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La mente infinita: Noam Chomsky a Pavia

di Claudio Cesarano

“Uso infinito di mezzi finiti” così Noam Chomsky, durante la sua prolusione dal titolo “Language and Limits of Understanding”, definisce l’istituzione fondamentale dell’essere umano, base per tutte le altre istituzioni: il linguaggio. La preziosa occasione per sentire dal vivo il più influente linguista del Novecento, nonché quello che è stato definito “il più grande intellettuale vivente”, è l’inaugurazione del nuovo anno accademico dello Iuss (Istituto di Studi Superiori) di Pavia che apre al pubblico le porte del Broletto, la nuova sede in Piazza della Vittoria, dopo il completamento dei lavori di restauro. Data l’aula magna stracolma, il cui accesso era permesso solo su invito, si è resa necessaria l’installazione di due schermi nel cortile del Broletto per permettere agli studenti e alla cittadinanza di ascoltare il prezioso contributo dell’intellettuale americano.

Chomsky inizia la sua prolusione definendo il linguaggio come un “mondo impenetrabile” e in una galoppata storica che mescola filosofia, scienza e matematica il linguista ripercorre idee, teorie e scoperte di varie discipline che, a vario titolo, hanno fornito un apporto fondamentale nella decifrazione del “mistero-linguaggio”. Se è vero che una costante degli studi in ambito linguistico è stato il riproporsi continuo dell’idea di “ghost in the machine”, quel qualcosa di indefinibile che fa funzionare il “sistema linguaggio”, Chomsky va oltre, riportando l’aspetto creativo del linguaggio al centro dell’attenzione e proponendolo addirittura come meccanismo principale di creazione del linguaggio stesso. Il lavoro di Chomsky ha, inoltre, avuto il merito di abbattere le barriere tra umanistico e scientifico: grossa parte della sua ricerca è stata infatti vitale per lo sviluppo delle neuroscienze e degli studi per la programmazione di intelligenze artificiali e programmi di traduzione automatica.

Quella molteplicità e variabilità che troviamo nel linguaggio sono pienamente impersonate da Chomsky stesso: non soltanto linguista e filosofo ma anche storico e politologo, conosciuto da molti come il flagellatore del governo e dei media americani da lui accusati di essere esclusivamente degli strumenti di manipolazione.

Chomsky ritorna a Pavia dopo avervi soggiornato negli anni ’90 per un ciclo di conferenze: l’intellettuale si dice contento di aver riconosciuto la stanza che gli è stata assegnata in questi giorni come la stessa stanza avuta vent’anni prima. Una cosa da niente si direbbe. Ma basti considerare l’invito da lui rivolto agli studenti a non sottovalutare lo “stupore per i fatti semplici” per comprendere come alla base del suo lavoro, qualunque sia l’ambito, ci sia soprattutto una forte passione e curiosità per la realtà che lo circonda.

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