblicò il romanzo Niente è così sia, aggiudicandosi il Premio Bancarella (prestigioso premio letterario). Nel 1968, anno dei Giochi Olimpici in Messico, fu inviata per un servizio riguardo a una manifestazione studentesca a città del Messico, un episodio che finì in disgrazia dopo che l’esercito sparò scariche di mitra sui manifestanti. Anche la Fallaci fu ferita gravemente e fu portata in obitorio, fortunatamente un prete capì che era ancora viva.

Nel 1969, tornò negli Stati Uniti per assistere alla missione “Apollo11”, il comandante della spedizione Charles Conrad le chiese espressamente consiglio su che parole dire nel momento del primo passo sulla Luna, la Fallaci gli suggerì:

«Sarà stato un piccolo passo per Neil, ma per me è stato proprio lungo».

Durante la sua carriera intervistò personaggi di fama mondiale, tutte raccolte nel libro Intervista con la Storia, in particolare è celebre l’intervista tenuta con Khomeyni, ex leader iraniano. La Fallaci riuscì ad ottenere il permesso d’intervistarlo accettando il compromesso di indossare il chador, il tipico indumento che copre il capo delle donne iraniane. Nel corso dell’intervista la giornalista si scoprì il volto ed apostrofò Khomeyni trattandolo da “tiranno”, causando molto scalpore.

Dopo le vicende dell’undici settembre, furono molto criticati i suoi articoli e libri in cui si dichiarava contro l’Islam, reputando il Corano incline a far scaturire episodi come il disastroso attentato alle Torri Gemelle.  Il 15 settembre del 2006 morì a Firenze, per un cancro al polmone sinistro. Sono innumerevoli le critiche riguardo le sue prese di posizione ma il suo modo di fare giornalismo è stato unico, è stata una combattente che ha  rivendicato la dignità umana ogni volta che è venuta a mancare.

 

Negli ultimi tempi, il principio di libertà di stampa in Italia è quasi calpestato. Secondo la classifica stilata da Reporters Sans Frontieres, l’Italia sarebbe al 77 posto al mondo, per tutela di tale diritto.  L’ importanza della stampa tuttavia è vitale per una società consapevole, che ha diritto ad essere informata, senza essere manipolata. Oggi più che mai abbiamo bisogno di “voci” libere, ecco perché caro lettore ci tengo che tu conosca la storia di  queste”3 voci libere”, la storia di coloro che non sono stati messi a tacere da nessuno.

 

«Con i giornali, a volte c’è disordine; senza di loro, c’è sempre schiavitù.» – Benjamin Constant

 

 

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