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Natura e bellezza a Misurina, perla tra Cadore e Tirolo

Girano leggende e storie sui laghi delle Dolomiti; alcune particolarmente originali, altre un po’ più scontate. Una delle più affascinanti è quella che racconta la nascita del Lago di Misurina, un piccolo (ma non troppo) lago alpino che si trova al di là del confine del Sud Tirol, nelle dolomiti bellunesi, nel quale si rispecchiano (letteralmente) le Cime di Lavaredo, splendido patrimonio dolomitico protetto dall’Unesco. La leggenda, cantata tra l’altro da Claudio Baglioni in un’omonima canzone del 1975, rivela che il lago sarebbe nato dalle lacrime del Re Sorapis il quale, per una promessa fatta a una fata delle montagne, si trasformò in una montagna (l’attuale gruppo dolomitico del Sorapis) pur di accontentare un desiderio di Misurina, la figlia capricciosa. Proprio mentre il Re iniziò la sua trasformazione in montagna, Misurina cadde e scivolò giù a fondo valle, trovando la morte; il padre, che era ancora parzialmente umano, assistette impotente alla scena incominciando a piangere, sconvolto nel non poter salvare l’unica e tanto amata figlia dalla morte: le lacrime scesero nella conca della vallata sotto il monte Cristallo, formando il lago di Misurina, che da lì assunse una colorazione verdastra, simbolo della speranza del Re che, nonostante ormai fosse divenuto di pietra, continuò ad attendere invano il ritorno della sua piccola amata figliola.

Passare le proprie vacanze (una settimana, nel mio caso) tra Cadore e Tirolo potrebbe causare non poche crisi d’identità. Il senso di appartenenza dei nativi alle due regioni è tanto radicato, quanto impressionante. Basta infatti passare dall’Alto Adige al Veneto, per veder cambiare tutto: l’accento, la cadenza e la lingua dei locali, l’architettura delle case, il cibo nei rifugi, l’abbigliamento tradizionale, i souvenir negli shop, la musica e molto altro. Sempre Dolomiti sono, ma la cultura, transitando lungo i 2 km che collegano Carbonin (che, a dispetto del nome, è ancora comune di Dobbiaco, Tirolo) a Misurina (comune di Auronzo di Cadore, Veneto), cambia completamente.

Certo, trascorrendo le vacanze in questa che sembra una vera e propria zona di confine tra Italia e Austria (perché il Sud Tirol, anche se formalmente si trova in Italia, è Austria a tutti gli effetti) si imparano tante cose. Innanzitutto: mai dire ad un veneto che è tirolese, pena insulti (e bestemmie) gratuiti. Poi, serve una certa predisposizione al poliglottismo. Può capitare (come a me), facendo il giro delle Tre Cime di Lavaredo (quelle montagne famose, tra l’altro, per essere state immortalate anni fa su un wallpaper del desktop per Windows, e recentemente per essere state il luogo di addestramento di Han Solo nell’ultimo spin-off di Star Wars), di entrare senza accorgersene in Sud Tirol, e di dover cercare a fatica una cameriera che parli almeno un discreto italiano (di inglese, neanche l’ombra), tale almeno da riuscire ad ordinare una Sacher e una birra media evitando infelici incomprensioni.

Le tre cime di Lavaredo viste dal Rifugio Locatelli.

Le tre cime di Lavaredo viste dal rifugio Locatelli

In questa zona non ci si può non imbattere nel re di Instagram, il Lago di Braies, medaglia d’oro italiana degli hashtag negli ultimissimi anni. Un fenomeno interessante: quando lo vidi per la prima volta (correva l’anno 1992: non ho memoria di quell’incontro, se non i racconti di mio padre, e qualche vecchia foto scattata ancora su pellicola) non vi erano le orde umane, rigorosamente con smartphone a portata di scatto, che si incontrano oggi, complice il successo social, ma anche la fiction Un passo dal cielo. Non solo: il lago di Braies è raggiungibile facilmente con la macchina, quindi anche il più pigro dei pigri e il più inabile degli inabili riescono ad arrivarci. A differenza, per esempio, del bellissimo e azzurrissimo lago di Sorapis, nelle dolomiti d’Ampezzo, che richiede una passeggiata-brivido lungo il versante del gruppo del Sorapis, ma che come bellezza e colori non ha nulla da invidiare a Braies. Ebbene, la meta è così tanto “instagrammabile” perché, dicono i più, non servono i filtri di Instagram: i colori dell’acqua avrebbero già un filtro naturale che li renderebbe unici. Vero, senza dubbio; ma, come questo, in Alto Adige (o nelle Dolomiti) ve ne sono molti altri, a partire dallo stesso Misurina, fino al vicino lago di Anterselva, in una traversa della Valle Aurina, che tra l’altro nasconde le Cascate di Riva di Tures, le più belle di tutta la zona dolomitica. Ok, la tappa così social non può mancare se ci si trova nei paraggi, ma consiglio vivamente di andare oltre: la Val Pusteria (che collega l’Alto Adige al Tirolo austriaco dell’Ovest e al Cadore) è terra di prati verdi (un po’ come tutto l’Alto Adige) e di vallate laterali più incontaminate rispetto a zone più togate della regione, come la Val di Fassa o la Val Gardena, regalando così scorci da sogno per tutti, famiglie con bambini, giovani o adulti in cerca di pace, esploratori e camminatori, alpinisti, anziani, ma soprattutto anche per coloro che non si lasciano influenzare dal mainstream dei social.

Vista del Lago di Braies al sorgere delle prime luci del mattino.

Vista del Lago Braies al sorgere delle prime luci del mattino

È molto mainstream, certo, ma dice molto al turista-medio sul territorio in cui ci si trova, la biciclettata che porta da San Candido, ultimo comune italiano, a Lienz, piccolo borgo dell’Ost-Tirol, in Austria, tutto contornato di casette colorate, birrerie, negozi di strumenti musicali (vi è originaria la famiglia Bach) e konditorei: 44 km in falsopiano, quasi tutti in leggera discesa, attraversando paesini, cascatelle, gole, parchi-gioco per bambini e parchi-avventura per i più grandi, la golosissima fabbrica dei Loaker (proprio i celeberrimi wafer!), boschi e praterie, tutti lungo la Drava, fiume anche italiano, ma che appartiene al bacino idrografico del Danubio. I più atletici (o semplicemente, coloro che ne hanno gambe e voglia) possono compiere il percorso sia all’andata che al ritorno; chi non volesse, può tornare in treno, poiché le carrozze sono dotate di uno spazio apposito, adibito al trasporto delle biciclette. L’esperienza è molto gettonata, ma vale la pena anche solo per capire come funziona il turismo da quelle parti: aldilà di montanari scontrosi, al limite del becero razzismo, o della spesso non molto gradita a-simpatia degli austriaci, il fondo stradale della ciclabile è eccellente, i paesaggi sono mozzafiato (e goderseli da una bicicletta dà sfumature uniche), e la cura di ogni minimo dettaglio nel percorso lascia impressionati noi italiani, ahimè abituati al pressapochismo.

Scorcio del centro di Lienz, Austria.

Scorcio del centro di Lienz, Austria

Da una vacanza sulle Dolomiti tra Tirolo e Cadore si torna a casa senza dubbio pieni di natura: si fanno quelle che Saint Exupery in Cittadella chiama provviste di infinito; ma ci si porta a casa anche un po’ di sano rammarico, soprattutto se si coglie la bravura nella gestione turistica di una terra che ogni estate (e inverno) è meta super-gettonata di migliaia di turisti, ma che, nonostante i numeri, riesce ad arginare con talento ed equilibrio l’orda umana, preservando con maestria (per quanto possibile) natura e bellezza. Rammarico, per tutti quei luoghi (soprattutto) italiani, in cui politica, istituzioni e cittadini non sono riusciti, per negligenze a vari livelli, a preservare questa bellezza. Perché la bellezza è importante, anzi, dall’antica Grecia a Dostoevskij, è ormai chiaro che è la bellezza che (forse) salverà il mondo.

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