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The Square: l’Arte non è un santuario

“Il quadrato è un santuario di fiducia e amore. Al suo interno abbiamo tutti gli stessi diritti e gli stessi doveri.”

Christian è il curatore del museo di arte moderna e contemporanea di Stoccolma. Uno di quelli con cumuli di pietre per terra e scritte al neon alle pareti. Christian è un uomo giusto. Un uomo che si performa giusto. Certo si abbandona ai festini a porte chiuse con il personale, certo non ricorda il nome di tutte le donne con cui va a letto e ammettiamo pure che reagisca con superficiale ferocia al furto di cellulare e portafoglio. Ma, in fin dei conti, chi non l’avrebbe fatto? In fin dei conti, (per il tempo che ha a disposizione) è anche un padre presente, fa la carità ai poveri, tiene discorsi accorati e senza copione (anche se li prova in bagno). Christian è il rappresentante perfetto di un’umanità pacifica e contenuta, di matrice nettamente nordica. E il suo museo ne è una propagazione felice, affezionata: le opere esposte riflettono su un’umanità sì questionata, ma insieme incoraggiata alla fiducia nel prossimo. Esempio principe, il quadrato installato davanti all’ingresso, progetto di un’artista argentina che prevede una sospensione della struttura sociale quotidiana: un santuario, insomma, in cui tutti abbiamo gli stessi diritti e gli stessi doveri.

Nulla di male, si potrebbe dire, anzi. Un’iniziativa meravigliosa, si potrebbe dire. E questo fa dell’amara commedia di Östlund un film da (meritatissima) palma d’oro: non c’è mai nulla di male, nell’universo intellettuale e filantropico (solo d’orientamento) che prende in esame. Eppure la sua impalcatura può cadere, fragorosamente, goffamente, tragicamente, per il solo fatto di essere – appunto- un’impalcatura, una messa in scena della realtà.

Con una regia eccezionale, implacabile, Östlund accompagna il pubblico in un viaggio al limite fra sfottò e nichilismo, insieme complice divertito e spettatore inerme della decostruzione non solo di un uomo ma di un intero sistema etico, intellettuale, esistenziale.

Scandito da una colonna sonora che da Bach arriva fino ai Justice, The Square diventa un museo dell’umanità in posa e uno svelamento del suo retroscena più viscido. Ma Östlund è anche in grado di creare le coordinate di un museo reale, significando ogni opera nel contesto in una ben precisa politica curatoriale. Una politica che predica filantropia, sì, ma con moderazione e contegno. L’arte, più che uno stimolo, diventa un’occasione di mettersi la coscienza a posto. E quando supera il limite, quando sfugge al controllo e da messa in scena diventa realtà (feroce, ingiusta, inopportuna) allora va soppressa. Anche con la violenza.

The Square è un film, è un museo, è un’opera d’arte. The Square è una favola meravigliosa e spietata, per la sua totale mancanza di morale. Anzi, in questo silenzioso, sistematico crollo forse una morale c’è: fosse capitato a noi, saremmo stati dalla parte dei cattivi.39171_43_TheSquare__AlamodeFilm__2_

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