Attualità

Il bianco e il nero

di Irene Doda

Per la fine del 2012 si stila purtroppo, ancora una volta, un triste bilancio: quest’anno sono state più di mille le cosiddette “morti bianche”.

Hanno fatto scalpore gli operai morti mentre montavano i palchi per i concerti, ma forse più per l’evento musicale saltato (con grande disappunto dei fan), invece che per il dramma umano e sociale dell’ennesimo caduto sul mestiere. Una notizia che è ormai poco più che cronaca, quella di un ragazzo precipitato da un capannone, privo di assicurazione e di contratto regolare. Si continua a non interrogarsi, si continuano a snocciolare quelle frasi di circostanza “richiamare l’attenzione su questa realtà”, “queste morti non sono più tollerabili”.

Ma oltre a una mancanza di attenzione alla sicurezza, l’orrore delle morti bianche mostra la realtà, così frequente, del lavoro nero.

Scrive Cesare Fiumi su “Sette” che “l’ultimo giorno di vita di un operaio corrisponde sempre più spesso al suo primo giorno di cantiere”. Sempre apprendisti, esordienti, senza contratto dunque. Talvolta nemmeno annoverati ufficialmente tra i deceduti in cantiere.

Bianche le loro morti e la nostra memoria, nero il loro lavoro e la macchia sulla coscienza di una Repubblica, che su di esso si definisce fondata.

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