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VENERDÌ PROFANO #22 – Il renzian richiamo del “Paperoni del mondo unitevi”

La buona notizia è che Matteo Renzi, a differenza di altri suoi colleghi, pare aver letto l’ultimo saldo migratorio italiano. Da molti anni a questa parte, infatti, non si fa che parlare degli immigrati che arrivano nel nostro paese: i toni apocalittici si sprecano, così come i numeri e le (maldestre) ricette per far fronte a questo fenomeno. Eppure, dati alla mano, il numero dei migranti arrivati su suolo italico è decisamente inferiore rispetto a quello degli emigranti, ovvero alla quota di italiani che – soprattutto giovani, stanchi delle poche opportunità e del precariato gentilmente offertogli – decide di armarsi delle proprie valigie e partire, di andare, insomma, a cercar fortuna all’estero.
La cattiva notizia è che sembra che la Costituzione al Presidente del Consiglio stia un po’ stretta – come le scale canoniche a un jazzista, come uno smoking indossato da un maiale.
Per far fronte alla crisi migratoria (quella vera), il Matteo nazionale (quello che ha letto il saldo migratorio, s’intende) ha deciso di intervenire a suo modo, a metà tra il petaloso e il “paraculo”.
All’articolo 24 bis della nuova Legge di Bilancio si osserva, in questo senso, un trattamento molto speciale da riservarsi ai “paperoni” di tutto il mondo: la tassa, così detta, “acchiappa-ricchi”. Per gli stranieri che decidono di trasferire la propria residenza in Italia è prevista, infatti, la possibilità di pagare una tassa fissa di 100mila euro, a prescindere dal proprio reddito, che viene dunque sottratto alla fiscalità applicata per il resto degli italiani: un’«imposta sostitutiva dell’imposta sui redditi delle persone fisiche calcolata in via forfettaria». Un’imposta, insomma, “fuffettaria”: una paghetta da consegnare allo Stato per un massimo di quindici anni, a prescindere dal reddito del contribuente trasferitosi, che si impegna però a mantenere la propria residenza nello stivale per almeno nove anni. E per la famiglia del “paperone” – per i “paperini”, o i “nonni papero”, dunque – la tassa scende a 25mila euro.
Il reddito medio lordo italiano è inferiore ai 29mila euro; un soggetto che oggi paga 100mila euro di imposte si stima avere un reddito intorno ai 250mila euro, dunque parecchio elevato – si capisce, anche perché l’imposta va pagata in un’unica tranche, annualmente, che l’opzione renziana sarà esercitata soltanto dai più facoltosi, con un reddito ben superiore ai 250mila euro, che però continueranno a pagare come se disponessero di tale somma, pur avendo, ad esempio, o il doppio, o il triplo, o il quadruplo, o più.
All’articolo 53 della Costituzione, tuttavia, si legge che «il sistema tributario italiano è [ispirato a] criteri di progressività, […] in ragione della […] capacità contributiva». Ciò significa – Treccani alla mano – che «un sistema tributario caratterizzato dalla progressività determina […] un depauperamento più che proporzionale nei soggetti dotati di maggior ricchezza e meno che proporzionale nei soggetti più poveri; ciò comporta una redistribuzione della ricchezza stessa»: insomma, i «soggetti che mostrano una maggiore attitudine alla contribuzione», ovvero i più ricchi, sono tenuti a pagare di più, mentre i più poveri devono pagare di meno – è una questione di equità.
Ma non per Matteo Renzi, riformatore della Costituzione, dispensatore di bonus e voucher, abolitore di Equitalia (senza, per altro, che nessuno gli desse del pericoloso populista eversore, come quando a proporlo furono i 5 Stelle un paio d’anni fa, a cui fece poi eco Berlusconi) e autore di una Legge di Bilancio priva di alcun riferimento alla lotta alla povertà nel 2017.
D’altronde, si sa, è meglio aiutare un “paperone” oggi che parlare di povertà domani.
Sarà mica perché Qui, Quo e Qua erano degli scout?

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