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Intervista a Lanza-Boschetti

Sì, viaggiare. Ma in bicicletta e per più di 1000 km? Sembra difficile, costoso e molto faticoso. E lo è, non dubitate. Eppure non è impossibile, e l’impresa di Renato Boschetti e Federico Lanza, alla prima esperienza di viaggio sui pedali, lo testimonia. Abbiamo chiesto loro di raccontarci impressioni e ricordi, e di dare anche qualche consiglio a chi volesse provare questo modo meraviglioso di conoscere il mondo.

I due cicloviaggiatori sono stati sponsorizzati da Flandres Love, un’azienda di Brescia che produce materiale tecnico per chi va in bicicletta (anche su Facebook).

Inchiostro – Presentati “in 140 caratteri”!
Renato Boschetti: «Ciao, sono Renato, ho 26 anni, laureato in Relazioni Internazionali e giornalista pubblicista: sogno di diventare un giornalista di viaggio!»

Federico Lanza: «Allora… Sono Federico, ho quasi 20 anni ma ne dimostro di più. Ho sposato da due anni la filosofia del viaggiare lento. Sono disperatamente affascinato dal giornalismo di guerra.»

Presenta l’altro!
«Federico è un aspirante giornalista che ama viaggiare e con la passione per il calcio. È un ragazzo molto istintivo e anche un po’ testardo: solo un pazzo lo sceglierebbe come compagno di viaggio!»

«Lui è Renato, ha non so quanti anni, è di Roma, tifoso milanista. Ha studiato Relazioni Internazionali ma probabilmente andrà a vendere kebab.»

Come vi siete conosciuti?
«Ci siamo conosciuti nell’estate 2012, quando entrambi scrivevamo per Vavel Italia. Abbiamo lavorato insieme per gli Europei di calcio e per tutto l’anno successivo abbiamo continuato a conoscerci tramite Facebook. Subito dopo gli Europei lui è partito per il viaggio post maturità che l’avrebbe riportato a casa dal Portogallo, passando per Spagna e Francia: seguire le sue avventure mi ha fatto venire voglia di partire per un lungo viaggio, uno di quelli che ricordi per tutta la vita.»

«Ci siamo conosciuti un paio di anni fa “virtualmente”, scrivevamo di sport sullo stesso web magazine. Poi dopo la maturità ho fatto un viaggio in autostop e lui è morto di invidia. Come continuazione del viaggio precedente avevo pensato di fare un viaggio in bicicletta: inizialmente da solo, poi gliel’ho proposto e si è unito anche lui, senza sapere a che sofferenze stava andando incontro.»

Quando avete deciso di fare questo viaggio?
«Seguendo le sue avventure lungo il suo cammino verso casa, cresceva in me l’ammirazione per questo giovane ragazzo che a soli 18 anni non aveva paura di conoscere il mondo in solitaria. Così, quando lui è tornato in Italia, parlando è saltata fuori l’idea di un nuovo viaggio, forse anche più pazzo ed entusiasmante.»

«Il mese? Circa dicembre.»

Chi ha scelto la destinazione e perché proprio quella?
«Ero d’accordo con la sua volontà di esplorare il mondo pedalando verso oriente. La scelta di Istanbul come destinazione è stata frutto di una lunga elaborazione: inizialmente, sulle ali dell’entusiasmo, pensavamo di arrivare addirittura a Tbilisi o Teheran, ma con più lucidità abbiamo deciso di non forzare troppo, optando per una metropoli dalla grande storia non eccessivamente lontana per due cicloturisti alle prime armi.»

«Io ho scelto la destinazione: il motivo è che mi interesso di Turchia e Medio Oriente dalle proteste di Gezi Park del 2013 ed è stata una conseguenza diretta. Sono voluto passare dalla Bosnia e da Sarajevo perché quest’anno ricorreva il centenario dell’assassinio del duca Francesco Ferdinando, quindi è stato un percorso ragionato e motivato da basi storiche.»

Come vi siete organizzati? (soldi, bagagli ecc.)
«Purtroppo non sono stato di grande aiuto a Federico nell’organizzazione pratica, perché da gennaio fino a tre giorni prima della partenza sono stato occupato con la preparazione al concorso del Ministero Affari Esteri. Alla fine siamo partiti con quattro borse laterali ciascuno montate sui portapacchi, nelle quali abbiamo portato lo stretto necessario: un iPad, un pc, due reflex, una videocamera, libri per la sera prima di andare a dormire. Il vestiario era lo stretto necessario alla “sopravvivenza”, d’altronde avevamo deciso di partire all’avventura!»

«L’organizzazione è stata la cosa più difficile, nel senso che abbiamo fatto praticamente tutto all’ultimo minuto. Ci siamo fatti fare le biciclette su misura da un negozio di Valenza, la mia città, ma abbiamo preparato la bicicletta per il viaggio solamente l’ultima settimana. Su Internet ci sono molti siti dedicati al cicloturismo e per gli attrezzi o l’abbigliamento ci siamo basati su quello. È stato abbastanza facile, ma mi sono comunque portato dietro più cose del necessario. Per i soldi ognuno aveva i propri risparmi, poi mi hanno aiutato un po’ i miei genitori. Per trasportare sull’aereo la bicicletta, che costava 40 €, mi ha aiutato un mio amico Simone Solomita, che ringrazio.»

Quanti km avete fatto insieme?
«Siamo stati inseparabili per oltre 1000 km. il mio ingresso in Turchia è stato tragicomico, avendo bucato due camere d’aria e un copertone lo stesso giorno – ma sono cose che possono capitare quando fuori ci sono 40 gradi all’ombra! Le nostre strade quindi si sono dovute separare il giorno prima di arrivare a Istanbul: troppo rischioso per me percorrere quasi 200 km con un copertone forato e rattoppato.»

«Insieme abbiamo fatto 1000 km, in totale per me sono stati 1235 – 35 solo per arrivare dalla periferia di Istanbul al centro città!»

Quanto avete speso? (sia in termini di soldi sia di fatica, fisica e mentale)
«Per quanto riguarda i soldi, sono partito con lo stretto necessario, cercando di godermi al massimo il viaggio. Alla fine del viaggio posso dire che, in 44 giorni, con 1000 € mi sono goduto veramente tutto e tolto anche numerosi sfizi. Dal punto di vista fisico abbiamo speso molte calorie: tornato a casa in molti facevano fatica a riconoscermi!»

«Non mi piace parlare di soldi spesi, ma sicuramente è costato più il pre che il durante. La fatica c’è stata, ma non più di tanta: ho un limite di sopportazione altissimo, e quando arrivavo alla fine della giornata con 120 km nelle gambe stavo addirittura bene ed ero soddisfatto. Come quando riesci a studiare tutto il giorno: alla sera sei soddisfatto, no? Le energie mentali le ho consumate tutte sulle strade dell’Albania e della Turchia, dove il rispetto del ciclista e delle regole stradali non sanno nemmeno cosa sia (in Albania per esempio cercano di superare quello che sta superando). Gli ultimi km per arrivare alla Moschea Blu di Istanbul sono stati devastanti, ma forse ero più emozionato che stanco. Quella sera avevo così tanta adrenalina che mi sono addormentato alle 2 di notte.»

Il momento più difficile?
«Il momento più difficile è stato senza dubbio l’uscita dall’Italia: usciti da Trieste abbiamo optato subito per la via più corta per arrivare a Fiume. Abbiamo capito così che non sempre la strada più corta, in qualsiasi ambito della vita, è la più facile: una salita che sembrava impossibile da superare, un dislivello pazzesco. Piano piano però ce l’abbiamo fatta e abbiamo imparato una bella lezione. Da quel momento in poi, però, devo ammettere che la strada è sempre stata gradevole agli occhi, allo spirito e alle gambe.»

«Sicuramente quando Renato bucava (io non ho mai bucato) ma non ho mai pensato di mollare.»

Il momento più brutto?
«A pochi km da Makarska (Croazia) un furgoncino ha sbandato venendomi addosso e scaraventandomi a terra, mentre eravamo fermi a bordo strada per rinfrescarci. La botta è stata forte, la paura tanta. Per un attimo la tentazione di chiudere in maniera anticipata il viaggio c’è stata, la spalla colpita faceva veramente male. Ma Federico mi è stato vicino e mi ha fatto tornare subito sulla retta via. Sarebbe stato un errore che non mi sarei mai perdonato.»

«Quando Renato ha avuto l’incidente in Croazia poco dopo Spalato. Fortunatamente nulla di grave.»

Ci confessano: «In realtà, il momento più brutto in assoluto è stato quando abbiamo ricevuto la notizia della tragica morte di Giorgio Faraggiana, appresa in un caldo pomeriggio di Salonicco. Ci riempì di dolore. Ex-ricercatore del Politecnico di Torino  e attivista No-Tav, gestiva con la moglie Alma l’ostello “Mi casa es tu casa” a Scutari (Albania). Una persona squisita, dalla grande cultura e intelligenza, amante della natura e delle bellezze che il mondo ci offre in mezzo a tante brutture».

Il momento più divertente?
«Trovare un momento più divertente degli altri è veramente difficile: è stato un viaggio ricco di emozioni. Ricordo con particolare piacere le serate trascorse a Salonicco con un gruppo di ragazzi di varia nazionalità conosciuti in ostello, così come la partita a calcetto fatta l’ultimo giorno a Spalato con Rozario e i suoi amici. Ci siamo veramente divertiti quella sera!»

«Di momenti divertenti ce ne sono stati molti e non mi sento di escluderne nessuno: probabilmente i giorni passati a Spalato con la famiglia di Rozario e le persone fantastiche che abbiamo incontrato in Albania, o a Salonicco. Come non dimenticare però la faccia di mia mamma quando gli ho mostrato il tatuaggio che mi sono fatto a Sarajevo. Impagabile.»

Il momento più bello?
«A pari merito tra il superamento della frontiera in Turchia e l’arrivederci dell’ultima serata trascorsa con la famiglia di Rozario. Da una parte l’incredulità di aver fatto qualcosa di straordinario, la realizzazione di un sogno ad occhi aperti, la consapevolezza di avercela fatta da soli senza una vera esperienza ciclistica alla spalle: avevo le lacrime agli occhi, le stesse dell’ultima sera a Spalato. Federico mi disse, prima di partire, che in viaggio si incontrano tante persone che ti rimangono nel cuore, ma mai mi sarei immaginato di ritrovarmi a piangere per aver salutato una famiglia che nel giro di pochi giorni era diventata veramente una seconda famiglia per noi.»

«Quando mi sono seduto su una panchina di fronte ad Aya Sofia. Lì ho detto: “Cazzo, sono arrivato”. È stato un momento davvero intenso, e la stanchezza e l’emozione mi hanno fatto piangere come un bambino.»

Rifaresti un viaggio in bici? E un viaggio in bici con lui?
«Assolutamente sì, tanto che per il prossimo anno sto organizzando un tour in bicicletta di Irlanda e Irlanda del Nord sulle rotte del Calcio Gaelico, la mia passione. E rifarei un viaggio in bici con lui: questo lungo viaggio ci ha fatto capire quanto io e lui fossimo complementari: lui così impulsivo e istintivo, io riflessivo e calmo. E poi non potrei trovare compagno di viaggio migliore: gli piacciono i luoghi storici e non banali, ricerca sempre la specialità del posto e mai qualcosa di italiano, è un grande motivatore. Fosse per me ripartirei con lui anche subito!»

«Rifarei un viaggio in bici? Sì. Rifarei un viaggio in bici con lui? No. Sono molto pragmatico ed egoista: sto bene da solo.»

A chi consigli un viaggio in bici? A chi lo sconsigli?
«Consiglio un viaggio in bici a chi ha bisogno di trovare o ritrovare se stesso, magari dopo un periodo brutto o stressante. Viaggiare a 20km/h ti rimette in pace con te stesso, ti fa essere tutt’uno con il paesaggio che ti circonda: il viaggio è godimento di ogni attimo, di ogni panorama, di ogni angolo nascosto, cosa che non siamo più abituati a cogliere a causa di questa società sempre più asensoriale. Lo sconsiglio invece a chi cerca sempre e solo la comodità, il divertimento preconfezionato o il tutto e subito: un viaggio in bici è un’esperienza di slow-life, un’esperienza paziente, da assaporare boccone dopo boccone, senza l’ansia di sapere cosa viene dopo, è il piacere di farsi travolgere dagli eventi.»

«Consiglio un viaggio in bici a chi sa di farcela: non si scherza con la bicicletta. Ci vuole una grande determinazione e la testa libera per percorrere così tanti km, che poi alla fine non sono nemmeno tanti se paragonati ad altri viaggi epici sui pedali. Consiglio anche di imparare qualcosa della meccanica di base, ci sono molti libri a riguardo.»

Letture/film consigliati prima di un viaggio?
«Come film senza dubbio consiglio quello che reputo il capolavoro di Ben Stiller, I sogni segreti di Walter Mitty: paesaggi mozzafiato, scenari insoliti, esperienze da brividi. Come libro consiglio invece Lo Hobbit di J.R.R.Tolkien: ti dispone mentalmente al cambiamento. Come dice un vecchio proverbio cinese: “Chi torna da un viaggio non è mai la stessa persona che è partita”.»

«Sicuramente non il trito e ritrito Into the wild. Direi piú documentari, come Cycling home from Siberia di Rob Lilwall, tratto dal libro dello stesso autore. Altri libri non saprei, ma sicuramente qualcosa propedeutico ai Paesi che si attraverseranno.»

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di Stefano Sfondrini e Veronica Di Pietrantonio

 

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