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Les garçons sauvages: quando il Sesso incontra la Natura

Direttamente da Parigi, “Le coin français”: la rubrica, di Carlotta Federica Moretti, sul Cinema francese, classico e contemporaneo, che vi svelerà tutto quello che avreste voluto sapere sul Cinema transalpino, e che non avete mai osato chiedere. #5Clicca qui per leggere l’articolo precedente.


Chiudete gli occhi per alcuni minuti. Immaginate un film: uno di quelli violenti, erotici, che si focalizzi sull’identità sessuale e sull’adolescenza. Immaginatelo folle. Immaginatelo veemente e provocatorio. Qualsiasi possa essere la vostra idea, anche la più controversa delle vostre più profonde fantasie, non si avvicinerebbe minimamente alla ambiguità della sconvolgente idea che Bertand Mandico ha messo in scena con il suo ultimo film, Les garçons sauvages.

In uno spazio-tempo non ben identificato, una banda di cinque adolescenti dell’alta società compie un atto di atroce violenza sessuale contro una loro insegnante, finendo per ucciderla in modo brutale. Come altrettanto atroce punizione, i giovani criminali sono consegnati nelle mani di un temibile ed inquietante capitano che, con la propria imbarcazione, organizzerà un viaggio che possa portarli ad una redenzione, facendo sì che diventino mansueti esseri viventi. Va da sé che tale rieducazione prevede metodi disumani e disgustosi, che più che aiutarli in questo percorso sembra istigarli ancor più. Il viaggio prevede una tappa finale e dunque i giovani sbarcano su un’isola misteriosa, lussuriosa ed erotica, dove piacere carnale si manifesta e si unisce direttamente con la natura selvaggia di un’isola tropicale. Ma l’isola cela un grande potere, quello di poter compiere la più inconcepibile ed inverosimile delle metamorfosi. Una mattina i ragazzi si sveglieranno e saranno diventati delle giovani donne.

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La pellicola, nonostante sia dotata di un’eccellente potenza grafica, è di difficile accesso facendo sì che la sua comprensione sembri quasi impercettibile. Tuttavia, il film mostra in lontananza il suo nebbioso filo conduttore solo quando lo spettatore decide di allontanarsi da ogni forma di cinematografia a lui conosciuta e riesce ad abbandonarsi anch’egli all’isola misteriosa. Il regista ha spesso dichiarato che l’idea primaria trova le sue radici nella letteratura di viaggio infantile (Jules Vernes, Daniel Defoe) ed allo stesso tempo, nella letteratura di viaggio più complessa ed adulta, come ad esempio nelle opere di William Burroughs e quella Michel Tournier; più precisamente viene reso un palese omaggio all’opera più conosciuta di Tournier, Vendredi ou les limbes du Paciphique (1967), riscrittura fantasmagorica dell’opera di Daniel Defoe. Il regista ha voluto attingere a due fonti appartenenti a due mondi diversi, quello infantile e quello adolescenziale, affinché si potesse ben comprendere il passaggio da una fase all’altra della vita soprattutto per ciò che concerne la scoperta della sessualità. A tal proposito, la scelta di voler far interpretare la parte dei ragazzi selvaggi a delle giovani attrici donne (Anaël Snoek, Vimala Pons, Diane Rouxel, Mathilde Warnier, Pauline Lorillard) è particolarmente geniale: in questo modo lo spettatore resta interdetto. Si delineano deboli contorni circa la sessualità dei protagonisti che a tratti sembrano ragazzi, donne ed infine bambini. Inoltre, la violenza perpetrata dalla banda appare ancora più violenta poiché interpretata da donne che, con magistrale capacità artistica, non esitano e non fanno vacillare l’interpretazione, rendendo il racconto sempre più credibile.

La storia mostra una profondità emotiva completamente folle. Essa abbraccia innumerevoli soggetti quali quelli della violenza e del suo sradicamento (un riferimento ad Arancia Meccanica ed al Cinema di Kubrick in generale), quello dell’identità sessuale, dell’adolescenza, della difficile accettazione di tale del femminismo. È proprio quest’ultimo punto, l’essenza intrinseca del film. L’idea della professoressa Séverine (Elina Löwensohn), il vero capo di questo progetto di rieducazione attuato dal Capitano, è quello di tramutare gli uomini in donne, in modo tale che il mondo possa essere un posto migliore e meno feroce. Ma la trasformazione non cambierà gli animi violenti degli/delle adolescenti mostrando così la fragilità di quell’idea che reputa le donne esseri mansueti e tendenzialmente premurosi e dolci. Sta infatti alla neo-ragazze comportarsi “da donna” e non esserlo in sé per sé. Un concetto provocatorio ma che rende il film estremamente interessante se inquadrato all’interno di tutta un’intera pellicola psichedelica e grottesca.

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La fotografia del film è la ragione principale per il quale quest’ultimo merita di essere visto. Esso alterna una fotografia in bianco e nero, che contrasta i colori naturali della vegetazione incontaminata dell’isola, ed una fotografia colorata, accesa e dinamica sui toni del viola, che funge da puntuazione, sottolineando così le scene di violenza e di sesso. Tecnicamente è un piccolo gioiello cinematografico: prima di tutto è interamente girato su pellicola formato super 16 mm. Inoltre, come dichiarato dal regista, gli effetti speciali sono stati frutto di un’ibridazione tra antico e moderno. Grande uso delle retroproiezioni (ovvero la proiezione un’immagine attraverso uno schermo trasparente) e della sovrimpressione (operazione di fotomontaggio fatta direttamente dalla camera utilizzando più riprese sulla stessa pellicola).  Inoltre come accennato prima, il film strizza l’occhio non solo a Kubrick ma molti altri capolavori del Cinema come Zéro de conduite, di Jean Vigo, Querelle, di Fassbinder, e a tutto il Cinema giapponese di Kaneto Shindō, facendo riferimento ad uno dei suoi più celebri lavori quale Onibaba – Le assassine (1964).

La sessualità è un tema cardine dell’intera pellicola, onnipresente, in ogni ripresa, che porta lo spettatore verso un senso di disgusto inevitabile che però trova la sua dimensione, seppur estremizzata e ossessiva, nel disegno allucinogeno ed allucinante del film. Ma qual è lo scopo di tutto questo? La risposta è ovvia: a niente. Non c’è nessuno scopo se non quello di un’estetica barocca pansessualista e polimorfa. In conclusione, nonostante una struttura narrativa tendenzialmente lineare, il film si presenta complicato, quasi intelligibile: l’autore infatti ci guida verso un’odissea onirica, spirituale e carnale allo stesso tempo. Nessuna frontiera di genere. Nessun limite. È forse questo quello che potrebbe succedere se il desiderio sessuale adolescenziale si potesse incontrare con la Natura.


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