“L’onda” e il mondo fluttuante

22 settembre 2016 e 29 gennaio 2017: sono queste le date da ricordare, entro le quali potrete ammirare oltre 200 opere di Hokusai, Hiroshige e Utamaro: i più celebri esponenti dello stile Ukiyo-e. Palazzo Reale a Milano diventerà un portale spazio-temporale che vi condurrà in un altro luogo e in un’altra epoca.

Katsushika Hokusai (1760-1849) fu un pittore e incisore giapponese dell’epoca Meiji, esponente per eccellenza dello stile Ukiyo-e. Un nome che spesso sfugge alla memoria di noi occidentali, ma che di fronte ad un’opera da lui realizzata subito lo riportiamo a noi, un solo sguardo e sappiamo esattamente che si tratta di lui. La grande onda di Kanagawa è il suo cavallo di battaglia, talmente famosa da non aver nulla da invidiare ad opere di artisti con nomi celeberrimi, come Van Gogh, Munch o Picasso . Famosa e inflazionata a tal punto da trovarne una miniatura tra le emoji di WhatsApp. Per qualche inesperto potrà sembrare una brutta fine ridurre un’opera di tale profondità a misera icona emoji; ma, in fondo, attraverso un’analisi più accurata e meno canonica, possiamo renderci conto che è proprio la sua “fine” naturale. Le opere in stile Ukiyo-e (letteralmente “immagini del mondo fluttuante”) nascono con l’intento di essere un’arte popolare, lontana dalle antiche tradizioni, come uno specchio della società da cui hanno origine: una società che cerca di liberarsi dai vincoli feudali a cui è rimasta legata per secoli. In un certo senso possiamo vedere questo stile come un urlo di ribellione contro la gerarchia, un grido a basso costo e di facile riproduzione. Arte alla portata di tutti, idea ripresa successivamente da Warhol. Arte che rema contro l’idea di unicità.

Per creare l’incisione su legno al fine di produrre migliaia di copie, la tela originale è andata distrutta qualche istante dopo che Hokusai ritenne conclusa l’opera. Arte che, nonostante tutto, non perde la sua profondità e il suo scopo. Infatti, guardando L’onda vediamo la furia dell’oceano, la forza degli uomini sulle barche che provano invano a contrastarla; ma vediamo anche il monte Fuji immobile, come il cielo che lo sovrasta. Un’immagine distruttiva e rassicurante nel contempo, tale da poterne quasi sentire il suono. Pare udire l’incertezza della vita, in lontananza il peso del passato e la forza di affrontare il mondo. Ci incoraggia, ci conforta, e trovarlo anche in una banale emoji è la dimostrazione della potenza di questo stile, la forza dell’arte che si gonfia di se stessa, tecnicamente complessa, giungendo naturalmente ad una semplicità apparentemente degradante, ma intrinsecamente convergente rispetto al senso stesso di arte: arte come logica complessa, pregna di concetti articolati, che raggiungono un così alto livello da ritornare a loro, da divenire semplici, piccoli e utili. Popolare, ma non scontato, questo è il mondo fluttuante.

Eugenia Consoli

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