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“Il piccolo g.” di Baz Luhrmann. E anche, maledetti, poveri, anni 2000

di Chiara Valli

Ho visto Il grande Gatsby di questo Baz Luhrmann.
In streaming. Sì, in streaming. Perché fotocopio i libri di geografia e tante volte vedo film direttamente dal pc.*
E aveva anche una qualità pessima. E questa cosa mi ha spaventata. Perché se era eccessivamente colorato e abbagliante in streaming su un computer cioè su uno schermo dannatamente ristretto, cosa sarà mai stato al cinema e per giunta in 3D?
Ma in ogni caso.
Ho visto Il grande Gatsby e una domanda, una sola, mi è sorta spontanea: P E R C H É?

Faccio una piccola premessa.
Non starò qui a fare la solita tiritera paragonando il libro al film perché, anche se il novanta per cento delle volte lo scritto è sempre migliore della trasposizione cinematografica, mi rendo conto di quanto si tratti in effetti di due opere completamente diverse, con registri che nulla hanno in comune e con obiettivi probabilmente differenti. Per cui non mi soffermerò più di tanto sul confronto Fitzgerald-Luhrmann.
Nonostante questo, qualcosa a riguardo bisogna pur dirlo.
Prima di tutto, la figura dello psicoterapeuta era strettamente necessaria? No, non lo era.
Così come non lo era il minestrone di Lana Del Rey, Jay-Z, Beyoncé e qualcun altro come colonna sonora.
Non erano appropriate. Erano fuori luogo. Punto.
C’erano troppe piume, troppi ombretti neri, troppi vestiti sfavillanti e troppo poco approfondimento della storia, perché si può anche essere d’accordo sul fatto che non sia il libro più facile da cui trarre un film – e a parte che se dovesse risultare così complesso farlo, non è che sia poi obbligatorio – e ok che rappresenta una sfida. Si apprezza il coraggio, ma poi si ripete che tu, tu caro Baz, hai letto (a questo punto, probabilmente male) Il grande Gatsby e hai deciso, in maniera del tutto irragionevole, di trarne un film. E va bene. Mangi fuochi d’artificio a colazione (e questo l’avevamo capito), ti piace stupire e pensi anche che sia assolutamente indispensabile diffondere la tua
p e r s o n a l e visione del romanzo. Ma tieni conto che il pubblico che si reca a vedere questo tuo capolavoro, chi più chi meno, avrà masticato un po’ l’opera letteraria, e un po’ del Francis Scott vorrà rivederlo sul grande-schermo. Penso io, eh.
Tu hai preso gli anni Venti, i veri anni Venti, e ci hai restituito una festa di collegio A TEMA anni Venti.
Con ragazzine con vestiti troppo grandi, gin lemon annacquati e musica dal gusto discutibile.
A metà tra Come d’Incanto, Fantasia 2000 e il Carnevale di Viareggio.

E qui me lo chiedo, il PERCHÉ, e non rivolgendomi solamente al film.
Perché oggi facciamo questo?
Perché per stupire abbiamo bisogno di tutto questo rumore, e dobbiamo rendere per forza tutto così pacchiano?
Perché fra duecento anni di noi dovrà rimanere questo? Questo ritmo confuso, indistinto di colori accecanti e frasi sorde?
Perché di noi devono restare le Torri di Pomodoro e quell’obrorio con le labbra che è la Fontana Pompidou a Parigi?
Perché?
E perché dobbiamo anche prendere quanto di buono, fine ed elegante, hanno elaborato nel passato e sciuparlo? È una mancanza di rispetto bella e buona.
Coloriamo con pennarelli dalla punta grossa laddove qualcuno prima di noi aveva scritto con la penna stilografica. Non è rielaborazione, e neanche un tentativo di attualizzazione, è solamente da ingrati.
Ed anche parecchio stupido, se posso permettermi.

Ma soprattutto, triste.

*La redazione di Inchiostro si dissocia dall’affermazione: non ruberemmo mai un’auto né una borsa, un televisore o un film. Di certo, non un film come Il grande Gatsby di Luhrmann.

3 pensieri riguardo ““Il piccolo g.” di Baz Luhrmann. E anche, maledetti, poveri, anni 2000

  • Megauploadlibero

    non sono per niente d’accordo: l’intento del regista era dare l’idea di feste esagerate a uno spettatore che lo guarda nel 2013, e per me ce l’ha fatta benissimo! Pur non apprezzando il genere della colonna sonora ho trovato l’idea interessante, almeno un po’ diversa dal solito, coraggiosa…poi qualche pezzo non era tamarro ed era messo al posto giusto (xx, florence,back to black). Le critiche che muoverei a un film del genere partirebbero dall’ecessivo uso della CG, andrebbero a un finale davvero lento e pesante e si fermerebbero su uno scialbo DiCaprio e un inespressivo Maguire. Le feste, il chiasso e la musica lasciano lo spettatore confuso e disorientato, ed è così che devono essere. Apprezzo la sincerità nel dire di averlo visto a qualità scarsa però mi chiedo come puoi poi giudicare un film nella sua interezza, metà della fotografia e un bel po’ di dettagli te li sarai sicuramente persi!
    Spero che fra duecento anni di noi non rimangano solo i luoghi comuni e le sentenze sommarie.

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  • Chiara Valli

    Ma perché uno spettatore del 2013 vorrebbe vedere un film il cui intento è quello di dare l’idea di feste esagerate?
    E perché vorrebbe essere disorientato?
    Io non credo che disorienti, recentemente ho visto LA GRANDE BELLEZZA al cinema, e quello è un film che fa venire labirintite, questo Grande Gatsby è solo confusionario, e non quel genere di confusione che disorienta, quella che ti fa mettere le mani nei capelli e ti fa venire voglia di mettere a posto.
    Si apprezza il coraggio, e il tentativo di fare qualcosa di diverso, lo si apprezza davvero, ma è una ricetta che non sempre funziona.
    La ciambella è venuta col buco in Moulin Rouge, un po’ meno in Romeo+Giulietta, ma qui ha toppato, secondo me.
    Qual era l’idea che voleva darci del libro? Quale? Che era tutto un insieme confuso di festaioli? Voleva ridarci l’apparenza e l’esteriorità, il vortice dell’insulso? Ma non si esauriva tutto lì.
    Ammiro la grinta ma non è sempre necessario colorare fuori dai bordi in questa maniera.
    Paradossalmente, secondo il mio punto di vista, è un film vuoto.
    Presente quei cilindri con dentro i coriandoli?
    Ecco.
    I coriandoli li ha sparati tutti, tanto colore per un secondo, e quello che resta è il cilindro vuoto.

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  • Carolina

    “Tu hai preso gli anni Venti, i veri anni Venti, e ci hai restituito una festa di collegio A TEMA anni Venti.” Volevo solo dirti che con questa frase hai reso alla grande l’idea del film! 😉 Pienamente d’accordo con tutto con ciò che hai scritto!

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