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L’arte dello scrivere – Suspense e sorpresa [10a puntata]

di Andrea Gobbato

 

Chi ha seguito questa rubrica sulla scrittura creativa sin dall’inizio certamente avrà intuito che sono un grande appassionato della letteratura del mistero e dell’orrore. Stephen King, H. P. Lovecraft, Edgar Allan Poe, Clive Barker, Richard Matheson sono solo alcuni dei miei autori preferiti.

Ciò che più mi attrae e mi piace di queste opere è la loro capacità di sconvolgere il lettore, di fargli provare sensazioni intense andando a scavare all’interno della sua anima, delle sue emozioni. Tanto per citare King, uno dei maggiori esponenti contemporanei della narrativa dell’orrore e del mistero: « A me interessa che i miei lettori provino emozioni forti leggendo i miei libri. Se poi, quando vanno a dormire, hanno paura che ci sia qualcosa sotto il loro letto, tanto meglio».

Alla base di tutto ciò stanno la sorpresa e la suspense, due tecniche narrative fondamentali che governano questo genere letterario. Spesso però accade che esse vengano confuse l’una con l’altra o, ancora peggio, si pensa che si tratti della medesima cosa. Niente affatto, perché supance e sorpresa non sono intercambiabili ed entrambe hanno la loro specifica funzione all’interno del testo.

La sorpresa non ha bisogno di una lunga presentazione, visto che già il nome stesso è sufficiente a descriverla: si tratta di un qualcosa che sorprende il lettore, qualcosa che lo spiazza. Facciamo un esempio: una coppietta si è appartata fuori città, in piena campagna. È notte fonda, la luce delle stelle è velata dalle nubi. I due giovani sono dentro l’automobile che si scambiano effusioni quando qualcuno sbuca dalle ombre, spacca il finestrino con un colpo di chiave inglese ed afferra la ragazza per i capelli infilando un braccio nell’abitacolo. Qua il lettore subisce uno shock: egli scopre contemporaneamente ai personaggi che il luogo in cui avevano deciso di andare a cercare un po’ di intimità non è per niente un posto tranquillo.

Passiamo ora alla suspense. Prendiamo ancora la coppietta di prima, chiusa in macchia in mezzo al nulla. Il narratore ci descrive la stessa scena di prima ma da un’altra angolazione, attraverso gli occhi di un altro personaggio: qualcuno, non sappiamo chi, sta fissando l’automobile, nascosto tra i cespugli. Lentamente, senza fare rumore, inizia ad avvicinarsi, stringendo qualcosa di pesante e metallico nel pugno destro.

Il lettore ha una visione della scena completamente differente rispetto a prima, tutto è visto sotto una luce diversa: sa qualcosa che i personaggi ignorano, che c’è qualcuno celato tra le ombre che li osserva, qualcuno che probabilmente non ha buone intenzioni. Chi, trovandosi di fronte ad una scena simile, magari all’interno di un film, non ha mai sentito l’impulso di urlare ai protagonisti: «Attenti! È dietro di voi!»? Se così è, allora vuol dire che l’autore ha fatto un ottimo utilizzo della tecnica della suspance (nel mondo cinematografico, Alfred Hitchcock ne era considerato uno dei maggiori maestri).

Abbiamo quindi visto la differenza che intercorre tra la sorpresa e la suspense: la prima serve a lasciare di sasso il lettore, mettendogli davanti agli occhi qualcosa che non si aspetta; la seconda serve invece a tenerlo sulle spine, a generare ansia, a fargli avere il presagio che qualcosa (sovente, qualcosa di brutto) stia per accadere.

Come al solito, mi auguro che leggere questo articolo vi abbia fatto piacere come a me lo ha fatto scriverlo e vi do appuntamento alla prossima settimana con L’arte dello scrivere.

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