Attualità

Piccolo dizionario della crisi

 

di Giovanni Cervi Ciboldi

 

Tutti la chiamano “crisi”. A chi scrive sembra più onesto chiamarla “recessione”.
Comunque la si chiami, tutti ne risentono. E quindi tutti ne parlano. Ma pochi comprendono.
Non è sempre facile capire i termini usati dagli organi di comunicazione, e, a dire il vero, non siamo affatto tenuti a sapere nel dettaglio ogni significato celato dietro i tecnicismi che tanto sono in voga. Ma altrettanto errato è fermarsi alla sola constatazione che ciò che abbiamo appena letto o sentito suona poco rassicurante. Una idea confusa può creare più panico del necessario.
Al di là di qualche ottima iniziativa di qualche quotidiano, le pagine di spiegazione che si trovano sui giornali o sulla rete spiegano spesso i tecnicismi ricorrendo ad altri tecnicismi. Ma avere strumenti per rendere comprensibile la situazione attuale può invece aiutare a rendere prevedibile quella futura. E il primo strumento che abbiamo a disposizione è la nostra conoscenza.
In questo articolo sarete accompagnati in un breve e semplice percorso creato per capire finalmente il significato di tutti quei termini davanti ai quali spesso ci si arrende.D’ora in poi non girate pagina, non cambierete canale e non spegnerete la radio. Perchè qualunque sia la via d’uscita, è meglio arrivarci informati.

 

L’italia è in deficit da quando è nata. Uno stato si trova in “deficit” quando spende più di quanto guadagna. Com’è possibile che qualcuno spenda ciò che non ha? Come accade a tutti, spendendo i soldi che ha ricevuto in prestito. La somma di tutto il denaro che lo stato ha ricevuto in prestito dai cittadini, dalle aziende o dagli altri stati è il debito pubblico (o debito sovrano).
Ma come si prestano soldi allo stato? Comprando una obbligazione: il cittadino compra, per una determinata somma, il diritto alla restituzione di quella stessa somma, più – al fine di stimolare il cittadino a comprare l’obbligazione – un ulteriore guadagno, detto interesse. Tra le obbligazioni che lo stato italiano offre, le più comuni sono i titoli di stato, che sono i Bot, Btp, Cct e altri.
Essendo un prestito, però, lo stato deve ripagare chi gli ha prestato il denaro. Ma, come un qualsiasi individuo, anche lo stato, se guadagna poco, fa fatica a restituire i soldi, diventando un poco affidabile agli occhi di chi gli vuole fare un prestito: e tale affidabilità è misurata dalle Agenzie di rating (Moody’s, Fitch e Standard & Poor’s sono le più famose) con il giudizio di rating, che riguarda quindi possibilità che lo stato restituisca il prestito che gli è stato fatto. Così, “declassare il debito pubblico” significa affermare che lo stato, nella situazione politico-economico attuale, farà più fatica di prima a restituire ciò che deve: lo stato appare quindi meno affidabile, e ciò influenza la compravendita dei suoi titoli del tesoro. La conseguenza è che, se lo stato è meno affidabile, deve aumentare l’interesse delle proprie obbligazioni per far si che i cittadini siano ancora stimolati a fargli un prestito. Il tasso di interesse diventa allora un indice importante: se uno stato è poco solido, infatti, avrà bisogno di promettere un interesse più alto affinchè qualcuno compri le sue obbligazioni. Al contrario, più uno stato è solido, meno alto sarà l’interesse dei suoi titoli: la solidità è già di per sé una garanzia.
Ecco che allora la differenza (spread) tra gli interessi dei vari stati diventa indicativo: l’interesse di un titolo italiano è spesso confrontato con l’interesse del titolo tedesco, il bund, perchè emesso dalla nazione con l’economia più forte. Più il divario tra i titoli italiani e il bund si allarga, più l’Italia si allontana dalla economia europea più forte, e questo è un rischio. E a noi non piace rischiare con il futuro.

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