Cultura

I 150 anni di un’opera “scandalosa”

Un lungo arco di tempo che va dal 1866 al 2016 accompagna le vicende di un’opera d’arte che ha destato molto scandalo negli ultimi tempi.
L’opera in questione è “L’origine del mondo” del pittore francese G. Courbet, esponente del realismo.

Secondo Courbet «la pittura consiste nella rappresentazione di cose che il pittore può vedere e toccare. È un’arte estremante concreta, che può consistere solo nella rappresentazione di oggetti reali e presenti. È un linguaggio affatto fisico».

Courbet si distacca dalle tradizionali tematiche, nella sua arte si caratterizza per l’assenza di idealismo, rivoluzione, cromatismo violento.
L’opera fu commissionata da un privato, il diplomatico turco-egiziano, Khalil-Bey. L’opera per molto tempo rimase in una casa privata, fin quando nel 1995 fu esposta tra le collezioni del Musée d’Orsay.
“L’Origine del mondo” dal momento della sua esposizione pubblica è stata oggetto di varie questioni. Da quando nel 1994 il romanzo “Adorazioni perpetue” di J. Henric lo riproduceva in copertina, a quando nel 2011 un professore francese ha pubblicato tale immagine su Facebook, con la conseguenza di essere rimossa dal social e bloccato il suo profilo.
Ma perché l’opera ha creato tanto scandalo? Si tratta di un’opera d’arte o di un’immagine pornografica che lede quel senso della decenza e del pudore? Insomma cosa scandalizza del famoso quadro?
Una rappresentazione realistica, fredda, del sesso femminile, precisa dal punto di vista anatomico, priva di ogni ingentilimento. Una cera anatomica di una vulva che si potrebbe ritrovare in un museo di storia della medicina. L’assenza di volgarità è data dall’uso dei colori dalle tonalità ambrate e raffinate usate da Courbet. Nudo carnale, ma nessun elemento pornografico.
L’immagine mostra in primo piano una parte del corpo femminile, il pube, ma ciò che la contraddistingue è l’ assenza di un volto, tale da non rendere riconoscibile la persona. In questo modo è lo sguardo dello spettatore a divenire fondamentale. A destare scandalo dell’opera sono l’audacia del punto di vista e il realismo. L’osservatore sembra indagarla da lontano o di nascosto, forse dietro il buco di una serratura. Timore di essere visto, di diventare oggetto dello sguardo altrui, mentre il suo sguardo, nascosto, domina completamente l’immagine vista. Abile la capacità di Courbet di farci interrogare sulla questione dello sguardo.
Dietro il buco della serratura, l’osservatore si scopre voyeur, che tratta il corpo della donna come oggetto di piacere, corpo illuminato, disponibile. Dietro quella porta però sente ad un tratto di poter esser visto ed è lì che nasce quel senso di vergogna. Diventa a sua volta oggetto dello sguardo altrui, come di chi si credeva nascosto e sicuro e improvvisamente si avverte scoperto.

integreL’immagine del quadro, locandina di una mostra dedicata al pittore Gustave Courbet, era stata pubblicata nel 2011 da un professore francese, Frederic Durand-Baissas, sulla sua pagina Facebook. Il social subito decide di sospendere l’account del professore. Le ragioni sono quelle scritte nelle condizioni d’uso di Facebook: il dipinto viola le regole del social riguardo alle nudità. La stessa cosa era capitata al critico d’arte Vittorio Sgarbi, condividendo sul social l’immagine dello stesso dipinto di Courbet poi oscurato da Facebook. L’immagine era stata ritenuta “pornografica” e contraria alle regole di Facebook. Il professore ha ritenuto tale disposizione ingiusta e l’ha considerata un atto di censura e di violazione della libertà di espressione. Adito il tribunale francese, gli avvocati di Facebook hanno ritenuto competente il giudice californiano, stato della sede di Facebook. Nel febbraio 2016 i giudici della Corte d’Appello di Parigi si sono considerati competenti a giudicare la questione. Facebook dovrà risarcire il professore di 20.000 euro e riattivare il suo account. I legali di Facebook, per il momento, non commentano. La corte d’appello di Parigi ritiene inoltre del tutto illegittima la clausola fatta firmare agli utenti, che attribuisce ai soli tribunali californiani la competenza per arbitrare eventuali diatribe con il social network.
Facebook, “gioia del voyeur e paradiso dell’esibizionista”, ha limitato la libertà di espressione tramite la censura di un’opera d’arte realistica e per nulla pornografica, ma che comunque genera scandalo in un mondo virtuale. Il professore ha detto che si tratta di un caso di “libertà di espressione e censura su un social network” e che “Se (Facebook) non riesce a capire la differenza tra un capolavoro e un’immagine pornografica, noi in Francia ci riusciamo”.

Oriana Grasso

studentessa della facoltà di giurisprudenza 5 anno INTERESSI: cultura, storia, benessere.

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