Attualità

VENERDÌ PROFANO #16 – PIOVE, GOVERNO RAGGI

A sentir parlare buona parte della politica (Movimento 5 Stelle compreso) e della stampa italiana, sembra che Virginia Raggi si sia materializzata al Campidoglio un paio di mesi fa. Un’apparizione degna della Madonna di Lourdes, uno spawn che nemmeno nel migliore degli sparatutto, magia mistica che neanche un leprecauno alla fine dell’arcobaleno.

Già, perché (direttorio o non direttorio) decidere riguardo le sorti della Capitale e della sua candidatura ai Giochi del 2024 (lo prevede la carta Olimpica che i comuni debbano dare il via libera) è compito di Virginia Raggi e della propria giunta, regolarmente eletta da più del 67% dei cittadini romani che hanno votato al ballottaggio.
Il “no” olimpico della giunta pentastellata era, però, soltanto questione di tempo, considerando che la candidata, in campagna elettorale, aveva definito «criminale» dare la priorità alla questione olimpica nella governance capitolina.
«È da irresponsabili dire sì a questa candidatura – ha dichiarato la Raggi in conferenza stampa – Non abbiamo mai cambiato la nostra posizione, abbiamo solo rafforzato la nostra decisione. Ci viene chiesto di assumerci altri debiti e noi non ce la sentiamo».
Giovanni Malagò, presidente del CONI e del Comitato Roma 2024 si è detto «sereno, ho il senso del giusto. Ora dovranno assumersi le proprie responsabilità. […] I Giochi erano un’opportunità per la città: noi eravamo anche disposti ad indire un referendum. E la nostra credibilità internazionale dove va a finire? Dopo due anni non possiamo tornare indietro. Da parte della Raggi solo alibi, non rispetto nei confronti del nostro mondo. […] Le mangiatoie? Se avete timori gestite voi».
Ma per la sindaca «il referendum sulle Olimpiadi i romani lo hanno già fatto, dato che quasi 800 mila ci hanno scelto alla guida della città. […] Non abbiamo nulla contro le Olimpiadi e lo sport, ma non accettiamo che lo sport venga usato come pretesto per una nuova colata di cemento in città». Inoltre «uno studio dell’Università di Oxford ci dice che le città ospitanti firmano un assegno in bianco. Le Olimpiadi sono un sogno che diventa un incubo» ha motivato Virginia Raggi.
È quella che viene definita – non dai 5-stelle, ma dagli studiosi – “la maledizione del vincitore”: il paese che si aggiudica le Olimpiadi, nella quasi totalità dei casi, si ritrova a spendere più di quanto preventivato, finendo per rimetterci milioni, se non miliardi. I costi olimpici, infatti, sono generalmente molto più elevati rispetto alla stima che ne viene fatta. Le Olimpiadi di Grenoble 1968, ad esempio, hanno visto levitare i costi previsti del 181%, quelle di Montreal 1976 del 720%, quelle di Lake Placid 1980 del 324%, del 266% quelle di Barcellona 1992, del 277% quelle di Lillehammer 1994, 151% per Atlanta 1996, Torino 2006 dell’80% e – l’ultima di cui si hanno dati certi, per Rio si stima un +50% – Sochi 2014 del 90%.
Ma, dichiara Malagò, «noi ci siamo candidati perché sono cambiate le regole del gioco, questo è il punto cardine: Raggi deve saperlo. L’agenda 2020 del Cio prevede impianti temporanei, prevede il coinvolgimento di altre città, prevede lascito… Tanto è vero che il nostro budget è meno di un decimo di quello di Sochi, il Cio ha previsto una riduzione dei costi». «Ci dispiace – si legge sul sito ufficiale del Comitato Roma 2024 – [perché dovremo] raccontare ai nostri figli, con la morte nel cuore, che la nuova classe dirigente che governa Roma non ha il coraggio di assumersi la responsabilità del loro futuro».
I costi extra (e non), tuttavia, non ricadono mai sul CIO – unico ente che storicamente ha sempre, e comunque, tratto un guadagno dall’evento -, ma sugli Stati e sulle metropoli ospitanti (tant’è vero che lo stato di Rio, prima della cerimonia d’apertura, è fallito).
Malagò (forse) dimentica poi che nella ipotizzata spesa iniziale – 5,3 miliardi -, come previsto dall’agenda 2020 dello sport internazionale, possono essere detratte le spese per le infrastrutture logistiche e di trasporto (e per capire le difficoltà romane in quest’ultimo settore basta comprarsi un qualsiasi quotidiano nazionale dell’ultimo mese, se non anno, o anni), ovvero la principale fonte di spesa comunale per l’evento. Senza contare che Roma ha un debito che ammonterebbe (il condizionale è d’obbligo, essendo l’esatta cifra sconosciuta) a 13 miliardi o più. Inoltre, nonostante sarebbero state, almeno a parole, olimpiadi low-cost, il comitato Roma 2024, in due anni (di perfetta incertezza su candidatura ed eventuale vittoria) ha già speso circa 15milioni di euro.
La sindaca 5-stelle, alla luce di ciò, ha detto “no”, come fece Mario Monti nel 2012 in merito a Roma 2020: «Non sarebbe responsabile prendere un impegno finanziario che graverebbe in maniera imprevedibile sull’Italia per i prossimi anni» disse l’allora presidente del Consiglio – è bene ricordarlo: l’Italia non ha ancora saldato i debiti di Roma 1960.
Le differenze tra il “no” montiano e quello pentastellato sono principalmente due: da una parte, la situazione economica italiana, che oggi è ben peggiore di quella di quattro anni fa (il debito pubblico è cresciuto di 322miliardi, portandosi dal 127% del Pil al 133%, e la disoccupazione è salita dal 9,3% all’11,5%); dall’altra, PD e grande stampa italiana hanno cambiato idea: quattro anni fa Bersani, Letta, Gentiloni, Rosato e Sassoli, in coro unanime con Corriere della Sera, Stampa, Avvenire e Sole 24 ore, si spellavano le mani a suon di applausi, oggi spellerebbero la Raggi.
Ma Malagò, e di conseguenza lorsignori, non si arrendono. «Siamo amministratori pubblici, soggetti ai controlli del MEF, quindi giuridicamente ed economicamente è evidente che dobbiamo girare l’azione di responsabilità verso gli amministratori che firmeranno quella delibera» che affossa la candidatura; traduzione: il presidente del Coni ha paventato la possibilità che l’amministrazione capitolina possa essere chiamata a rispondere di un possibile danno erariale. Ciò, tuttavia, potrebbe avvenire soltanto nel caso si dimostri che Roma sarebbe stata, certamente, scelta come sede delle Olimpiadi del 2024, cosa indimostrabile.
La Raggi, dunque, ricapitolando, è colpevole 1) di aver mantenuto la parola data in campagna elettorale, indiscutibilmente vinta anche grazie a tale promessa; 2) di aver operato una scelta basata su innumerevoli studi e su una logica che quattro anni fa veniva abbracciata dalla maggior parte della stampa e della politica italiana, ma che oggi, non si sa per quale motivo, sembra non andar più bene; 3) di aver evitato un possibile buco (nell’acqua) che, di fatto, avrebbe potuto affossare Roma (già indebitata e in difficoltà, ben prima, e non a causa, dell’arrivo dei 5-stelle), o che, in ogni caso, l’avrebbe ulteriormente esposta alla morsa di palazzinari e speculatori.
Colpevole, senza nemmeno sapere se di “reato” si sarebbe trattato, visto che Parigi e Los Angeles partivano in vantaggio rispetto a Roma e che l’approdo delle Olimpiadi nella capitale era tutt’altro che scontato.
Ma, d’altronde, che volete, se domani piove, già lo sapete di chi è la colpa, no?

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *