Scienza

Verso l’orizzonte degli eventi: dai buchi neri ai confini del sistema solare

I buchi neri rappresentano regioni di spazio dove la forza di gravità è talmente forte che anche la luce viene catturata al loro interno. La formazione di questi misteriosi oggetti celesti è uno dei possibili scenari che si verificano al termine della vita di una stella e secondo gli astronomi,  avrebbero origine da un fenomeno definito come “collasso gravitazionale”, il quale svolge anche un ruolo di primo piano nella formazione delle strutture principali dell’Universo: ammassi galattici e stellari, stelle e pianeti. Nel caso dell’immagine che è divenuta celebre oramai in tutto il mondo (foto in basso), non abbiamo una semplice formazione di vuoto cosmico nata dal collasso di una stella, ma un “buco nero super massiccio” ovvero un oggetto simile ad un buco nero normale, ma che ha una massa di gran lunga maggiore: circa 7 miliardi di volte quella del nostro sole. (Perugini Emanuele, AGI, 10 Aprile 2019, intervista a Ciriaco Goddi)

Buchi neri tanto massicci si trovano spesso al centro delle galassie e la loro origine è ancora motivo di grande dibattito tra i fisici, anche se quasi tutte le ipotesi si basano sul collasso gravitazionale. A tal proposito, date le sue enormi dimensioni, il buco nero della foto in basso, presente al centro della galassia M87 che si trova a circa 16 megaparsecs (55 milioni di anni luce) di distanza dalla Terra, è stato scelto nel 2017 come oggetto di studi, anche se la pubblicazione del risultato ottenuto è avvenuta solo il 10 Aprile su “Astrophysical Journal Letters” da parte del comitato internazionale che lavorava su questo progetto (Castelvecchi Davide, Nature, 11 Aprile 2019).

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(Orizzonte degli eventi di un buco nero 1  https://eventhorizontelescope.org/)

Nell’immagine, il dettaglio che più sorprende è l’osservazione di una delle caratteristiche più peculiari dei buchi neri: l’orizzonte degli eventi, ovvero la superficie discoidale luminosa che circonda la voragine buia. L’osservazione di questo orizzonte degli eventi potrebbe permettere di confermare la teoria della relatività di Einstein secondo cui la materia attratta all’interno del buco nero, diventa incandescente ed emette luce in parte osservabile con i radiotelescopi.

In pratica questi oggetti sono circondati da materia sotto forma di plasma che in parte viene inghiottita scomparendo nell’orizzonte degli eventi, mentre in altra parte viene espulsa a velocità relativistica (prossima cioè alla velocità della luce) in potentissimi jet di materia, dando vita alla cosiddetta emissione di sincrotrone. La regione brillante che si forma intorno al disco nero è appunto prevista dalla teoria dalla relatività generale di Einstein; l’ombra interna, mai osservata prima, è causata dalla distorsione o curvatura gravitazionale e dalla cattura della luce dall’orizzonte degli eventi (Perugini Emanuele,AGI, 10 Aprile 2019, intervista a Ciriaco Goddi)

Per ottenere un tale livello di risoluzione e di precisione nell’osservazione di questo oggetto si è ricorsi ad una collaborazione nell’Event Horizon Telescope (EHT), ovvero un consorzio internazionale che si serve di una rete di radiotelescopi presenti sul nostro pianeta. Gli strumenti utilizzano una tecnica molto sofisticata chiamata Very Long Baseline Interferometry (VLBI), con cui molte antenne radio indipendenti distanti tra loro migliaia di chilometri possono essere utilizzate in modo sistematico per creare un telescopio “virtuale” che ha come grandezza la distanza tra le antenne.

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(Rete di radiotelescopi EHT https://www.huffingtonpost.it/2019/04/10/state-guardando-per-la-prima-volta-un-buco-nero_a_23709351/)

La bellezza di questi fenomeni risiede non solo nella loro capacità di confermare ipotesi e teorie che vengono seguite e discusse da più di un secolo, ma anche nella sensazione di spaesamento e meraviglia che provoca nelle persone che lo osservano. Infatti, i buchi neri anche se sono oggetti celesti tanto devastanti e distanti restano pur sempre osservabili con l’ausilio di tecniche sofisticate come la VLBI. Questo è il motivo per cui scatenano in noi una sensazione di sublime che proviamo quando ammiriamo uno spettacolo naturale distruttivo eppure lontano in cui percepiamo il pericolo che esso porta con sé senza avere diretta esperienza diretta di esso. La foto ci dimostra che possiamo “spingere il nostro occhio” attraverso regioni lontanissime dell’universo, confermando che l’umanità è capace, quando coopera per un unico obiettivo, di cose straordinarie e mette anche a nudo la nostra vera natura di esseri fragili che vivono in un angolo di paradiso lontano da oggetti così devastanti presenti nell’universo.

Nella storia, ci sono state anche altre immagini provenienti spazio che hanno avuto lo stesso impatto sull’umanità generando aspettative per scoperte future e rivelando quanto sia minuscolo il nostro spazio nell’Universo,  tra queste una delle più significative è la foto scattata nel 1990 dalla sonda Voyager che mostra “un pallido puntino blu”, ovvero il nostro pianeta osservato da una distanza di più di sei miliardi di chilometri, dove mai nessuno oggetto terrestre si era spinto prima di allora.

PaleBlueDot(La Terra vista dalla sonda Voyager 1  https://it.wikipedia.org/wiki/Pale_Blue_Dot)

La foto negli anni ’90 ha suscitato allora gli stessi sentimenti che oggi provoca in noi la scoperta di questo buco nero, mostrandoci come la Terra sia la nostra unica, possibile “casa” nell’immensità dello Spazio. Infatti, anche se nella foto della Voyager non viene mostrato alcun oggetto che ha una forza distruttiva paragonabile a quella del buco nero, l’immagine scatena in noi la stessa sensazione di sublime che proviamo nel vedere il centro della galassia M87. E questo perché ci mostra il nostro pianeta minuscolo, disperso nell’immensità del vuoto, buio e immenso Cosmo che si trova tutto intorno ad esso, facendoci percepire la nostra piccolezza nella vastità dell’Universo.

Foto come quella del buco nero rappresentano un primo passo oltre i confini del nostro microcosmo, confermando teorie fondamentali, come quella di Einstein e rafforzando l’idea che solo se uniti in “una social catena” gli uomini sono capaci di imprese straordinarie come  “vedere” voragini di vuoto cosmico o spedire sonde ai confini del loro sistema di pianeti. Quindi immagini come quella del buco nero non rappresentano solo delle prove scientifiche di eccezionale valore, ma ci fanno sentire, come anche nello scattato della Voyager , parte di qualcosa immensamente più grande: la razza umana.

 

 

 

 

Fonti:

Viola Rita: “Cosa cambia per la scienza dopo la prima foto di un buco nero” Wired, 11 Aprile 2019,  dal sito https://www.wired.it/scienza/spazio/2019/04/11/foto-buco-nero-spiegazione-scienza/

Castelvecchi Davide: “La prima foto di un buco nero”,  Nature, 11 Aprile 2019, dal sito http://www.lescienze.it/news/2019/04/11/news/la_prima_foto_di_un_buco_nero-4366345/

Perugini Emanuele, intervista a Ciriaco Goddi: “Questa è la prima foto di un buco nero”, AGI, 10 Aprile 2019, dal sito https://www.agi.it/estero/foto_buco_nero-5303605/news/2019-04-10/

 

Fonti immagini :

immagine 1 dal sito   https://eventhorizontelescope.org/

immagine 2 dal sito https://www.huffingtonpost.it/2019/04/10/state-guardando-per-la-prima-volta-un-buco-nero_a_23709351/

immagine 3 dal sito https://it.wikipedia.org/wiki/Pale_Blue_Dot

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