Sport

Strutture Mondiali in Sudafrica: una scommessa vinta

di Stefano Sette

 

Il Campionato mondiale di calcio 2010, oltre ad essere ricordato per l’alto livello tecnico, è passato alla storia come il primo Mondiale giocato in terra africana. Per organizzare al meglio la manifestazione il governo sudafricano ha investito 2 miliardi e mezzo di euro per rimodernare gli stadi e le aree circostanti, 19 miliardi e mezzo per ristrutturare gli aeroporti e 13 miliardi per sviluppare i trasporti.
Per rispettare i parametri imposti dalla FIFA sono stati ristrutturati cinque dei dieci impianti scelti per disputare le partite (il Soccer City Stadium e lo Ellis Park Stadium di Johannesburg, il Free State Stadium di Bloemfontein, il Loftus Versfeld Stadium di Pretoria e il Royal Bafokeng Stadium di Rustenburg), mentre i rimanenti cinque (il Green Point Stadium di Città del Capo, il Mbombela Stadium di Nelspruit, il Moses Mabhida Stadium di Durban, il Nelson Mandela Bay Stadium di Port Elizabeth e il Peter Mokaba Stadium di Polokwane) sono stati inaugurati tra il 2009 e il 2010.
Nella primavera del 2009 erano sorte le prime perplessità sui nuovi impianti, dato che alcune strutture (come quella di Città del Capo e quella di Nelspruit) erano situate fuori città: arrivarci con i mezzi di trasporto si sarebbe presto dimostrato più che complicato.
Altre discussioni erano emerse riguardo all’utilizzo degli stadi dopo il Mondiale, in quanto si correva il rischio che molti di essi (costati più di due miliardi di euro tra ristrutturazioni e costruzioni ex nove) venissero abbandonati e lasciati inutilizzati. C’era il rischio che il Sudafrica commettesse gli errori fatti dall’Italia in occasione del Mondiale 1990, in cui furono spesi circa 1590 miliardi di lire solo per ristrutturare dieci stadi e costruirne due nuovi (il Delle Alpi di Torino e il San Nicola di Bari), che vennero poco usati in seguito e che dopo meno di dieci anni erano già considerati antiquati (a differenza di quelli utilizzati per USA ‘94, Francia ‘98, Corea-Giappone ‘02 e Germania ‘06).
Per non parlare dei miliardi spesi in Italia per strutture alberghiere mai terminate, che ci sono costate perfino 24 morti tra il 1986 e il 1990, di cui 7 solo nei cantieri degli stadi.
Per fortuna in Sudafrica non è andata così, anche perché la maggior parte delle strutture vengono oggi utilizzate per le gare di atletica leggera e per gli incontri di rugby, lo sport nazionale del Sudafrica, e sono ad uso polivalente.
L’organizzazione sudafricana ha funzionato anche sul fronte della sicurezza, visto che nei mesi precedenti Al-Qaida aveva minacciato di tramare attentati terroristici contro le principali squadre partecipanti. Sebbene si presentasse alla vigilia come un paese dall’alto tasso di criminalità (tra l’aprile 2008 e il marzo 2009 si sono registrati più di 18000 omicidi, con una media di 49 al giorno), tra giugno e luglio 2010 non si è verificato niente di simile in Sudafrica (tutto merito delle forze dell’ordine e del Ministero dell’Interno), semmai si è registrato qualche furto occasionale nei giorni in cui non si giocavano le partite.
Complessivamente la Coppa del mondo 2010 è stato un torneo riuscito alla perfezione, che ha mostrato a tutto il mondo l’ammirevole capacità organizzativa e la calorosa accoglienza della popolazione sudafricana, che per un mese ha dimenticato le lotte tribali con le altre popolazioni e i contrasti tra bianchi e neri, socialmente ancora presenti nel paese a distanza di vent’anni dalla fine dell’Apartheid. Un buon risultato che fa sperare tutto il continente nero in un futuro non molto lontano, dal momento che il presidente Zuma ha ufficialmente sostenuto la candidatura del proprio paese nell’organizzazione dei Giochi Olimpici 2020.
Dopo aver vinto la scommessa nell’organizzare prima il Mondiale di rugby 1995 e poi il Mondiale di calcio 2010, il popolo sudafricano dei Bafana Bafana è pronto per questa nuova sfida, che in caso di ennesimo successo consentirebbe loro di ottenere la consacrazione nell’elite dello sport mondiale.

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