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Legalitante III | Il duro braccio della Legge

Quello che state per leggere è una rielaborazione di una ricerca commissionata da ADOC, un’associazione per la difesa del consumatore, e finanziata dal Ministero del lavoro e delle politiche sociali. È stata svolta analizzando i dati ufficiali, intervistando le parti sociali che si occupano di questi temi quotidianamente e traendo le somme su un fenomeno che sempre di più si rivela essere radicato nel territorio: il caporalato. Ma non solo: in questa rubrica tenterò di affrontare il lavoro irregolare in generale. Il titolo stesso, “legalitante“, vuole dare l’idea di una legalità sfuggente, quasi latitante.


Le forze dell’ordine sono sempre più attive nel contrasto al caporalato che spesso intreccia le proprie trame con mille altre illiceità. Un esempio lampante è quello dell’operazione Sardinia Job della Guardia di Finanza, la quale ha fatto emergere un sodalizio criminale operante nel nord Italia nella gestione di appalti illeciti di manodopera in settori quali il manifatturiero. Partendo da ricerche su alcuni reati finanziari, le Fiamme Gialle sono risalite a 13 società fittizie, con sede a Sassari, che fornivano manodopera ad altre aziende nel settentrione, soprattutto nelle province di Venezia, Brescia, Padova, Treviso, Bergamo, Vicenza, Pavia, Milano e Modena. 59 i carnefici individuati e migliaia i lavoratori sfruttati, sia italiani che stranieri.

Un’ulteriore conferma è arrivata nell’estate 2018 con l’arresto di 12 persone accusate di caporalato. I dipendenti/vittime riportano un quadro drammatico. Turni di 12 ore, straordinari che arrivano alle 200 ore mensili e che spesso non vengono calcolati in busta; paga oraria che ammontava a 7 euro, contratti rinnovati di mese in mese; addirittura qualcuno racconta di rinnovi settimanali. Stiamo qui parlando del caso della Ceva Logistics di Stradella, un polo logistico tra i più grandi d’Europa e dove arrivano molti libri e giornali pronti per lo smistamento nel settentrione. I dipendenti parlano di 10mila libri per turno, sforzo che porta – secondo le testimonianze – alla perdita di chili su chili e a forti dolori a gambe e braccia. La situazione sembrava essere migliorata con l’arrivo dei sindacati nel 2016 – riporta una lavoratrice – ma il GIP due anni più tardi emette 12 mandati d’arresto per i reati di associazione a delinquere finalizzata alla frode fiscale, all’intermediazione illecita di manodopera ed allo sfruttamento del lavoro approfittando dello stato di bisogno dei lavoratori. Dalle indagini emerge poi che non solo le retribuzioni non erano in linea con quanto previsto dai contratti nazionali e/o territoriali, ma addirittura gli operai dovevano dare parte dello stipendio ai loro caporali. Si parla di un’evasione fiscale pari a 5,8 milioni di euro a cui vanno aggiunti i 9.2 milioni di euro di contributi non pagati ai dipendenti. A capo di tutto ciò vi erano 40 diverse aziende che in realtà appartengono tutte, attraverso schemi societari, ad un gruppo ristretto di persone, sostanzialmente quelle arrestate. Il sistema cade nel ridicolo e nel tragicomico quando emerge il fatto che i lavoratori erano schedati e valutati tramite un sistema di emoticon in cui un sorriso significava “disponibile a tutto”, mentre il pollice verso o la faccina arrabbiata veniva usata per chi chiedeva i propri soldi per gli straordinari o chi faceva “solo” le 8 ore previste dal contratto. Lapalissiane le conseguenze: «Se ti sta bene è così, altrimenti te ne puoi andare».

L’Operazione Negotium della Guardia di Finanza era già partita nell’aprile 2017 con controlli al polo logistico. Dai primi rilevamenti emerse la presenza di un’azienda interinale con sede in Romania che selezionava i candidati per conto delle 40 aziende operanti nella Ceva. Queste ultime, come già detto, facevano capo ai 12 arrestati a cui si è risaliti grazie alle testimonianze dei 300 lavoratori che hanno denunciato e contribuito a ricostruire questo sistema criminale.

Questi dati freschi d’anno vengono confermati da quelli degli anni passati; basta andare indietro di due anni, al 2016, per risalire ad altri casi nel pavese, come riportato dal Corriere della Sera il 7 ottobre. Già allora, con la Legge 199/2016 appena sfornata, i controlli cominciarono ad intensificarsi e i risultati non tardarono ad arrivare. 97 imprese impegnate nella vendemmia nell’Oltrepò pavese furono soggette a controlli, per un totale di 497 lavoratori coinvolti, di cui 76 irregolari, 32 dei quali completamente in nero. 22 le società non a norma costrette a pagare oltre 70 mila euro di sanzioni.  La maggior parte dei lavoratori era straniera e infatti solo due erano italiani. Si riscontrano poi casi in cui alcuni contratti erano effettivamente validi ma per periodi brevi, come quelli portati alla luce dall’ex segretario UILA Giorgio Carra, in cui venivano regolati 10 giorni anche se nella realtà dei fatti il lavoratore operava per mesi. Questo è già un segnale d’allarme ed è interessante notare come il 18% dei lavoratori impiegati in agricoltura, secondo uno studio della UILA, abbia contratti inferiori a dieci giorni.

TUTTE LE PUNTATE DI LEGALITANTE

I – L’identikit del caporale

II – Caporalato, mafie e false cooperative

III – Il duro braccio della Legge

IV – Differenze fra elusione ed evasione fiscale

V – La parentesi morale

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