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Il caso Bosman: ricorrenza di un cambiamento calcistico radicale partito dal basso

di Stefano Sette

Possono gli sportivi professionisti, supermilionari, essere messi sullo stesso piano dei normali lavoratori (docenti, operai etc.)? Secondo le norme europee sì, almeno da 16 anni a questa parte.

La vicenda che ha portato questo verdetto cominciò nell’estate del 1990 e vide come protagonista principale Jean-Marc Bosman, calciatore del Liegi poco conosciuto in ambito internazionale, in scadenza di contratto con la società. Bosman accettò l’offerta dal club francese del Durkenque ma il trasferimento gli fu impedito per due motivi; il primo fu il contenzioso economico che il Durkenque avrebbe dovuto versare al Liegi – nonostante il calciatore fosse tecnicamente libero – , il secondo fu dovuto al fatto che i regolamenti dell’epoca prevedevano il tesseramento di soli 3 stranieri.

Bosman fece causa alla sua società e si aprì un contenzioso giuridico, in cui l’KBVB  (la Federcalcio belga) e l’UEFA sostennero la causa del club. Dopo cinque anni di udienze e di vari giudizi arrivò quello definitivo del 15 dicembre 1995, quando la Corte di Giustizia Europea per i diritti dell’uomo chiuse la vicenda a favore del calciatore belga con una sentenza che per lo sport europeo fu una vera e propria catastrofe – almeno dal punto di vista finanziario: in qualsiasi disciplina di squadra un atleta che era a fine contratto era libero di accasarsi doveva voleva a parametro zero, con la nuova società che doveva pagare lo stipendio ma non il cartellino. Inoltre fu stabilito che il limite di tesseramento degli stranieri – al massimo 3 – violava il Trattato di Roma del 1957, poiché impediva la libera circolazione dei lavoratori. Da quel momento una squadra di calcio poteva anche schierare 11 stranieri, a patto che fossero stranieri comunitari, mentre per quanto riguardava i calciatori di Stati non aderenti all’UE erano ancora previsti limiti di tesseramento, che variavano a seconda delle Federazioni nazionali.

Alcuni esempi italiani pre e post-Bosman si sono verificati tra il 1995 e il 2004; 6 mesi prima che si esprimesse la Corte Europea Roberto Baggio, in scadenza di contratto con la Juventus, passò al Milan e la società rossonera, oltre a pagare lo stipendio del calciatore vicentino, dovette sborsare una decina di miliardi di lire. Nove anni dopo Edgar Davids, rientrato alla Juventus dopo un prestito al Barcellona, era a scadenza di contratto e la società non glielo rinnovò; il centrocampista olandese si svincolò a parametro zero e si accasò all’Inter, che non diede un euro alla vecchia società.

La libera circolazione ha sconvolto l’equilibrio dei campionati nazionali e delle coppe europee. Con l’arrivo di molti stranieri – alcuni campioni e tanti “bidoni” – il divario tra grandi e piccole è aumentato nei principali campionati nazionali – Serie A, Premier League e Primera Division – con alcune eccezioni in Ligue 1 e in Bundesliga. Anche in ambito internazionale la sentenza Bosman ha avuto i suoi effetti, dal momento che clubs come l’Ajax – campione d’Europa e del mondo nel 1995 – e il Paris Saint-Germain – vincitore della Coppa delle Coppe 1995-96 – hanno ceduto i loro migliori talenti alle principali squadre italiane, inglesi e spagnole, provocando un grosso divario tra le Federazioni più ricche – le cui squadre raggiungono quasi sempre le finali europee – e  quelle medie – olandesi, francesi e portoghesi – che al massimo possono sperare di arrivare ai quarti di finale (salvo rare eccezioni come Monaco e Porto nel 2004).

Tuttavia, per uno scherzo del destino, mentre tutti gli atleti professionisti – non solo calciatori ma anche pallavolisti, cestisti  e rugbisti – hanno ricevuto vantaggi dalle nuove norme comunitarie in materia di trasferimento, colui che si era battuto in difesa della categoria fu l’unico ad uscirne penalizzato: dopo il mancato trasferimento in Francia, Bosman militò in società dilettantistiche come il Saint-Quentin, il  Saint-Denis de la Réunion e l’Olympic Charleroi, e successivamente ebbe problemi finanziari, di depressione  e alcoolismo. Nel marzo 2011 ha dichiarato di essersi disintossicato ma ha anche ammesso di vivere in povertà solo grazie a un sussidio statale.

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