Attualità

Si-tav, No-tav: militanti “democraticamente” espulsi dai partiti della Val di Susa

di Francesco Iacona

Sulla questione della tratta del Tav Torino-Lione sono stati scritti fiumi di parole. Riguardo alle ragioni della validità dell’opera o dei relativi movimenti di protesta atti a contrastarla si è letto ormai ovunque. E perciò non è di questo che si vuol parlare, ma di un altro argomento, sempre inerente al tema, però. In particolare, l’oggetto di questo articolo è il comportamento di due sezioni locali di partito di due comuni della Val di Susa: uno contrario al Tav e l’altro favorevole.

 

Il primo episodio risale allo scorso aprile quando Ezio Paini, il sindaco del comune valsusino di Giaglione, venne espulso da Rifondazione comunista, partito del quale era tesserato sin dal 1991 (e dal 1963 militava nel Pci). Egli è stato cacciato dal partito d’appartenenza, il quale si è sempre schierato contro l’infrastruttura, non perché fosse favorevole a essa (tutt’altro: era anche lui un No-tav), ma perché aveva fatto sgomberare un presidio No-tav presente nel suo paese, denunciando l’abuso edilizio della baracca in cui esso stanziava. La struttura in questione era situata vicino a una scuola e le mamme dei bambini si erano lamentate della brutta gente che girava nella zona e avevano minacciato di far cambiare scuola ai propri figli («noi facciamo già i salti mortali per coprire le classi» è stato uno dei commenti del sindaco). Paini stesso ha definito quelle persone come «gente che fa davvero paura»; inoltre, Marco Imarisio, il giornalista del Corriere della Sera che il 18 aprile riportò la notizia, scrisse: “In quella baracca ci dorme gente che viene da fuori, anarco-insurrezionalisti di chiara fama che si sono ormai trasferiti a tempo pieno in Val di Susa. Prendono la parola nelle assemblee popolari, si mischiano alla popolazione, e non tutti gradiscono. Anche così si spiega un calo di consensi interno dei No Tav”.

Il segretario provinciale di Rifondazione, Ezio Locatelli, aveva giustificato l’espulsione di Paini con le seguenti parole: «Ogni ordinanza, divieto o provvedimento che possa limitare l’attività del presidio No Tav è incompatibile con l’appartenenza al partito, da sempre schierato con il movimento».

 

Negli scorsi giorni, sempre in Val di Susa, si è verificato un episodio simile, ma nelle file del Partito democratico. La notizia è stata riportata dal Fatto quotidiano il 12 luglio.

In pratica, la sezione del Pd del comune di Avigliana nei giorni scorsi ha espulso quattro suoi membri per non aver sostenuto la lista civica appoggiata proprio dal Pd alle ultime elezioni amministrative. Tale lista civica, capitanata da Aristide Sada, era a favore della Torino-Lione ed era stata appoggiata anche da Udc, Pdl e Socialisti (partiti che in realtà con il Partito democratico hanno poco a che fare…). Inoltre, Carla Mattioli, il sindaco dell’amministrazione uscente, che era legata proprio al Partito democratico e contraria al Tav, è stata nominata assessore all’ambiente della lista civica, contrapposta a quella di Sada, che ha vinto le elezioni (appoggiata da M5S e altri partiti di centro-sinistra).

 

Dopo aver enunciato questi due fatti, è giunto il momento di fare qualche riflessione e di porsi delle domande.

Per quanto riguarda il primo episodio, ci si può chiedere come un uomo di politica democraticamente eletto a sindaco del proprio paese possa essere stato cacciato dal partito nel quale militava da quarantanove anni (contando anche la militanza nel Pci) soltanto per aver fatto il proprio dovere. Ezio Paini non ha fatto altro che prendere dei provvedimenti atti a salvaguardare la tranquillità del comune di cui è sindaco e a tutelare gli interessi dei propri cittadini, su loro esplicita richiesta, peraltro. Ci si chiede anche con quale titolo i forestieri anarco-insurrezionalisti (è il Corriere della Sera a definirli così) che attuavano il presidio abbiano potuto costruire un edificio abusivo e intervenire alle assemblee popolari di un comune che non è il loro. E, infine, ci si domanda con quale vergogna il segretario provinciale di un partito politico possa prendere un tale provvedimento quando un sindaco del medesimo partito ha attuato i provvedimenti previsti dalla legge in un caso in cui la legge era chiaramente stata bypassata.

Il secondo episodio è più complesso. La cosa strana non è tanto il fatto che il Partito democratico del comune di Avigliana abbia deciso di schierarsi a favore del Tav (in Val di Susa ci sono tanti oppositori all’infrastruttura, ma anche tanti altri di opinione diversa), quanto il fatto di avere appoggiato una lista civica insieme a Udc e sopratutto Pdl, ovvero quello che dovrebbe essere il partito avversario e di ideologia completamente opposta; ciò lascia presagire a strane manovre politiche e di potere a livello locale (ma sono solo supposizioni legate a un’alleanza obiettivamente strana, sia chiaro). Anche in questo caso, però, ci si può porre delle domande: è giusto che un partito espella dei suoi membri perché contrari alla linea generale riguardo a un singolo e specifico argomento? O meglio: è giusto che chi ha delle idee diverse venga cacciato? È questa la linea democratica di un partito che l’aggettivo democratico ce l’ha persino nel nome? Vero, Carla Mattioli – una delle persone espulse – è stata nominata assessore nella giunta avversaria vincitrice delle elezioni; ma perché vederci sempre mala fede? Non è possibile che la nuova giunta abbia apprezzato l’operato della Mattioli come sindaco uscente e abbia deciso di avvalersi del contributo di un politico competente?

 

La verità è che ormai la situazione intorno alla Torino-Lione è degenerata, non si tratta più di discutere su pro e contro dell’infrastruttura. Ormai tutta la vicenda legata al Tav è stata strumentalizzata dai politici (sia quelli contro che quelli a favore) per scopi elettivi, di consenso e di propaganda; una questione legata alla costruzione di un’infrastruttura – e che presenta parecchi connotati di tipo locale – è stata politicizzata all’inverosimile. E queste sono le conseguenze: provvedimenti probabilmente leciti dal punto di vista legale, ma discutibili nella forma, attuati da partiti politici (in questo caso locali) guidati da persone rigide e prive di elasticità mentale. Uno contro il Tav (Rifondazione) e uno a favore (il Pd). Entrambi hanno cestinato ogni ipotesi di confronto interno e di rispetto delle opinioni facendo venir meno il diritto di pensarla diversamente e ad agire secondo quanto imposto dal proprio ruolo istituzionale, oltre che i princìpi democratici a cui dovrebbe attenersi qualsiasi partito.

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